EXCALIBUR 154 - maggio 2023
in questo numero

"Gli intellettuali e il caso Moro" di Giampiero Mughini

Ristampato l'introvabile libro di Giampiero Mughini

di Lancillotto
<b>Giampiero Mughini</b>, 'Gli intellettuali e il caso Moro' (Pendragon, 2023, 85 pagine)
Giampiero Mughini, "Gli intellettuali e il caso
Moro" (Pendragon, 2023, 85 pagine)
Giampiero Mughini, errabondo scrittore e giornalista, a molti noto per le sue irriverenti esternazioni, è una persona che - piaccia o meno - ha sempre detto ciò che pensa.
A cura di una piccola casa editrice, "Edizioni Pendragon", ha rivisto la luce - una rinascita - il suo piccolo volume del 1978 "Gli intellettuali e il caso Moro".
All'epoca del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, Mughini lavorava come redattore al quotidiano "Paese Sera", di stampo comunista lui che comunista non era mai stato (infatti scriveva anche per "Mondo Operaio", di decisa ispirazione socialista).
Un redattore della casa editrice Feltrinelli gli chiese in quei giorni concitati di scrivere il resoconto della discussione che aveva investito alcuni tra i più importanti intellettuali e scrittori italiani: il contendere si incentrava sul dilemma se valesse o meno la pena di difendere lo Stato, questo nostro Stato, dall'attacco delle Brigate Rosse, "figli, nipoti e pronipoti" del comunismo italiano, come li definiva lo stesso Mughini.
Le sue 44 cartelle inviate alla Feltrinelli vennero fortemente avversate all'interno della casa editrice e l'esile libretto - meno di 70 pagine - fu stampato in circa 200 copie a cura della "Libreria Feltrinelli", immediatamente introvabili.
L'edizione divenne semiclandestina, con alcune rarissime copie disponibili per l'acquisto online per qualche centinaio di euro ciascuna.
Viene oggi ripresentato dalla "Pendragon" - dopo 45 anni dall'omicidio di Aldo Moro - con una prefazione dell'autore che ricorda quel periodo travagliato.
Il punto focale dell'inchiesta di Mughini si incentrava sulla valutazione che allora si faceva se bisognasse o meno aprire una trattativa per salvare Moro. Tutti ricordano la decisa posizione di Craxi e Pannella e la chiusura del Pci e della Dc.
Il dibattito di allora aveva il suo mantra intorno all'affermazione «né con le Br, né con lo Stato», attribuita erroneamente a Leonardo Sciascia, ma realmente di Cesare Cases, che, in un articolo su "Il Manifesto", aveva affermato che tra il potere dello Stato e il terrorismo delle Brigate Rosse andava individuata una "terza via".
Mughini dà conto delle discussioni di quei 55 giorni concitati, divisi tra chi sosteneva che il terrorismo colpiva una sola persona mentre l'oppressione dello Stato ne colpiva migliaia; o che il dramma non era Via Fani ma l'affare Lockheed, la Dc e il compromesso storico.
Riporta la discussione tra Sciascia, accusato di colpevole silenzio dal direttore di "Paese Sera" Aniello Coppola e la risposta stizzita dello scrittore e la singolare coincidenza tra lo stesso Sciascia (che qualche mese più tardi pubblicò il suo "L'affaire Moro") e Alberto Moravia: entrambi sostenevano che quello Stato era poco difendibile dopo un trentennio di dominio democristiano, sentenza pronunciata anche da Pier Paolo Pasolini nel suo articolo sulla scomparsa delle lucciole.
In quelle poche pagine Mughini ricorda anche le polemiche nate quando apparve il primo comunicato delle Br e gli intellettuali vi riconobbero il classico linguaggio stalinista, usato dai comunisti fino a vent'anni prima.
Fu lo scoppio delle contraddizioni all'interno del Partito Comunista, ancora maoista-leninista ma pronto al compromesso storico, oscillante tra l'essere conservatore o rivoluzionario.
Sono i giorni nei quali Rossana Rossanda parla dell'"album di famiglia" nel quale - uniti dallo stesso linguaggio - convivono Togliatti e "i compagni che sbagliano".
Viene così fotografata una cosiddetta élite intellettuale di sinistra che oscillava tra indifferenza e segreta simpatia per quei personaggi che in qualche modo usavano un linguaggio a loro ben familiare.
È certamente un volumetto di estremo interesse che ha l'unica pecca nell'avere tanti riferimenti che a un lettore che non ha vissuto quel periodo cruciale possono risultare oscuri, non potendoli contestualizzare.
Album di famiglia comunque che ancora oggi mantiene la sua ambiguità, con una sinistra che non ha ancora il coraggio di dichiararsi anticomunista. Sinistra che di fronte agli imbratta monumenti di "Ultima generazione" afferma che non bisogna punirli ma cercare di capirne le ragioni.
Lo slogan «né con la Nato, né con Putin» è un ritornello ormai familiare.
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