Sopra: Ernesto Maria Piovella (1867-1949)
Sotto: Dolianova, Chiesa di San Pantaleo (XII
secolo)
L'austera facciata dell'Episcopio di Cagliari si caratterizza per la presenza di un ovale che racchiude un imponente stemma in marmo che sovrasta il portale d'ingresso. Il cappello ecclesiastico, posto sulla sommità che orna lo scudo, e i due cordoni laterali, dai quali si apre una fioccatura di dieci nappe per parte, ci informano che si tratta dello stemma di un arcivescovo. È infatti lo stemma di Monsignor Ernesto Maria Piovella, il cui scudo personale (dove campeggia la pioggia cadente su un monte a tre balzi) compare al centro, con ai lati le nappe, sormontato da una corona e dalla croce astile a due traverse.
L'alto prelato, nato a Rho (nella periferia di Milano) il 29 ottobre 1867, venne ordinato sacerdote l'11 giugno 1892. Quindi, dopo aver ricoperto l'incarico di vicario generale a Ravenna, il 15 aprile 1907, venne ordinato vescovo da Pio X, che lo mandò in Sardegna. A lui, che aveva scelto di entrare negli Oblati di Rho, cioè tra quei sacerdoti milanesi che assumevano l'incarico di dedicarsi alle missioni popolari, all'atto della nomina il pontefice disse: «
Siete missionario: ebbene andate in Sardegna a fare il missionario vestito da vescovo».
Il successivo 12 maggio venne consacrato (dal cardinale Andrea Carlo Ferrari, Arcivescovo di Milano, da Pasquale Morganti, Arcivescovo di Ravenna, e da Giovanni Mauri, Vescovo ausiliare di Milano) e assunse la Diocesi di Alghero. Trasferito all'Arcidiocesi di Oristano, ne prese il possesso divenendone arcivescovo il 19 aprile 1914. Infine, l'8 marzo 1920, venne nominato Arcivescovo di Cagliari, dove fece solenne ingresso il successivo 29 agosto. Qui, nel 1928, convocò il sinodo diocesano e nel 1933 fondò la congregazione delle Ancelle della Sacra Famiglia.
Morì a Cagliari il 18 febbraio 1949, all'età di 81 anni, dopo aver ricoperto per quasi 29 anni la carica arcivescovile. La sua salma riposa nella cappella della Madonna delle Grazie nella Cattedrale di Cagliari e precisamente addossata alla parete che confina con la capella trecentesca dedicata alla Sacra Spina: una lapide in marmo ne indica la presenza. Qui venne traslata il 18 febbraio 1965 dopo aver avuto sepoltura nella cappella degli arcivescovi di Cagliari, fatta costruire nel 1886 dall'arcivescovo Vincenzo Gregorio Berchiella, nel cimitero monumentale di Bonaria.
Durante i 42 anni trascorsi nell'Isola, monsignor Piovella poté constatare le condizioni di arretratezza e di estrema povertà in cui versava la popolazione. Nel 1904 vi erano stati i moti operai di Buggerru e, due anni dopo, Cagliari era stato teatro di imponenti manifestazioni di protesta contro il carovita. Questa la situazione sociale esistente in Sardegna nel 1907 all'arrivo di monsignor Piovella. Nella bontà d'animo e nella carità del prelato, Pio X vedeva un sostegno alla popolazione secondo le linee guida tracciate da Papa Leone XIII con la Rerum novarum, l'enciclica dedicata alle gravissime ingiustizie che, alla fine dell'Ottocento, caratterizzavano il mondo del lavoro.
Monsignor Piovella quindi si adoperò non solo nel campo della dottrina cristiana ma anche sul sociale, promuovendo, tra l'altro, l'apertura di asili e oratori parrocchiali destinati a dare alle famiglie la possibilità di mandare i loro figli in ambienti sani. Da vescovo di Alghero, nel 1908, affidò la sua dura protesta a una lettera pastorale dove affermava: «
So che ci sono dipendenti oppressi da qualche miserabile che li bistratta; so che ci sono degli usurai che abusano delle tristi contingenze in cui si trovano certi poveretti, esigendo, cose orribili a dirsi, fino al 75 per 100; so che ci sono di quegli speculatori che se potessero trarre dai lavoratori il midollo lo farebbero; e altre cose brutte so. Ebbene, il vescovo protesta contro queste iniquità che sono contro il Vangelo [...] e si appella allo zelo dei sacerdoti perché promuovano, a seconda dei bisogni locali, qualcuna delle molte istituzioni di vita sociale».
Piovella dà quindi vita a società operaie e sindacati cattolici al fine di affrontare le drammatiche emergenze presenti nella società civile. Durante la sua permanenza nella cittadina catalana promuove anche un'intensa attività pastorale che si concretizza nel riordino degli uffici amministrativi e nel risanamento della situazione finanziaria della Curia. Celebra anche un sinodo per concertare col clero il governo della Diocesi, dà nuovo impulso al seminario e restaura la Cattedrale (con la realizzazione della nuova facciata progettata dall'Architetto Giarrizzo) e altre chiese. Ma soprattutto dedica le sue energie all'educazione religiosa e morale dei giovani istituendo per loro, in ogni parrocchia, la Congregazione della dottrina cristiana, che si occupava non solo di catechesi ma anche di forme associative quali l'Azione cattolica, la Congregazione mariana e gli esploratori cattolici. Insomma, il tentativo era quello di favorire la promozione umana nella sua dimensione più complessiva. Tutto ciò gli diede grande popolarità tra i cittadini e in particolare tra i fedeli.
Agli inizi degli anni Trenta, intraprese anche i lavori di restauro e ampliamento dell'Episcopio dell'antica Diocesi di Dolia, dove fece costruire anche un seminario che, insieme a quello di Cagliari, funzionò sino al 1959. Tra l'altro, il prelato era solito trascorrere lunghi periodi a Dolianova, dove è ancora ricordato per la sua bontà. Attualmente è venerato come Servo di Dio. La città di Cagliari gli ha dedicato una via, nel rione di Is Mirrionis, non distante dal Seminario arcivescovile.