Una pagina del libro dedicata al comandante del Btg.
Fulmine, il Sardo Giuseppe Orrù (cliccare sull'immagine
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Con la copertura complice di un giovane ufficiale e una tuta indossata sopra la divisa, ecco la fuga verso Strambino e il treno per Chivasso, meta Verona. Questo il piano: contatto con «
un giovane tenente nostro amico» alla trattoria dell'Aquila Nera, naturalmente con tanto di subordinate per chissà quanti imprevisti nascosti dietro l'orizzonte... Necessaria sosta notturna in una locanda, rapida cena e un letto finalmente: «
sentii bussare con violenza all'uscio. Ma non feci in tempo a dire avanti che la porta si spalancò e irruppero nella stanza 3 o 4 partigiani che, con i mitra puntati, mi ingiunsero di vestirmi e di seguirli. Per la seconda volta in 24 ore venivo svegliato, appena addormentato, da gente armata e minacciosa [...]. Cercai di parlamentare con loro, ma senza risultato».
Nuovo siparietto con un misto di minacce reiterate e di equivoci messi su, dal Sardo catturato, per utile distrazione. Ecco soprattutto il sequestro della divisa sottotuta per un furbo camuffo degli antifascisti e il veloce dileguamento di questi ultimi. Senza colpo ferire, grazie al cielo, ché all'orecchio di tutti era giunto proprio allora lo «
sferragliare dei cingolati di una colonna tedesca» in avvicinamento direzione Ivrea. Rimediati dal locandiere alcuni abiti civili («
pantaloni neri a turbino e una camicia mezzo inamidata e con pizzi») la corsa - cioè la missione - del fuggiasco riprese: quasi sei chilometri in meno di mezz'ora! Fino all'Aquila Nera dove però, pentitosi del suo... collaborazionismo e autodenunciatosi, il tenente supposto amico era stato sostituito da una squadra di marò... Conclusione: il missionario (chiamalo evaso) fu riarrestato e riportato alla sua caserma («
sembravo Cesare Battisti condotto alla forca»).
S'imbastì affrettatamente un processo per «
insubordinazione di fronte al nemico»: chiamato a giudizio il primo, chiamato il secondo... «
E quando, dopo alcune ore, la solita voce stentorea del capo posto urlò: "Il sergente allievo ufficiale Giglio dal comandante di Btg.", mi si gelò il sangue. Mi presentai nel modo più marziale che avevo imparato nel corso allievi e per quanto scrutassi il volto che mi stava davanti non riuscii a vederne i lineamenti. Fu solo quando, interrompendo la mia presentazione, mi disse: "Forza Paris!" che cominciai a ragionare e mi accorsi della faccia da Sardo di cui andava orgoglioso il Cap. Giuseppe Orrù e dei suoi occhi un po' tristi, ma che rivelavano la sua grande bontà. Si alzò, mi abbracciò e mi trattò come un figlio. Fu così che divenni il comandante della prima squadra del primo plotone della prima compagnia del Btg. Fulmine. Cioè il primo uomo della Divisione X Mas in tutti gli scontri che si ebbero durante il 1944/'45, fino all'ultimo giorno in cui ci arrendemmo con l'onore delle armi, il 3 maggio 1945, a Pian delle Fugazze». Avendo al suo fianco, sempre, immaginati protettori, proprio il Capitano Orrù e il Col. Carallo, comandante della divisione e vecchio alfista.
Da qui parte la vera storia, dura storia di guerra, nel racconto chiaro e lineare (pur nel singulto episodico, di Mario Giglio, che accanto alla descrizione degli scenari colloca sé stesso e i suoi più stretti commilitoni, senza mai vanto alcuno di eroismo, ma piuttosto, e per quanto possibile, una vena di leggerezza ai limiti dell'umorismo per i risvolti che, sempre o quasi, si combinarono alle vicende del fuoco incrociato.
Entrano nella storia ovviamente i luoghi: la valle dell'Orco, il monte Cimone, Ceresole Reale, Locana, Castellamonte, Bressanone, Piacenza e appunto La Spezia, Pietrasanta, tutto il nord alpino dalla Valle d'Aosta al Friuli in faccia ai titini, Tarnova della Selva, Gorizia e Schio e ancora Torino, l'Emilia e la Toscana, Modena e finalmente Coltano, il campo di prigionia di Coltano!