Facendo delle ricerche sul mio computer mi sono imbattuto casualmente in un sito che annunciava la presentazione, nell'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, del "Rapporto sui cristiani oppressi per la loro fede - 2020-22", a cura dell'organizzazione "Aiuto alla Chiesa che soffre".
È un rapporto sulla libertà religiosa nel mondo pubblicato da Acs ogni due anni: esso documenta il grado di rispetto e il livello di violazione del fondamentale diritto alla libertà religiosa nei 196 Paesi sovrani del pianeta.
Lo studio - visibile nel sito dell'organizzazione sia nella sua stesura completa che in forma sintetica - copre il periodo compreso tra gennaio 2021 e dicembre 2022 e rappresenta l'unico rapporto non governativo che analizza il rispetto e le violazioni del diritto sancito dall'articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, in tutto il mondo, per tutte le religioni.
Sono 144 pagine dettagliate, nelle quali, paese per paese, attraversando tutto il mondo in una specie di Via Crucis, sono esposte le condizioni nelle quali vivono i fedeli cristiani.
Da questo rapporto emerge che la discriminazione e la persecuzione sono chiaramente evidenti in 61 Paesi (praticamente 1/3 dei paesi del mondo) e che addirittura in 49 di questi è lo stesso governo che perseguita i propri cittadini per motivi religiosi.
Tutto ciò nell'assoluta indifferenza della comunità internazionale, sempre pronta a insorgere sdegnata e a mobilitarsi per motivi certamente più banali.
Nel planisfero allegato al rapporto ci sono 28 Stati contrassegnati in rosso: sono i paesi "caldi", quelli nei quali è estremamente pericoloso praticare liberamente la religione. Altri 33 Stati sono colorati in arancione a indicare alti livelli di discriminazione.
In queste terre di persecuzione vivono quasi 4,9 miliardi di persone, il 62,5 % della popolazione mondiale, e di queste sono oltre 360 milioni quelle che vivono una situazione sempre più drammatica.
Le cause sono la concomitante presenza di azioni terroristiche, attacchi al patrimonio culturale, misure più subdole come la proliferazione di leggi anti-conversione, manipolazioni elettorali per discriminare le minoranze e restrizioni finanziarie.
Tutto questo avviene nella totale impunità e le aggressioni fisiche vedono i colpevoli raramente puniti.
Se poi l'agente persecutorio e discriminatorio è addirittura lo Stato - come in Cina e in India - ed è ritenuto strategicamente importante, il silenzio dell'Occidente è totale e assordante.
Si può dare uno sguardo rapido alle situazioni più eclatanti, rimandando all'analisi completa del rapporto per chi intende approfondire il problema.
L'Africa continua, anche in questo rapporto, a essere il continente più violento, con un aumento esponenziale degli attacchi jihadisti: 13 dei 28 paesi contrassegnati in "rosso" sono infatti in quel continente, con una concentrazione di violenza nella regione del Sahel, intorno al lago Ciad, in Somalia e in Mozambico.
In Nigeria oltre 7.600 cristiani sarebbero stati uccisi tra gennaio 2021 e giugno 2022 e più di 5.200 sequestrati, con oltre 400 attacchi a chiese e istituzioni cristiane. I gruppi più attivi sono quelli di Boko Haram e Iswap, che cercano di costituire dei califfati nella regione. Quando nel novembre 2021 paradossalmente gli Stati Uniti hanno rimosso la Nigeria dai "Paesi che destano particolare preoccupazione", è stato fatto notare, invano, che esiste un'agenda islamista militante che mira a "spazzare via il Cristianesimo".
Al-Shabab in Mozambico ha intensificato la sua campagna di terrore uccidendo i cristiani, attaccando i loro villaggi e distruggendo le chiese. Il gruppo, affiliato alla Stato islamico (Isis) ha provocato la fuga di oltre 800.000 persone e la morte di oltre 4.000.
In Asia si va dall'autoritarismo statale della Corea del Nord, dove fede e pratiche religiose sono sistematicamente represse, per giungere all'India e allo Sri Lanka: in questi ultimi due paesi i gruppi nazionalisti religiosi hindutva e singalesi buddisti hanno innescato continue e crescenti violenze nei confronti dei cristiani, fomentate appunto dall'estremismo politico a connotazione religiosa.
L'India è un caso emblematico di aumento della repressione e sistematico silenzio internazionale. Nel 2020 i casi di violenza segnalati sono stati 279, oltre 500 nel 2021 e 302 nei primi mesi del 2022 nel solo territorio del Nord. La causa principale è il moltiplicarsi delle accuse di conversione, sostenute dalla legge che punisce questa decisione. Un tema comune è il non intervento della polizia, per incapacità o mancanza di volontà nel perseguire tali reati.
In Cina ufficialmente i cattolici sono obbligati ad aderire all'Associazione Patriottica Cattolica Cinese e non possono tenere funzioni religiose pubbliche, rischiando carcere e sanzioni se non autorizzati. Per non interferire con il sistema educativo statale, ogni manifestazione religiosa è tassativamente vietata ai minori di 18 anni. Nel 2019 il Partito comunista cinese ha avviato un piano quinquennale per "sinizzare" il Cristianesimo, dall'abbigliamento clericale allo stile architettonico degli edifici ecclesiastici, negli inni e nei canti. Le autorità hanno aumentato la pressione sugli stessi cristiani mediante arresti indiscriminati, chiusura forzata delle chiese e soprattutto un uso di sistemi di sorveglianza sempre più oppressivi.
Nelle splendide Maldive, agognate isole di vacanza, la vita non è certamente idilliaca per i cristiani. La continua oppressione statale li costringe alla clandestinità e l'esposizione pubblica di simboli cristiani o il possesso di bibbie comportano l'arresto. L'articolo 94d della Costituzione afferma che "un non musulmano non può diventare cittadino delle Maldive" e quindi le statistiche mostrano che il Paese è al 100% musulmano.
In Medio Oriente è invece la crisi migratoria a minacciare la sopravvivenza delle comunità cristiane tra le più antiche del mondo.
In Siria prima della guerra c'erano 1,5 milioni di cristiani (il 10% della popolazione), ora sono circa 300.000, ridotti al 2%.
In Iraq la presenza di circa 300.000 cristiani si è praticamente dimezzata.
A quasi 75 anni dalla nascita dello Stato d'Israele i cristiani in Cisgiordania sono diminuiti dal 18% a meno dell'1%. Gruppi come Hamas sono visti come fattori di spinta alla migrazione dalla Cisgiordania, sebbene il numero complessivo dei cristiani in Israele sia in crescita. Non mancano tuttavia atti intimidatori nei loro confronti da parte di gruppi marginali ebraici ultraortodossi.
Nel planisfero della vergogna dei 28 paesi segnati in "rosso", 15 sono in Asia, 12 IN Africa e 1 in America (Nicaragua).
Quelli "arancione": 22 sono in Asia, 9 in Africa e due nelle Americhe (Cuba e Haiti).
Le motivazioni di queste "colorazioni" sono: governo autoritario ed estremamente islamico, nazionalismo etno-religioso, presenza di organizzazioni criminali.
È, come evidente, un quadro desolante e triste.
Ma il rapporto Acs denuncia anche i crescenti limiti alla libertà di pensiero, coscienza e religione nei Paesi che appartengono all'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce): negli ultimi due anni nei confronti di coloro che vogliono esprimere e vivere apertamente la propria fede, l'Occidente è passato da un clima di "persecuzione educata" a una diffusa "cultura dell'annullamento"; essa è ben più pericolosa, in quanto implica un tentativo di conformarsi alle correnti ideologiche di tendenza, nelle quali non è certamente inclusa la professione religiosa.
Un salto verso il nulla.
«
Nonostante i governi stiano iniziando a riconoscere l'importanza della libertà di religione o di credo, le prove contenute nel presente rapporto "Perseguitati più che mai" dimostrano che c'è ancora molta strada da fare per garantire la libertà dei cristiani e delle altre minoranze in tutto il mondo. Parte del problema è rappresentato dalla percezione culturale errata dell'Occidente che continua a negare che i cristiani rimangano il gruppo religioso maggiormente perseguitato».
È questa la chiusura politicamente agrodolce di questo rapporto: non è certo un invito alla speranza.