Vignette pubblicate sul giornale dei prigionieri (a destra
ritratto di Mario Giglio)
Sono stato legato da intima amicizia a Mario Giglio, accompagnandolo in molti momenti felici e dolorosi della sua vicenda di vita. I casi professionali (lui dapprima al Banco di Napoli, fino al grado di condirettore di sede e responsabile della importante succursale di Sassari, quindi alla Popolare di Sassari, per una decina d'anni direttore generale) e quelli politici e civili (lui nella socialdemocrazia e nel socialismo riformista, io con i repubblicani e sardoazionisti di fedeltà lamalfiana e nel sistema delle logge giustinianee particolarmente feconde, in Sardegna come sull'intero territorio nazionale, negli anni '60, '70 e '80, sempre ispirate a liberi sentimenti neorisorgimentali e democratici) mi affratellarono a lui, come minore a maggiore e nell'esercizio sempre rinnovato della lealtà, lungo i decenni.
Non fu senza perché, dunque, che avvenne, in limine, all'interno di corpose valigie, un certo passaggio di carte personali da Sassari a Cagliari e che ebbi da lui, ancora negli ultimi suoi tempi, la richiesta di raccogliere e valorizzare il proprio memoriale di guerra, che fu memoriale di esperienze maturate da un ventenne e, per certi aspetti, testamento morale dell'ottuagenario che ancora pienamente si riconosceva nel "cor ardens" quale egli stesso s'era presentato nella stagione lontana.
Feci quanto potei, consegnando il libro a diverse testate giornalistiche che ne scrissero infatti.
Questo ho fatto oggi, cortesemente invitato dal direttore di "Excalibur", richiamando il ricordo dell'amico e maestro a ormai diciotto anni dalla scomparsa.