La prigionia

L'ultimo tempo: «il 3 maggio venimmo a sapere che Mussolini era stato ucciso per cui, quando arrivarono gli Inglesi dell'8ª Armata, ci arrendemmo disciplinatamente. La guerra era finita veramente. Ripassammo per Schio non più in festa, dove tentarono di aggredirci, ma due soldati coloniali inglesi e la nostra compattezza fecero rinviare la loro bellicosità a danno di altri disgraziati che si sarebbero arresi ai partigiani». Da un campo all'altro, da Modena a San Rossore, a Coltano presso Pisa.
«40.000 Italiani divisi in 10 campi, 2 tende canadesi ogni sei persone. La guerra era finita e non era più possibile una ritorsione, per cui si vendicarono su di noi dei maltrattamenti inflitti loro dai Tedeschi. Lo strano è che i Tedeschi godevano di un trattamento privilegiato. Lavoravano nelle cucine come cuochi, montavano la guardia all'interno dei campi armati di bastone come ausiliari delle guardie americane sulle torrette, nei campi dove si verificavano tentativi di fuga o dove c'era il pericolo di tali tentativi».
In quel tanto, in quel campo di prigionia ma ormai di pace, ecco il giornale... di comunità. Meriterebbe insistere su questo, perché Giglio stesso riporta ora prosa ora poesia che fu il dono reso da giovani vite provate, il dono reso alla testimonianza "per una storia". E, come detto, fra gli scritti di memoria e d'emozione, i disegni.