Tre domande all'On. Fantola
a cura di Roberto Aledda
Abbiamo chiesto all'On. Massimo Fantola, promotore del Comitato Referendario Sardo, alcuni chiarimenti sulle finalità del Referendum del 21 novembre 1999 in Sardegna.
1. Affinché il referendum sia valido, bisogna raggiungere il quorum del 33%. Non ha l'impressione che ci sia nell'aria un notevole disinteresse da parte delle segreterie dei partiti sardi, al di là delle adesioni formali all'iniziativa?
Il referendum è nato e deve rimanere un patrimonio dei cittadini.
Io non ho mai creduto alle adesioni formali; chi crede al presidenzialismo e al maggioritario può dimostrare, in questa ultima fase, di avere a cuore le sorti di questa iniziativa con una azione capillare nel territorio.
2. Approvato il referendum e fatta la legge elettorale, tutti a casa e nuove elezioni?
Il mio punto di vista è questo: cambiata la legge elettorale, lo scettro del potere deve tornare nelle mani del suo legittimo proprietario, e cioè il cittadino. Meglio quindi nuove elezioni con un sistema che permette di governare, che cinque anni di ingovernabilità.
3. La maggior parte dei partiti presenti alla Regione sono diretti da consiglieri regionali. Crede sinceramente che, dopo aver fatto probabilmente una delle campagne elettorali più dispendiose della storia dell'autonomia sarda, investendo centinaia di milioni per venire eletti, siano disposti - i partiti e i consiglieri - a tornare a nuove elezioni?
Da una situazione di paralisi del Consiglio regionale in cui ci si trova, io sono convinto che i consiglieri regionali sentano molto di più la voce dell'opinione pubblica, e quindi dei propri elettori, che la legittima preoccupazione per tutti i sacrifici che abbiamo fatto per rappresentarli in Consiglio.
In bocca al lupo, On. Fantola, a Lei e a tutti noi Sardi!