Excalibur verde

Il salario minimo per legge

Un'arma vincente contro il governo o un boomerang per il Pd?

di Angelo Abis
<b>Giorgia Meloni</b> ed <b>Elly Schlein</b>
Giorgia Meloni ed Elly Schlein
Non ci ha mai molto convinto la rappresentazione della Schlein come una vispa Teresa espressione del mondo radical-chic. Non perché in ciò non ci sia un qualcosa di vero, ma perché si dà il caso che sia un leader politico e in quanto tale va giudicata, cioè per gli obbiettivi che si pone e per i risultati che riesce a conseguire. Che sia riuscita a diventare segretaria del Pd presuppone una capacità politica di non poco conto.
Poi questa estate, a partire da luglio, ha posto al centro del mondo politico il problema di istituire per legge un salario minimo garantito di 9 euro. Giocare questa carta ha permesso alla Schlein di conseguire subito non pochi obbiettivi importanti. Ha fatto uscire il suo partito dalla nomea di partito dei ceti benestanti, per proporlo come difensore di un gran numero di lavoratori dipendenti che si trovano in difficoltà economiche. Ha coagulato attorno a sé quasi tutte le opposizioni.
Dopo di che la Schlein ha chiesto l'incontro con la Meloni con la richiesta di far attuare il provvedimento dal governo. Non male: se la Meloni avesse consentito sarebbe stata una smagliante vittoria dell'opposizione, se avesse risposto picche, avrebbe dovuto per la prima volta affrontare una dura e pericolosa opposizione. Purtroppo però le cose non sono andate come lei desiderava, perché il "salario minimo per legge" rappresenta una vera e propria eresia nell'ambito dell'ideologia, della cultura e della prassi della sinistra.
Infatti a partire da Carlo Marx, il salario non è altro che il corrispettivo per la ricchezza che l'operaio produce col proprio lavoro. Ricchezza che però gli viene in gran parte sottratta dallo sfruttamento dei capitalisti. Per Marx la cosa andava risolta eliminando i capitalisti. Ma una cosa è la teoria, altra è la pratica. Di fatto si arrivò alla conclusione che il salario dovesse essere determinato dalla dialettica tra gli interessi dei lavoratori difesi dai sindacati e quelli degli imprenditori con i loro organismi di categoria. Assolutamente vietata qualunque intromissione dello stato.
La proposta della Schlein, demandando al governo l'onore di regolare il salario per legge, esautorava le organizzazioni sindacali e di fatto le rendeva inutili nel contesto sociale. La Meloni che ha alle spalle ben altro bagaglio culturale e ideologico, si è mossa con intelligenza e astuzia. Non ha respinto la questione sollevata dalle opposizioni, anzi ne ha ampliato la portata elevando la questione dei salari a problema nazionale, negando però al governo e implicitamente anche alle opposizioni la competenza a legiferare su un problema così complesso, pertanto, secondo lei, era opportuno farsi fare delle proposte dall'organo costituzionale delegato ad hoc: il Cnel (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro), il quale ha pure la facoltà di proporre disegni di legge.
La Schlein capì l'antifona. Poteva rovesciare il tavolo, invece abbozzò. E fece bene.
Primo risultato utile per la Meloni: il segretario della Cgil Landini le ha chiesto udienza.