Sopra: il missile Alfa-1 in rampa di lancio nella base di
Perdasdefogu
Sotto: il nostro Giulio Andreotti
Il titolo non è una boutade. Il tutto nasce da un articolo, passato pressoché inosservato, pubblicato sul quotidiano "L'Unione Sarda" del 13 febbraio scorso.
Titolo: "Nel segreto di Stato a San Lorenzo si collaudavano armi nefaste per attaccare la Russia a 1.600 km di distanza"; segue a caratteri cubitali: "Salto di Quirra, il missile nucleare Belzebù".
Sottotitolo: "Tre lanci nel 1975 del potentissimo 'Alfa' che Andreotti pensava di armare con uranio africano".
Autore dell'artico il giornalista Mauro Pili, ex presidente della Regione Autonoma della Sardegna, eletto nel 2001 per Forza Italia, approdato poi a posizioni sardiste sempre più spinte, tanto da definire la Sardegna «
colonia militare dell'Italia».
Mauro Pili non parla a vanvera, anzi racconta quali sono le fonti del suo articolo: «
Il dossier è secretato. Inutile forzare gli archivi di Stato. La prima Repubblica non lasciava tracce. Figuriamoci se a tessere le fila era il belzebù nazionale, quel Giulio Andreotti [...] misterioso, occulto, oscuro e segreto. I rapporti dei "servizi" americani e inglesi lo descrivono come uno capace di intrattenere rapporti con mezzo mondo, senza mai lasciare una sola impronta digitale al suo passaggio [...], gestisce in presa diretta un apparato parallelo di intelligence, per trattare di tutto e di più, persino l'acquisto di uranio arricchito, quello per costruire la bomba atomica italiana. I documenti di cui siamo entrati in possesso vanno ben oltre quelli con il sigillo di stato. Ci sono gli appunti manoscritti di Presidenti della Repubblica che suggeriscono caldamente di costruire navi armati di missili nucleari [...], ci sono lettere personali che si scambiano i Ministri con il Presidente del Consiglio. Ultimo appunto: il dossier Alfa-1 [...] non arriva dagli archivi di Stato italiani: per scovarli bisogna scardinare lo scrigno dei servizi segreti inglesi, loro avevano tutto da tempo».
Pili data al 1957 l'inizio delle aspirazioni italiane all'atomica: «
È il 1957. Esattamente il 28 novembre. I governi di Francia, Italia e Germania firmano in gran segreto un accordo per dotarsi di un deterrente nucleare comune. In pratica vogliono una loro bomba atomica. Tutti d'amore e d'accordo per conquistare il proscenio nucleare delle superpotenze. L'idillio, però, dura il tempo dell'avvento all'Eliseo di uno dei più spregiudicati sovranisti francesi, il Presidente d'oltralpe Charles de Gaulle. È lui che manda in frantumi quell'intesa».
Qui però la narrazione del giornalista è un po' troppo affrettata e lacunosa, per cui corre l'obbligo di dare voce allo storico, nonché editorialista de "Il Messaggero" Paolo Cacace: «
Il punto di partenza può essere fissato nell'autunno del 1956 [...], il governo (francese, n.d.r.)
presieduto dal socialista Guy Mollet [...] deve fronteggiare un diffuso e crescente malumore [...]. Insomma, a Parigi molti esponenti governativi e militari si lamentano per lo scarso appoggio della Nato alla Francia nella guerra civile algerina [...]. E questa indicazione si salda con la necessità di approfondire e sviluppare studi ed esperimenti [...] per dotare il paese di un armamento atomico. Va detto, inoltre, che nello stesso periodo matura - per ragioni diverse - un'opinione di analoga diffidenza verso l'Alleanza Atlantica e la sua strategia europea anche in Germania Occidentale [...], il governo di Bonn ha dovuto rinunziare, in virtù degli accordi di Parigi del 1954, a possedere e a costruire sul proprio territorio armi di tipo atomico, batteriologico e chimico (Abc). Tuttavia questa rinuncia non comporta alcuna attività di disarmo. Sin dal '55 il cancelliere Konrad Adenauer si adopera a ricostruire una forte Bundeswehr e la nomina del bavarese Franz Josef Strauss alla carica di Ministro della Difesa, con la delega di occuparsi anche delle questioni atomiche, indica che il governo tedesco non intende abbandonare l'ipotesi di dotare il Paese in futuro di un armamento nucleare».
In verità non è che a 10 anni dalla rovinosa sconfitta della Germania, il cancelliere Adenauer sia stato colto da una sindrome revanscista e bellicista. C'è solo il timore che a fronte del cosiddetto piano "Radford", predisposto dal Pentagono nel 1956, tendente a impiantare armi nucleari nell'Europa occidentale, le forze armate europee in genere, ma in primis l'esercito tedesco, sarebbero state sacrificate a fronte di un eventuale attacco sovietico.
Ma ciò che mise in allarme i Tedeschi, e non solo loro, fu il fatto che gli Americani bloccarono, in sostanziale accordo con i Russi, il tentativo anglo-francese di riprendere il controllo del Canale di Suez, perso proprio nel 1956 a seguito della nazionalizzazione della compagnia anglo-francese che gestiva il traffico navale in quella importantissima arteria effettuato dal leader egiziano Nasser.
Al contempo gli Americani non mossero un dito in favore dell'Ungheria invasa dalle truppe sovietiche. I leader europei cercarono di reagire all'umiliazione di Suez procedendo al rilancio dei negoziati per il Mercato Comune e per l'Euratom.
Nella primavera del '57 l'Inghilterra sperimenta la sua bomba H e manifesta l'intenzione di ritirare le proprie truppe dalla Germania occidentale. Nell'estate del 1957 avviene il lancio del primo missile intercontinentale sovietico, a cui seguirà, nel mese di ottobre, la messa in orbita del satellite "Sputnik".
A fine anno si installa in Francia un nuovo governo retto dal radicale Felix Gaillard. Monta il risentimento contro gli Usa per aver concesso alla Tunisia una fornitura di armi che i Francesi temono andrà in mano alla guerriglia algerina. Parigi decide quindi che bisogna accelerare la realizzazione di un proprio deterrente nucleare intensificando la propria collaborazione con la Germania, sia perché ha bisogno del sostegno finanziario tedesco, sia perché ha anche il timore che i Tedeschi si facciano la bomba atomica in proprio, magari con l'aiuto inglese. Ed è questo timore che spinge Parigi a coinvolgere nell'iniziativa anche l'Italia.
Per farla breve, il 28 novembre 1957 viene firmato un protocollo segreto dai tre ministri della difesa: Taviani per l'Italia, Strauss per la Germania e Chaban Delmas per la Francia. In realtà l'accordo che ufficialmente riguardava l'ammodernamento delle proprie forze armate nell'ambito della Nato era segreto solo per un codicillo dove si parlava di "applicazioni militari dell'energia nucleare".
L'Inghilterra tentò a più riprese di inserirsi nell'accordo tripartito, ma il tentativo fu respinto dai tre ministri della difesa, con la motivazione che gli Inglesi erano ostili alla politica di integrazione europea ed escludevano una qualunque collaborazione in campo nucleare. I ministri sospettavano anche che Londra si muovesse, in combutta con gli Usa, per far fallire il progetto franco-tedesco-italiano.
In un dispaccio dell'ambasciatore Usa a Bonn, si definisce il ministro Taviani un "Guinea pig", cioè una "cavia" nelle mani dei Francesi. Come del resto era durissima l'opposizione americana a Enrico Mattei e alla sua politica non solo petrolifera, ma anche nucleare. In un rapporto del 3 settembre 1957 intitolato: "La minaccia di Enrico Mattei agli obbiettivi della politica degli Stati Uniti", lo si accusa di «
usare i suoi privilegi e la sua influenza per frustrare l'espansione dell'impresa privata in Italia attraverso l'espansione del settore chimico e nucleare». Inutili tutti i tentativi posti in essere dal Presidente della Repubblica Gronchi e dallo stesso Mattei di trovare un compromesso con gli Usa. Mattei addirittura mise in campo l'ex ministro di Mussolini Dino Grandi, suo amico personale.
Sappiamo poi che l'accordo tripartito fallì ufficialmente quando in Francia arrivò al potere il generale De Gaulle. Costui, nel settembre del 1958, lancia l'idea di una guida a tre (Francia, Inghilterra e Stati Uniti) della Nato. Al "no" americano reagisce intraprendendo da solo la via del nucleare.
In realtà, già il ministro Delmas, mentre tratta con i Tedeschi e gli Italiani, inizia nel gennaio '58 negoziati segreti con l'amministrazione americana per ottenere l'appoggio per una atomica solo francese, cosa che poi avverrà. C'è da aggiungere che l'Italia non era andata all'accordo tripartito per ultima, né tanto meno, almeno a livello delle forze armate, non accarezzasse il progetto di intraprendere la via del nucleare.
Nel 1956 era entrato in funzione il Centro per l'Applicazione Militare dell'Energia Nucleare (Camen) ospitato presso l'accademia militare di Livorno. Ma il centro non potè svilupparsi perché gli Americani rifiutarono di venderci un reattore nucleare se non dietro garanzia che venisse usato solo per scopi civili.
Una scusa bella e buona perché ci negarono il reattore quando Mattei voleva costruire la centrale nucleare di Latina, ma Mattei riuscì ad acquistarlo dagli Inglesi. Inoltre, nelle sue memorie Taviani scrive: «
Erano riunioni di caminetto, così le definiva Quaroni (l'ambasciatore italiano a Parigi, n.d.r.)
, si parlava in francese, senza interpreti e collaboratori. C'erano solo i tre ministri della difesa. Dal '56 al '58 ci sono state almeno due riunioni in Italia, tre in Germania e due in Francia».
Naufragato il tentativo tripartito, non per questo l'Italia si diede per vinta. L'occasione si presentò nel 1961, allorché fu varato l'incrociatore lanciamissili "Giuseppe Garibaldi" in grado di ospitare a bordo i missili Mrbma-3 e i Polaris, che potevano essere armati con una testata nucleare.
Nel 1962 Andreotti, allora ministro della difesa, chiese ufficialmente l'aiuto americano per creare un deterrente atomico italiano. Ma, a seguito della crisi di Cuba, gli Americani non solo risposero picche, ma ritirarono dall'Italia i loro missili Jupiter, privandoci di ogni deterrente nucleare.
Ma ridiamo la parola a Mauro Pili: «
È a quel punto che nei palazzi di Roma arde l'idea di autoprodursi missile e bomba atomica. Generali, guerrafondai e politici navigati decidono di parlare con Luigi Broglio, l'ingegnere padre dell'astronautica, uno di casa nel Salto di Quirra, terra estrema nella sconfinata isola di Sardegna. La consegna è talebana: silenzio assoluto [...]. Il capo di stato maggiore della Difesa e dell'Aeronautica decide che in Sardegna ci sono le condizioni di riservatezza e segretezza per mettere a punto la missione atomica italiana.
Con Broglio, stratega di quella missione da spacciare come civile [...] si decide di puntare su un missile "medium rage", ovvero di gittata media.
Il progetto in realtà prevede un missile con una gittata di circa 1.600 chilometri in grado di trasportare testate nucleari di una tonnellata di peso.
Un missile tutto italiano [...]. L'arma letale [...] sarà congegnata con due stadi, uno alto sei metri e mezzo, con un diametro di 1,37 metri e un peso di dieci tonnellate, compresa una di testata atomica.
Secondo i calcoli di Broglio sarebbe stato in grado di annientare tutte le capitali del patto di Varsavia e la parte occidentale dell'ex Unione Sovietica [...], ma non solo, la gittata era in grado di aggredire [...] anche la ex Iugoslavia e la Libia del riottoso Gheddafi».
Ed ecco entrare in campo Andreotti. Prosegue Pili: «
È lui che da Presidente del Consiglio dei Ministri, è il 1972, firma l'operazione Alfa-1. L'ordine è chiaro: produrre cento, dicasi 100, missili Alfa-1, quelli capaci di caricarsi una testata da mille chili di esplosivo nucleare e farla deflagrare a 1.600 chilometri di distanza, in terra nemica. insomma, una guerra senza un domani. Contemporaneamente firma l'avvio dei test su scala. Manco a dirlo tutti in Sardegna [...]. Nel poligono militare più grande d'Europa, quello di Salto di Quirra, il missile Alfa-1 è in posizione [...], il distacco dalla base di lancio è fulmineo: passano 60 secondi e il missile ha raggiunto 25 km di altitudine, arrivando a 110 km di quota, e ricadendo a 60 km dalla costa sarda [...]. Ci riproveranno altre due volte, il 23 ottobre dello stesso anno e il 6 aprile del 1976. I verbali registrano "successo". Per le finanze dello stato, però, è un bagno di sangue. Il sistema d'arma Alfa-1 ha raggiunto la spesa di sei miliardi di lire. la Jugoslavia, intanto, al confine sta dismettendo i suoi piani atomici.».
Ma gli Americani come al solito molto ben informati sulle cose italiane premono sul governo perché abbandoni ogni velleità in campo nucleare; del resto, è per le loro insistenze che l'Italia il 2 maggio del 1975 aveva firmato il trattato di non proliferazione nucleare. Andreotti come al solito fa il pesce in barile, inizia una trattativa con gli Usa per tranquillizzare l'alleato, ma in contemporanea, e in gran segreto, si dà da fare per acquistare l'uranio arricchito che gli serve per la sua atomica. Il tentativo sta per concludersi felicemente nel Sud Africa.
La cosa è molto rischiosa e glielo fa notare l'allora ministro degli esteri Arnaldo Forlani con una lettera che Pili riproduce: «
Ricevo dal presidente dell'Eni la lettera acclusa in fotocopia circa una trattativa per l'approvvigionamento di uranio in corso con il Sud Africa che dovrebbe concludersi a fine mese. Per quanto di mia competenza [...] non posso non rilevare che, vista la situazione sudafricana, tali approvvigionamenti finirebbero per comportare evidenti rischi».
Pili, con malcelata contentezza chiosa: «
Quella missiva, secretata, al pari di tante altre, fermò per sempre le mire "atomiche" in terra di Sardegna»
Su quel "per sempre" ci andrei molto cauto, anche perché non è da escludere che, vista la recentissima minaccia di Putin di usare l'atomica contro i paesi della Nato, qualche solerte generale abbia tirato fuori da qualche armadio quel vecchio dossier e lo abbia proposto all'attenzione del ministro della difesa.
Pili così conclude il proprio articolo: «
Ultimo appunto: il dossier segreto su Alfa-1 nell'Isola-colonia, con le trattative più cruente, non arriva dagli archivi di Stato italiani. Per scovarli bisogna scardinare lo scrigno dei servizi segreti inglesi, loro avevano tutto da tempo».
Occhio! Pili, potresti diventare un ottimo agente 007 del servizio segreto italiano!
Bibliografia:
- Mauro Pili, "Salto di Quirra, il missile nucleare Belzebù", su "L'Unione Sarda" del 13 febbraio 2022, Cagliari;
- Paolo Cacace, "L'Italia e la bomba europea", Nuova Storia Contemporanea, n.1, gennaio-febbraio 1999, pagg. 87-104, Luni Editrice, Milano;
- Paolo Cacace, "Taviani, gli Inglesi e la bomba europea", Nuova Storia Contemporanea, n. 2, marzo-aprile 2002, pagg.101-112, Luni Editrice, Milano.