Contro lo "Stato-magnaccia"
È accettabile che uno "Stato etico" avvallasse e approfittasse del fenomeno della prostituzione?
di Dario Dessì
Dopo aver letto l'articolo "Merlin: una legge da cambiare", pubblicato nell'ultimo numero di Excalibur, ho sentito la necessità di esprimere un'opinione in merito all'argomento.
È certamente vero che migliaia di ragazze sono costrette a "battere i marciapiedi", così anche il fatto che la tutela sanitaria sia praticamente inesistente. Tuttavia, quello che mi interessa sottolineare non è tanto il fatto che la legge Merlin sia (o non sia) sbagliata, quanto il discorso di base.
Mi spiego, non riesco a capire come una donna possa ritenersi "libera" per il semplice fatto che può vendere il proprio corpo, sé stessa, tra quattro mura. Cambiando il luogo non cambia il discorso di fondo, occorre combattere la prostituzione in quanto tale; rinchiudere le prostitute in una stanza mi sembra la classica soluzione dei falsi moralisti, che puntano a nascondere il marcio agli occhi della gente, senza però riuscire (o volere) estirparlo.
Ci si scandalizza, di questi tempi, per la figura della donna oggetto e poi parliamo di "cooperative di prostitute", ammassate senza un'identità, come carne da macello («scusi, mi dà 50 kg di bionda con occhi azzurri?»), il tutto con l'aggravante dello "Stato-magnaccia" che specula sul fenomeno.
Sarò miope, ma non riesco a vedere dove sia la libertà in tutto questo: la libertà sarebbe nell'avere uno Stato che crea dei posti di lavoro, in modo che le donne non debbano prostituirsi per campare, dal momento che ritengo che quelle che lo fanno per "vocazione" siano una percentuale bassissima.
Certo, mi si può obiettare che si discute della "professione più antica del mondo", però credo che accettare una liberalizzazione manifesterebbe unicamente l'incapacità di contrastare tale realtà; allora perché non liberalizzare anche la droga? I due comportamenti sarebbero figli dello stesso principio, quello dello Stato che si arrende perché non riesce a combattere il fenomeno, il tutto con la consolazione che, almeno così, ci si guadagna qualcosa. Ma ci guadagneremmo veramente? Certo, lo Stato avrebbe grossi introiti, ma allora anche i Valori di una Comunità hanno un prezzo?
C'è da considerare un altro fatto: viviamo in una società consumista (purtroppo): cosa penseremmo davanti al caso di una ragazza che, facendo parte di una famiglia disagiata economicamente, decide di "vendersi ogni tanto", al fine di potersi comprare dei vestiti che la facciano sentire "accettata dal gruppo"? In questo caso non avremmo uno Stato colpevole del reato di "induzione alla prostituzione"?
No, la nostra tradizione storica e culturale, ma soprattutto la nostra "visione del mondo", ci impone di batterci sempre per le nostre idee, indipendentemente dalla facilità di attuazione delle stesse; noi siamo quelli che sono andati sempre controcorrente, pagando ciò sulla propria pelle, con decenni di "ghetto politico". Se veramente crediamo in una società diversa non dobbiamo arrenderci, neanche davanti ai mulini a vento.