EXCALIBUR 74 - luglio 2013
in questo numero

I Polacchi che liberarono l'Italia

In libreria il racconto di un'epopea sconosciuta

di Angelo Abis
Sopra: la copertina del libro di Luciano Garibaldi e il generale polacco Wladyslaw Anders (1913-1970) seppellito, come da sua volontà, nel cimitero polacco di Montecassino insieme ai suoi soldati morti in battaglia
Sotto: la battaglia di Montecassino infuriò dall'inizio del 1944, col II Corpo d'armata polacco coinvolto soprattutto a maggio nell'operazione Diadem
Nel suo nuovo libro "Gli eroi di Montecassino", lo storico Luciano Garibaldi ricostruisce la drammatica ed esaltante vicenda del mitico 2º Corpo d'Armata agli ordini del generale Anders, oggi sepolto con i suoi soldati a Montecassino in quel cimitero di guerra che fu assidua meta di preghiera del Beato Papa Karol Woityla.
Il 18 maggio dell'anno prossimo sarà il settantesimo anniversario della storica battaglia di Montecassino. Fu quell'evento bellico a segnare il crollo del bastione tedesco che impediva agli eserciti alleati l'avanzata verso Roma e la sua liberazione. Con un anno di anticipo, gli Oscar Storia della Mondadori hanno inviato in libreria il nuovo lavoro di Luciano Garibaldi intitolato "Gli eroi di Montecassino. Storia dei Polacchi che liberarono l'Italia" (176 pagine, 11 euro). Se la battaglia di Montecassino è il capitolo centrale del volume, il libro di Luciano Garibaldi ricostruisce la storia del 2º Corpo d'Armata polacco, comandato dal generale Wladyslaw Anders, e la inquadra nel panorama storico della Polonia, sicuramente la nazione più tormentata d'Europa.
La riscossa nazionale della Polonia, spartita dalle potenze confinanti fin dal secolo diciottesimo, era avvenuta durante la Prima guerra mondiale, quando i giovani militari polacchi, arruolati in tre diverse Armate (quella russa dello Zar, quella prussiana e quella austro-ungarica), e costretti a battersi tra loro, si ribellarono e, sotto la guida di due grandi generali, Josef Pilsudski e Wladyslaw Sikorski, ritrovarono l'unità nazionale e realizzarono "il miracolo della Vistola", ovvero la sconfitta dell'Armata sovietica. Ma nel 1939, Russia comunista e Germania nazista si accordarono per aggredire e spartirsi nuovamente la nazione: l'1 e il 19 settembre 1939 le date fatali dell'invasione.
Per aiutare a capire le sofferenze subite dai Polacchi, Luciano Garibaldi racconta gli eventi principali di quel dramma: dal massacro di Katyn alla cattura e all'internamento in Urss di centinaia di migliaia di Polacchi, fino alla drammatica fuga verso la Francia e la Gran Bretagna delle poche migliaia di combattenti riusciti a sottrarsi alla carneficina.
Degli oltre un milione e mezzo (tra militari e civili) di deportati polacchi in Russia, pochi faranno ritorno. Tra essi il generale Wladyslaw Anders, che, per avere rifiutato di organizzare un'Armata polacca di impronta comunista, dovette subire due anni di inferno alla Lubianka. Poi, dopo l'assalto di Hitler alla Russia (22 giugno 1941, Operazione Barbarossa), le cose cambiarono e, grazie a un accordo tra Mosca e il governo polacco in esilio a Londra, si formò in Russia quello che diventerà il 2º Corpo d'Armata dell'esercito alleato impegnato nella campagna d'Italia iniziata con lo sbarco in Sicilia del luglio '43.
Gli oltre 70 mila soldati agli ordini di Anders conoscevano perfettamente le antiche tradizioni che legavano l'Italia alla Polonia, fin dai tempi del poeta Adam Mickiewicz che, con la "Legione Polacca", aveva preso parte alle Cinque Giornate di Milano del 1848. Lo stesso anno in cui Goffredo Mameli aveva scritto i versi della canzone "Fratelli d'Italia" destinata a diventare l'inno nazionale italiano, e nella quale si canta questo significativo e commovente brano: «Già l'aquila d'Austria / le penne ha perdute, / il sangue d'Italia, / il sangue polacco / bevé col cosacco / ma il cor le bruciò». Una tradizione che aveva avuto origine a Reggio Emilia, dove, nel 1797, era nato il tricolore italiano ed era stata composta ed eseguita per la prima volta la "Marcia Dabrowski", poi inno nazionale polacco, e che proseguirà con la Spedizione dei Mille di Garibaldi (alla quale prenderanno parte diecine di volontari polacchi) e con la partenza nel 1863 per la Polonia, ribellatasi all'oppressione russo-prussiana, di Francesco Nullo e dei suoi garibaldini.
Consapevoli di quei gloriosi precedenti, gli uomini di Anders sbarcarono in Italia per liberarla dall'occupazione tedesca e affrontarono durissimi combattimenti con la Wehrmatch.
Determinante la battaglia di Montecassino, con mille morti polacchi che oggi riposano nel cimitero di guerra, all'ombra della scritta: «Le nostre anime a Dio, i nostri corpi all'Italia, i nostri cuori alla Polonia». La vittoria del 2º Corpo polacco fu la premessa per la conquista di Roma.
Da quel momento, il 2º Corpo d'Armata si coprì letteralmente di gloria, vincendo durissime battaglie su tutto il fronte Adriatico fino alla liberazione di Ancona, porto strategico per i rifornimenti alleati, di gran parte degli Abruzzi, di tutte le Marche e di parte dell'Emilia-Romagna.
Frattanto, tragiche notizie giungevano dalla Polonia: all'insurrezione antitedesca di Varsavia (1º agosto 1944), aveva fatto seguito la pugnalata dei Russi che, impedendo l'atterraggio degli aerei polacchi di soccorso partiti dall'Italia, determinarono la morte di numerosi eroici aviatori. Ma ben altri soprusi la Russia di Stalin stava per esercitare sulla Polonia. Dopo la presa del Paese da parte dell'Armata Rossa, fu insediato a Varsavia un governo fantoccio denominato "Comitato di Lublino". Il governo in esilio a Londra venne esautorato, mentre il comandante della disciolta Armia Krajowa, generale Leopold Okulicki, e i massimi esponenti della classe dirigente polacca non comunisti venivano arrestati e condannati a 10 anni di lavori forzati.
Con l'amarezza nel cuore, Anders e i suoi uomini continuavano a combattere e, alle 5,30 del 21 aprile '45, entrarono per primi a Bologna, issando la bandiera bianco rossa sulla Torre degli Asinelli. Per i Tedeschi fu il principio della fine. Da quel momento, però, i soldati di Anders non poterono più tollerare lo sventolio di bandiere rosse con la falce e il martello. Si verificarono numerosi scontri tra soldati polacchi e partigiani comunisti, con morti e feriti da entrambe le parti.
Il Pci (Partito Comunista Italiano) aveva tappezzato di manifesti le città con la scritta: «Polacchi fascisti, tornate a casa!». Dopo il colpo di stato per esautorare il Re attuato in seguito al referendum del 2 giugno 1946, il generale Anders offrì a Umberto II la piena disponibilità sua e dei suoi soldati per fare piazza pulita dei comunisti. Ma non accadde nulla. «Non una goccia di sangue per me e la mia Casa», disse il Re. Pochi mesi dopo, nell'autunno 1946, i Polacchi partirono dall'Italia (lasciandovi circa 6 mila Caduti, oggi sepolti in quatto cimiteri di guerra: oltre a Montecassino, Bologna, Loreto e Casamassima, in provincia di Bari) per raggiungere la Gran Bretagna e, da qui, partire poi per varie destinazioni in ogni parte del mondo. Circa tremila rimasero in Italia avendo ottenuto di potersi iscrivere in varie università o avendo trovato sistemazioni occupazionali. E fu la nascita della comunità italo-polacca, oggi da noi molto apprezzata.
Il libro di Luciano Garibaldi, arricchito dalla prefazione del Prof. Massimo De Leonardis dell'Università Cattolica di Milano, si completa con il panorama storico della fratellanza tra Polonia e Italia, con i ricordi di guerra in Polonia del grande scrittore brianzolo Eugenio Corti, e con l'intervista a uno degli eroi di Montecassino, oggi novantanovenne, divenuto nel frattempo cittadino italiano, realizzata dal giornalista Mirko Molteni.
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