Il libro di Antonello Angioni
Recensire il libro di Antonello Angioni "Cagliari Villanova" dovrebbe essere cosa facile.
Alla fin fine si tratta di poco più di 200 pagine nelle quali l'immagine fa premio sulla parte scritta.
Ma come apri il testo ti rendi conto che ti stai inoltrando in un qualcosa di certamente bello e interessante, ma pur sempre modesto e non certo di grande rilevanza rispetto alla complessità dello sviluppo della città di Cagliari e dei suoi principali quartieri.
Per non cadere nel banale, conviene affidarsi a quanto scritto nella prefazione dall'Architetto Giovanni Maria Campus: «
l'avvocato Angioni col suo piffero [...], egli se ne andava suonando il suo strumento e a quelle note si schiudevano finestre e porte, lasciando intravedere figure femminili e maschili, di ogni età ed estrazione, variamente abbigliate secondo provenienza temporale e sociale. Quelle persone però, magicamente, non si limitavano a comparire, ma si animavano per scolpire e definire una città ancora vaga e fin troppo plastica, che diventava però pian piano più dettagliata ed elegante, conformemente al lavorio di tutta quella complessa mano d'opera».
Qui sta la grande dote di narratore di Antonello: il micro universo, che poi tanto micro non è, di Villanova ci viene mostrato non come qualcosa di statico, di irrimediabilmente legato al passato. I personaggi non sono dei defunti buoni solo a dare testimonianza del loro tempo, gente pressoché sconosciuta, osservata da noi "moderni" con l'alterigia e la sufficienza di chi ha il pregiudizio di considerare i nostri avi, soprattutto quelli che sono vissuti nei secoli considerati - a torto - bui, dei poveri disgraziati. Antonello quel mondo lo mostra vivo e contemporaneo.
Leggendo il testo hai l'impressione di incontrare, nelle belle strade del quartiere, uomini e donne non molto diversi da noi, che in fondo hanno i nostri stessi problemi, vivono le nostre stesse aspettative, subiscono le nostre stesse sofferenze e i nostri stessi lutti e soprattutto hanno quel desiderio, spesso inconscio, che è di ogni uomo, di creare il buono, il bello e l'utile non solo per sé ma per la società in cui vivono.
C'è la volontà insita in ogni uomo, nel suo breve soggiorno terreno, di lasciare una traccia di sé nella società, di essere stimato e benvoluto dai suoi simili, di lasciare un buon ricordo quando la sua vita verrà meno.
Tutta questa varia umanità Antonello la conosce a menadito: singoli e famiglie, case e palazzi, chiese e conventi, fattorie e luoghi di lavoro, strade e vicoli vengono descritti con certosina precisione, con richiami di tipo storico, politico, sociale ed economico più che esaustivi.
Le conoscenze di Antonello sono impressionanti. Basta dire che il testo è corredato da 238 note e da 110 riferimenti bibliografici. Ma Antonello è molto più di un narratore e di un erudito: è uno storico di valore.
Non solo perché ha pubblicato numerose opere di carattere storico, segnatamente riferite alla dominazione spagnola in Sardegna, ma perché ha una dote senza la quale non si è grandi o anche piccoli storici, ma si scade al livello di giornalisti della cronaca, libellisti, autori del gossip storico.
Antonello ama i personaggi con cui viene a contatto, li ama come un padre ama i propri figli, non importa se sono buoni o cattivi, stupidi o intelligenti, famosi o sconosciuti, l'importante è capirli, comprendere le loro ragioni, i meccanismi per cui si muovono in un certo modo. Antonello si tiene alla larga dal dare giudizi di merito, non sindaca i personaggi che incontra, aborre i moralisti pronti a far risaltare i difetti dei propri simili o le storture della società.
Da buon storico sa che non si trasmette conoscenza, non si comprende la storia se non si vive a fianco, e non sopra né sotto, gli uomini qualunque sia l'epoca in cui hanno vissuto.
Leggete "Cagliari Villanova". Non vi addentrerete in un cimitero, se pure monumentale, ma vi verrà incontro un quartiere vivo e pulsante.