Sopra: uno dei primi numeri della rivista "Sud Est"
Sotto: il volume di Abis e Serra
Pubblichiamo volentieri una parziale (per evidenti ragioni di spazio) recensione al volume "Sud Est - la rivista culturale del Guf di Cagliari tra Sardismo e Fascismo" del noto storico e saggista di area laico-repubblicana Gianfranco Murtas.
Detta recensione è stata pubblicata sui siti "Gionalia" e "Fondazione Sardinia".
Rileggendo "Sud Est" novant'anni dopo. Un accurato studio di Angelo Abis e Giuseppe Serra in un libro antologico alla ricerca dei nessi tematici e ispirativi, fra sardismo e fascismo.
di Gianfranco Murtas
Il libro che mi sono ripromesso di commentare (quasi quasi andando per la tangente, non recensire secondo i canoni codificati), molto apprezzandone l'uscita, porta il titolo di "Sud Est (rivista culturale del Guf di Cagliari), tra sardismo e fascismo" e la firma abbinata, come autori di un'ampia e articolata introduzione nonché curatori di una corposa antologia, di Angelo Abis e Giuseppe Serra. Si tratta, per il grosso, di una importante raccolta di contributi contenuti nelle nove annate della pubblicazione, andate dalla fine del 1934 al tragico 1943: una settantina firmati e altri 15 attribuiti alla direzione (che fu inizialmente di Francesco Alziator) o alla redazione la quale, ospitata alla mensa Guf cagliaritana, in un locale di Via Collegio, a un passo dalla parrocchiale di Sant'Eulalia e anche dal liceo-ginnasio Dettori, e d'estate al D'Aquila, al Poetto cioè, fu piuttosto mobile in quanto a composizione.
Ad Alziator fece seguito, nell'incarico direzionale, Lino Businco e successivamente (dal 1937) questi ma in tandem con Paolo Loy. Di fianco a essi un nucleo forte e resistente che ebbe anche gambe romane in logica di interGuf (Nino Pagni e Berlindo Giannetti - uno dei tanti aderenti al Manifesto della razza del 1938 e quarant'anni dopo fatto commendatore della Repubblica - in aggiunta a Businco e Angelo De Martini, Sebastiano Concas e Luigi Castaldi, Antonio Cabitza ed Eraldo Sias e anche Giovanni Pitzalis, per quattro legislature dal 1953 al 1972 deputato democristiano a Montecitorio: della sua corrispondenza giovanile - fra fine anni '20 e metà anni '30, tempi cioè di colonizzazione africana - con Ovidio Addis ho dato conto nel mio recente "Ovidio Addis, usciamo dalla solitudine. La Leggenda è finita").
Ottimamente prefata dal giornalista e storico Massimo Magliaro, già manager della Rai e perfetto conoscitore delle cose della destra italiana fra passato e presente, il volume edito dalla Nova Historica reca in copertina il ben noto logo sardo-fascista dei quattro mori (in campo bianco) accompagnati, nella sovrapposizione grafica alla rossa croce di San Giorgio, dal fascio littorio: così come esso fu stilizzato nel 1924 dal noto artista - pittore e xilografo - macomerese Melkiorre Melis (e sarebbe estremamente interessante approfondire un giorno i termini reali, con quali premesse e quali sviluppi, della adesione dell'artista al regime di dittatura se è vero che egli, negli anni '45-'46, si fece merito di antifascismo di radice sardista: addirittura di aver montato la guardia armata a Palazzo Giustiniani, nella capitale, per difendere l'Obbedienza massonica, alla quale aveva giurato fedeltà in quegli anni stessi, dagli assalti squadristi che colpivano, devastandone e bruciandone le dotazioni, templi rituali e biblioteche della Libera Muratoria pressoché in tutt'Italia).
Fasciomori alla ribalta.
Naturalmente il periodico del Guf cagliaritano va contestualizzato all'interno delle dinamiche del regime di dittatura e delle sue caratteristiche sarde. Molto giustamente i curatori valorizzano la natura sardofascista, o fasciomora perché, com'è noto, la svolta, secondata dal prefetto Gandolfo, prefetto combattente e pronto esecutore degli ordini di Mussolini, portò all'indomani della scissione del PSd'Az. alla confluenza nel Pnf con diretta assunzione di ruoli di dirigenza nelle federazioni provinciali e negli organismi cittadini, economici, sindacali, ecc. (scissione e confluenza che avrei più d'un dubbio a considerare di "gran parte" come scrivono Abis e Serra, se gran parte vuol dire "parte maggioritaria" dei Quattro Mori, benché sia poi vero che il trasloco, nel nome del combattentismo e dell'antibolscevismo e allettato dalla promessa di imponenti investimenti in opere pubbliche, fu massivo e prese città e paesi, il Sassarese come il Cagliaritano e il Nuorese... e quanto più l'Oristanese! Nel tempo - quel tempo così dilatato che fu la misura di una generazione - il fenomeno dell'"allineamento" alle regole e al costume "nazionale" del regime fu poi inevitabile nutrimento, quasi processo biologico, di molti ex militanti autonomisti e del versante borghese professionale e di quello rurale, di quello già liberista-salveminiano come di quello di radice sindacalista lussiana: si perse o si attenuò di molto la connotazione regionale, il che fu bene e fu male).
Mi interessava partire da qui per arrivare a Sud Est in quanto rivista del Guf cagliaritano e all'opera antologica di Abis e Serra che in molti, ormai, abbiamo fra le mani ed è stata presentata in apposito convegno alla Mem di recente. Perché di quella rivista gli autori/curatori del nuovo studio individuano la radice ideale proprio nel sardofascismo pur se esso, negli inoltrati anni '30, appariva - come ho scritto - già ampiamente setacciato, "purificato" e quasi omologato agli indirizzi e alle forme del regime fattosi, nel riconoscibile quadro dell'ampio consenso popolare, nazionale e anche nazionalista, da cui imperialista (oltreché colonialista) e sempre paganamente guerrafondaio. E qui mi pare di dovermi in parte dissociare dalla lettura che del ventennio nell'Isola danno, ancora tutto in chiave sardofascista, i due autori/curatori (che di tanto portano prova evocando il catalogo della editrice di Sud Est modernamente finanziata dalla pubblicità e il convegno universitario dell'ottobre 1937; né posso trascurare il giudizio espresso in proposito, e convergente con quello di Abis e Serra, da Gianfranco Contu nella postfazione a "Tra Sardismo e Fascismo" della Picciau).
L'esplicitazione di questa riserva mi offre lo spunto per un'altra notazione per ancora più evidenziare il consenso al lavoro di ricerca e di scrittura dei due autori: la destra politica nazionale - ma a me interessa qui quella regionale specialmente - non ha avuto per lungo tempo ricercatori e autori che osassero portare in pubblico il frutto del loro studio, fra qualunquismo e Movimento Sociale Italiano: in controtendenza meritoria Abis e Serra che molto hanno prodotto e molto hanno arricchito le biblioteche domestiche più avide di ospitalità, e la mia fra loro. Abis in particolare - per fatto generazionale e per esperienza vissuta - ha potuto anche raccogliere dai testimoni e dai reduci carte e memorie della storia sarda in Salò e con i libri sono venuti anche, tanto più con l'Almanacco di Cagliari diretto da Vittorio Scano, lunghi resoconti e racconti giornalistici di forte presa per la novità del portato. Merito indiscusso e merito da ammirare per il fatto in sé.
Ho scritto in altra occasione, e non mi ripeto, che io stesso ho potuto attingere - ma in misura non certo comparabile con quella d'ordine invece abilmente sistematico che è stata propria di Angelo Abis - testimonianze e storie di ex combattenti allora ventenni o poco più, i quali vivendo poi in democrazia seppero fare la differenza, agevolmente inserendosi nelle dinamiche aperte della Repubblica.
Il libro può essere richiesto alla Casa editrice "Pagine":
- all'indirizzo Via Gregorio VII, 160 - 00165 Roma,
- telefonando al n. 06.45468600,
- inviando una email a
luciano.lucarini@pagine.net.
Il volume si può anche reperire a Cagliari telefonando a Pier Giorgio Angioni (338.9584764) o presso l'edicola Giuseppe Conti, in Viale Diaz a Cagliari (dietro la Banca Intesa Sanpaolo).
Il costo del volume, di 263 pagine, è di 19,00 euro.