Provocazioni di un neofuturista
Riflessioni forse più etiche che politiche: unendo scritti di Giovanni Papini si scopre che cambiano le date (1999 al posto di 1909), ma non la sostanza
di Guido Garau e Giovanni Papini
I giovani d'ingegno, dì coraggio, di idee, si occupano di politica? No. Noi non ci occupiamo di politica, e le elezioni ci fanno schifo. Premessa irrovesciabile. Oggi, 1999, un uomo intelligente non può appartenere a nessun partito. Neppure se ha la faccia di legno e lo stomaco d'acciaio. A meno che non finga di appartenere a un partito qualunque per suoi fini particolari privati e personali. Se ci sta e non ha questi fini e non è proprio un nullapensante vuol dire che gli manca qualcosa. Può essere una cima in matematica o in chirurgia e sotto al livello del mare in politica.
Un uomo d'ingegno non può, in Italia e fuori, ora e mai, star pigiato in un gruppo di gente che vale meno di lui e dove trionfano, per ragioni troppo sapute, le idee e le persone medie. Non può, lui che sa vedere tutte le cose e tutte le facce di tutte le cose, accettare la necessaria unilateralità e ingiustizia di ogni partito. L'analisi gli fa vedere in tutti brevi raggi di ragione accanto all'ombra degli interessi parziali, delle superstizioni castigiane e delle bestialità consortesche.
Ma in Italia, in questi tempi, ci sono più repugnanze ancora. Non c'è un partito vivo, in crescenza, in efficienza, in istato di grazia - temerario e compatto fino alla morte. Non c'è un'idea tanto solare o rnaelstromica che costringa tutti i cuori a gettarsi nel suo fuoco o a morir nei suoi gorghi. Fra il '30 e il '60 tutti i generosi italiani dovevano essere unitari - tra il '90 e il '900 socialisti. Oggi chi ha dell'entusiasmo politico non sa più su quale altare bruciarlo. Non c'è una bandiera che arruoli per necessità di spirito i migliori. Si possono trovare dei problemi particolari in cui è possibile (ma poco) la collaborazione di più partiti ma non c'è nessuna Idea che abbia ancora l'impeto e l'orgoglio della verginità pugnace. In tutti gli accampamenti siamo disgustati e traditi. E allora si rimane a casa.
Le vere forze politiche son fuori dai partiti. I quali cercano più che possono di rappresentarle e sfruttarle ma riescono soprattutto a nasconderle. Eccole: Chiesa di Roma, Massoneria, Alta banca (Alta Industria, Alta Finanza etc.), Quirinale, Grandi quotidiani, Politicanti di mestiere.
In realtà le ultime due sono, più che forze autonome, strumenti a servizio delle prime quattro e a questi strumenti si potrebbero aggiungere, in coda, i cosiddetti "partiti politici".
La politica vera e propria - cioè quella dei fatti e non dei discorsi - è opera di queste forze e soprattutto dei Quattrinai, dei Preti e degli Operai. Il resto è commedia più o meno in buona fede. I diffusi giornali, cioè quelli che veramente contano, sono in mano dei grossi banchieri o industriali i quali dirigono così, nelle questioni essenziali, dove c'entra il denaro, l'opinione pubblica. Codesti tipi portafogliuti hanno in mano anche i deputati più influenti (per mezzo di favori nascosti o palesi); i partiti cui danno appoggio sonante in caso di elezioni e lo stesso governo al quale domani posson far lo scherzo di rifiutare l'emissione di un prestito o di far calare la rendita. In fondo, come ha dimostrato il Delaisi in un libriccino prezioso, son loro i re del paese. Cinquanta o cento grossi della finanza che dispongono della stampa e del parlamento, fanno proteggere le loro industrie e i loro affari, impongono allo stato ordinazioni, premi, dazi, forniture e fanno sapere o non sapere ai lettori dei giornali ciò che loro accomoda. A volte, dietro una leggina insignificante votata in fin di seduta, che ha l'aria di nulla (modificazioni delle tariffe... del decreto...) si nascondono interessi colossali, dove la vittima è il pubblico denaro o l'interesse di migliaia di persone. Ma i giornali si guardano bene di far sapere di che si tratta e registrano "approvato" senza dare spiegazioni, attirando invece l'attenzione dei loro boccapertani bevitori sulle grandi questioni di principio le quali, riguardando esclusivamente il maneggio equivoco di parole o frasi di poco significato, non fanno paura a nessuno.
Ci sono poi due forze antagoniste con maschera religiosa: la Chiesa e la Massoneria, il Vaticano e Palazzo Giustiniani, Gesù e Giordano Bruno, la Tradizione e il progresso, il Medioevo e il Futuro. Ma anche qui, sotto le parole, le bandiere ecc., ci sono soprattutto questioni di interessi di tutti i generi, questioni di uomini e di cricche. Lo spettatore idealista può avere più simpatia per l'una o per l'altra, ma se c'entrasse dentro vedrebbe che i solenni discorsi non hanno altro significato positivo che questo: devon comandare e guadagnare più i preti e i loro amici o i massoni e i loro clienti?
Rammentati questi semplici fatti che a nessuno dovrebbero sembrar novità è chiaro che tutto quel tramestio di voci, di frasi, di votazioni ecc. che si chiama volgarmente "vita politica" è una specie di grossa commedia (grossa ma di rado grandiosa; spesso ridicola) organizzata da quelli che hanno voglia di mangiare il meglio del pranzo senza far vedere le zampe. La democrazia, com'è oggi nei principali paesi del mondo, non è che un paravento ideologico-parlamentare per ricoprire gli affari dei veri poteri - soprattutto del Denaro che su tutti gli altri primeggia. Più si va in là con le parole e più si resta lì coi fatti.
In questa condizione di cose chiunque voglia far politica concreta bisogna che si mescoli in una delle organizzazioni che contano qualcosa e che possono effettivamente fare qualcosa. Ma ci vuole lo stomaco forte e chi non ha interessi propri non può starci - a meno che non si faccia stipendiare per difender gli interessi altrui.
E non basta mescolarsi: occorre farsi avanti, urlare più forte degli altri, destreggiarsi più astutamente degli altri, aver meno scrupoli degli altri. Si arriva allora, dopo qualche anno di ripugnante noviziato, a valere realmente qualcosa, cioè a disporre di una particola più o meno grossa dell'effettivo potere. E il più delle volte è necessario, per questo, esser deputati o senatori.
In conclusione: da tutti questi discorsi troppo alla buona e troppo chiari vien fuori la necessità, per gli uomini intelligenti - cioè che tengono più alla libertà dello spirito che all'agiatezza e alla vanità - di non occuparsi di quella che oggi si chiama politica. O si vada o non si vada a votare le cose andranno supergiù lo stesso. O vengano eletti venti neri di meno o trenta rossi di più l'intreccio della rappresentazione non cambierà profondamente.
Cambieranno alcuni personaggi e certe battute: e basta.
Pertanto: freghiamoci della politica! Pensiamo piuttosto alla nostra vita e progettiamo la nostra morte: nella speranza di essere eterni cerchiamo di costruire col lavoro qualcosa di duraturo, se non di immortale.