Sopra: Arrigo Solmi (1873- 1944) e le firme del Re, di Mussolini,
Galeazzo Ciano, Paolo Thaon di Revel e Arrigo Solmi sul Regio
Decreto Legge 7 settembre 1938 n. 1381, discriminazioni razziali
degli ebrei (cliccare sull'immagine per ingrandire)
Sotto: una delle carte in volgare sardo tradotte e rese pubbliche
da Arrigo Solmi, liberamente disponibili online (Archivio
Arcivescovile di Cagliari, Carta III, Scheda descrittiva n.p. 30; n.v.
12, rif. Solmi III, p. 16 n.def. 2, datatio topica s.l., datatio cronica
s.d., Solmi 1114-1120) - "Il vescovo Pietro Pintori, con
autorizzazione del giudice di Cagliari Torchitorio e del figlio
Costantino, dà forma pubblica all'acquisto di terre da lui fatto in
Serriga. Annotazioni: pergamena in buono stato di conservazione,
con risvolto nella parte inferiore, è provvista di bolla plumbea
pendente legata con spago. Lingua: volgare. Copia: Liber
Diversorum E, c. 158 (n.n. 175) e Appendice c. 7 n.4 (n.n. 332).
Pubblicazioni: A. Solmi, Le carte volgari cit., III, p.16". Con sigillo
pendente...
Arrigo Solmi (Finale Emilia (MO), 27 gennaio 1873 - Roma, 5 marzo 1944) nel XX Secolo fu tra i più famosi cattedratici, giuristi, storici e politici italiani.
Ebbe il primo incarico di docente di Storia del diritto italiano presso l'Università di Modena nel 1901 a tempo determinato, poi in quella di Camerino e, per il semestre 1902/1903, presso l'Università di Cagliari, ove continuò l'insegnamento da ordinario fino al 1905.
In quest'ultima sviluppò un vivo interesse per la legislazione medioevale dei Giudicati (regni) isolani, dedicandosi in particolare allo studio dei
Condaghi isolani, registri patrimoniali ecclesiastici e civili in lingua volgare sarda, oltre allo studio delle
Carte de Logu, le antiche "carte costituzionali" dei Giudicati.
Questa esperienza lo mise presto in contrasto con gli studiosi del suo tempo, poiché egli sviluppava il concetto della storia giuridica quale un continuo divenire del diritto proveniente dalle condizioni economiche e sociali dei diversi territori. A questo si aggiunse anche il suo parziale rifiuto di considerare il diritto italiano proveniente da un comune passato, rendendolo perciò estraneo e indifferente alle polemiche tra le correnti dei giuristi romanisti e germanisti.
Ebbe un ruolo determinante nella creazione del famoso Archivio storico sardo (1905), al quale fornì i suoi scritti sulle locali carte volgari. Oggi queste opere sono reperibili online anche presso il Repertorio informatizzato delle Fonti documentarie e letterarie della Sardegna, contenente una ricca sezione proveniente dall'Archivio Arcivescovile di Cagliari che conserva molte sue recensioni, con datazioni croniche delle pergamene, alcune delle quali sono state recentemente restaurate dall'Istituto del restauro Scientifico del libro della Città del Vaticano.
Nel 1906 assunse le cattedre di Diritto presso l'Università di Siena, nel 1907 in quella di Parma e di Pavia nel 1917, con la cattedra di Storia del diritto italiano, per divenirne Rettore fino al 1926.
Per sostenere le sue tesi in merito alla formazione del diritto italiano proveniente dalle consuetudini regionali, spinse i suoi studi sul diritto medioevale del Veneto, delle Puglie e degli altri territori non influenzati dal diritto tardo romano e longobardo, dimostrando così il loro confluire nel successivo diritto italiano di culture e di esperienze di diversa provenienza. Il suo metodo, sintetico e analitico allo stesso tempo, unito alla profonda conoscenza delle realtà territoriali, lo portò ad assumere un profondo interesse per il concetto di "
Nazione" quale meta finale dell'evoluzione storica italiana.
Cominciò ad avvicinarsi alle posizioni dei nazionalisti, coltivando una costante collaborazione con Gioacchino Volpe, Giovanni Borelli e altri. Fu per lui naturale nel 1915 schierarsi subito con la corrente interventista per l'ingresso dell'Italia nella I Guerra Mondiale. Nel 1919, poi, si schierò senza indugi con i nazionalisti per l'impresa dannunziana di Fiume, e subito dopo aderì al movimento fascista di Mussolini. Con lui strinse un legame forte e senza tentennamenti, tanto che nel 1924 Mussolini lo candidò nel suo listone elettorale, conseguendo la sua prima elezione parlamentare. In verità il suo percorso nel fascismo risale al 1922, quando iniziò una lunga collaborazione con la rivista "
Gerarchia".
La sua straordinaria carriera universitaria proseguì nelle Università di Milano (1931-1936) e di Roma (dal 1937), mentre quella culturale e politica ebbe un percorso ugualmente prestigioso. La sua produzione letteraria di storia e di diritto è vasta e non è possibile farne nemmeno un breve cenno.
Fu componente del Consiglio superiore della Pubblica istruzione dal 1921 al 1923, della Giunta del Consiglio superiore della Pubblica istruzione dal 1921 al 1923, vice presidente dell'Istituto lombardo di Scienze e Lettere (1932-1933), poi suo presidente nel 1934. Ebbe un ruolo anche nell'Accademia dei Lincei (1935), fu anche consultore della Consulta araldica, direttore dell'Archivio storico della Svizzera italiana e socio della Società Geografica Italiana (1936).
Fu deputato per tre legislature (1924, 1929, 1934), ottenendo perciò, di diritto, la nomina a Senatore del Regno nel 1939.
Nello stesso anno 1939 divenne membro del Gran Consiglio del Fascismo, mentre ebbe incarichi governativi in qualità di sottosegretario di Stato al Ministero dell'Educazione nazionale (1932-1935) e quindi promosso Ministro di Grazia e Giustizia dal 1935 al 1939.
La sua revoca dal Ministero per fare posto a Dino Grandi, che si apprestava a concludere la stesura finale dei nuovi codici italiani, provocò in lui una profonda delusione e ci viene descritta da Renzo De Felice come un patetico lamento davanti a Mussolini che lo aveva estromesso e dal quale ricevette, tuttavia, promesse di nuovi prestigiosi incarichi.
La storiografia moderna, con diverse sfumature, gli conserva ancora oggi un posto di rilievo nel panorama culturale e giuridico italiano. Fu infatti tra i protagonisti della redazione dei codici, avvalendosi, meritoriamente, di una commissione di giuristi che coinvolse nella discussione del testo preliminare.
A lui si deve la chiara assegnazione di preminenza del "giudice monocratico" quale &171;
signore della causa [...], poteva disporre prove d'ufficio, interrogare liberamente le parti, sanzionare le condotte abusive [...] con obbligo di verità per le parti [...], affermava insomma il ruolo preminente dello Stato&@187;
(1).
È opportuno riconoscere, peraltro, che il suo intervento nella redazione dei codici, pur notevole, non può essere confrontato né in termini di impegno culturale né in termini di classificazione con i lavori di Alfredo Rocco o di Dino Grandi. In ogni caso gli studiosi gli riconoscono notevoli meriti nella modernizzazione dei testi.
Ma non mancano critiche, anche pesanti, per il ruolo che ebbe nella stesura dei provvedimenti discriminatori nei confronti della popolazione italiana di origine ebraica, nei quali ebbe un ruolo di primo piano. Fu ricondotto al suo intervento il Decreto Legge 7 settembre 1938 n. 1381 (abrogato nel 1944) divenuto il primo articolo del nuovo Codice civile contenente cinque articoli discriminatori per le persone di origine ebraica: divieto di fissare dimora in Italia e nei suoi possedimenti, considerazione di razza ebraica se nati da genitori di razza ebraica anche se professano religione diversa da quella ebraica, revoca della cittadinanza italiana se concessa dopo il 1 gennaio 1919 con obbligo di espulsione, oltre agli impietosi provvedimenti per la discriminazione nelle scuole, nelle professioni, ecc..
Si espose anche, nel dibattito del tempo, sulla questione della tutela della razza ariana, scrivendo importanti articoli su "La difesa della razza" (1938), fu membro del comitato scientifico della rivista "Il diritto razzista" in compagnia di numerosi notissimi esponenti del diritto, che proseguirono indenni la loro carriera nel secondo dopoguerra. Nel 1939 scrisse anche il "Fondamento giuridico dello Stato nazionalsocialista" con prefazione di Hans Frank, poi giustiziato nel 1946 a Norimberga. Qui è doveroso ricordare che gli ebrei, pur odiosamente discriminati, in Italia non subirono le atrocità che subirono nel resto dell'Europa, almeno fino a quando rimase in carica nel Regno un legittimo governo italiano fascista. Nemmeno nei territori occupati dalle truppe italiane fu mai torto un capello agli ebrei, né nella Francia meridionale occupata dalla Sesta Armata del regio esercito, né in Grecia né in Libia o in Tunisia. Ai Tedeschi non fu mai permesso, almeno fino all'8 settembre 1943, di inviare nel territorio metropolitano e in quelli presidiati dagli Italiani reparti delle SS o della polizia politica germanica.
Il clima del dopoguerra non poté esimersi dal considerare in modo benevolo tantissimi esponenti della politica e della cultura che rivestirono cariche importanti nel regime fascista. Essi rappresentavano, nel bene e nel male, l'Italia di allora, con le sue luci e le sue ombre, queste ultime spesso non valutate pienamente nelle loro conseguenze di sofferenza e di dolore per i discriminati e per gli oppositori.
Arrigo Solmi è uno tra i tanti che videro valutata favorevolmente la propria opera, perlomeno dal punto di vista del contributo professionale.
A Cagliari gli è stata intitolata negli Anni Cinquanta una strada in considerazione dei suoi meriti di studioso del diritto e per le sue ricerche sulle carte volgari sarde, grazie alla circostanza che in Sardegna non furono vissuti gli orrori della guerra civile e delle vendette politiche. A Roma, invece, in un clima di pacificazione e di lontananza dagli episodi della guerra civile, nel luglio 2023 la giunta di sinistra ha adottato una delibera comunale per la revoca della intitolazione della strada a suo nome, con la motivazione che nella stessa Via Solmi si trova un liceo intitolato a Teresa Gullace, martire della Resistenza. Uccisa da un soldato tedesco nel marzo 1944 perché tentava di avvicinarsi alla finestra della caserma nel quale era tenuto prigioniero il marito con altre centinaia di soldati italiani. Era incinta di sette mesi e divenne subito una icona antifascista. Poi si seppe che la manifestazione, alla quale presero parte alcune centinaia di donne romane, che temevano il trasferimento dei congiunti in Germania, era stata organizzata dai Gap romani, tra i quali ebbero un ruolo importante Pietro Ingrao, Franco Calamandrei e Mario Fiorentini.
(1) Italo Bocchino, professore di Storia del diritto medievale e moderno presso l'Università La Sapienza, Roma, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 93, 2018.