La copertina del libro
L'insostenibile leggerezza dell'essere e il passato che non ritorna.
Nietzsche, con il suo eterno ritorno inquietante e tragico, ha messo in difficoltà molti filosofi a lui contemporanei ma anche postumi: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo vissuta e che poi si replicherà all'infinito! Che altro nasconde questo folle mito?
Così Kundera si manifesta con parole degne del pensatore tedesco a cui si ispira e inserisce, nella sua opera principale e più fortunata, l'idea del passato che ritorna.
Lo stesso Nietzsche ne era in realtà atterrito. «
Il pensiero più abissale», così definiva l'eterno ritorno dell'identico. Un'idea complessa ma antica. Nietzsche, infatti, riprese una concezione già nota nell'antica Grecia, prima che Socrate comparisse nelle opere di Platone.
Per gli antichi Greci l'eterno ritorno poneva le sue basi sulla ciclicità del tempo e la natura era perfettamente sincronizzata con il "grande ritmo".
Per Nietzsche anche un evento apparentemente poco significativo è destinato a ripresentarsi all'infinito in una successione di mondi esattamente identici sin nei minimi particolari.
«
L'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta e per sempre è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta in precedenza. Che sia stata terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla. Ripetendosi innumerevoli volte diventerà un blocco che svetta e perdura, e la sua stupidità non avrà rimedio».
L'effimero si dissolve insieme al fascino della nostalgia. L'idea dell'eterno ritorno dell'identico è pertanto in grado di intimidire chiunque sia consapevole del peso che dovrà sopportare. «
Se tutto è destinato a ripersi all'infinito, siamo inchiodati all'eternità come Gesù Cristo sulla croce».
In un mondo orfano del passato, eventi cruciali come il Tramonto degli Imperi, le tante guerre, la Rivoluzione francese e la ghigliottina, che hanno prodotto sterminio in nome della Dea Ragione, potrebbero apparire come una semplice d inutile comparsa nell'incedere ineluttabile della storia.
Tutto può andare perduto, perché io non ho vissuto in prima persona nessuno di quegli eventi. Abbiamo velocemente dimenticato ciò che appartiene all'anima, capace di provocare tutto quel che è accaduto e che accadrà. Non teniamo conto di cosa significhi vivere un'esperienza, soccombere alle nostre azioni belle o angosciose che siano.
È preferibile l'oblio? lasciarsi alle spalle il passato che sembra confondersi nel futuro?
Nietzsche una volta scrisse: «
l'uomo si meraviglia di sé stesso, di non poter imparare a dimenticare, di rimanere ancorato al passato: per quanto possa correre lontano o velocemente, la catena è sempre con lui. [...] allora l'uomo dice "mi ricordo" e invidia l'animale che dimentica immediatamente».
"L'insostenibile leggerezza dell'essere"... perché questo titolo così enigmatico ed evocativo? Certamente non è una scelta commerciale, è un titolo che può incuriosire ma anche allontanare il lettore. Kundera vuol dirci che la vita è una sola e quel che avviene una sola volta è come se non accadesse. Ci vuol comunicare che le scelte umane e la stessa esistenza sono assolutamente irrilevanti e in questo sta la loro leggerezza.
Solo se l'Essere è, e non può non essere come affermava Parmenide, tutto acquista un senso, diviene pesante, eterno e infinito. È il contrario se prevale il divenire, perché, come ci ricorda Eraclito: «
non puoi entrare due volte nello stesso fiume, perché l'acqua che ti ha bagnato la prima volta se ne è già andata via seguendo la corrente. Anche se il fiume sembra sempre lo stesso».
Ecco che allora tutto scorre e diviene leggero, unico e irripetibile. Vi è dunque una disarmonia tra questa insostenibile leggerezza dell'esistenza e la necessità dell'uomo di trovare un significato, di riconoscere un senso. Da questa dicotomia discende la contraddizione che accomuna noi umani: il contrasto tra l'imprescindibile e il contingente, tra libertà e destino.
Kundera sovverte questo contrasto evidenziando un punto fondamentale: «
la libertà ha un prezzo ed è la sensatezza dell'esistenza».
La verità, il senso possono essere unici ed eterni e guidare l'uomo nel mare dell'epistéme, del fondamento eterno. Si contrappone in un certo qual modo all'esistenzialismo: se la vita è, come affermava Kierkegaard, una serie infinita di opportunità, vuol dire che la vita stessa è inesistenza, leggerezza, il non-essere, la non necessità, un lancio di dadi dall'esito imprevedibile. L'uomo deve legare l'esistenza alla necessità, riempirla di senso, ecco perché il romanzo inizia con una considerazione sull'Eterno Ritorno, con l'intento di legare l'esistenza al destino e ogni istante alla pesante necessità.
Nel 1988 dal romanzo è stato tratto un film omonimo (The unbearable lightness of being) diretto dal regista Philip Kaufman, dove tuttavia si privilegia l'aspetto storico a scapito di quello filosofico. Il risultato è comunque di buona fattura, ambientato in una Praga bellissima, con i suoi quartieri antichi, il Vicolo d'Oro, il Castello imperiale, la Cattedrale di San Vito, il Ponte Carlo, la grande Sinagoga, la neve, il freddo, la nostalgia.
Praga è una protagonista accattivante e silente del romanzo, descritta dall'esule Kundera con un amore profondo che solo una separazione forzata può alimentare.
Le opere più significative di Kundera oltre a L'insostenibile leggerezza dell'essere sono:
- Lo scherzo (Žert, 1967),
- Il valzer degli addii (Valčík na rozloučenou, 1972),
- La vita è altrove (Život je jinde, 1973),
- Il libro del riso e dell'oblio (Kniha smíchu a zapomnění, 1978),
- L'immortalità (Nesmrtelnost, 1990).