EXCALIBUR 153 - maggio 2023
in questo numero

Intellettuali e artisti

di Antonello Angioni
il pittore <b>Giuseppe Biasi</b> e <b>Stanis Ruinas</b> con la moglie a Venezia nel 1944
<b>Cipriano Efisio Oppo</b> con Mussolini
Sopra: il pittore Giuseppe Biasi, Stanis Ruinas con la moglie a
Venezia nel 1944 e Cipriano Efisio Oppo con Mussolini
Sotto: il musicista Ennio Porrino con l'On. Gianni Roberti del Msi al
teatro San Carlo di Napoli e il regista cinematografico Mario
Baffigo
il musicista <b>Ennio Porrino</b> con l'On. Gianni Roberti del Msi al teatro San Carlo di Napoli
il regista cinematografico <b>Mario Baffigo</b>
Diversi furono gli intellettuali e gli artisti che aderirono alla Rsi. A iniziare dallo storico Lorenzo del Piano (Cagliari, 1922). Da giovane, poco più che quindicenne, quando viveva con la famiglia a Firenze, viene malmenato da un gruppo di fascisti per non aver salutato, nel corso di una sfilata, il gagliardetto. Aderisce quindi a un gruppo antifascista. Peraltro, ritenendo che alla caduta del fascismo non dovesse accompagnarsi la sconfitta dell'Italia, aderisce alla Rsi. Abis ci ricorda che Del Piano, su sollecitazione della Prof.ssa Paola Maria Arcari, preside della facoltà di giurisprudenza di Cagliari, intraprese la carriera universitaria occupandosi di storia contemporanea dando vita ad una vastissima produzione di saggi di elevato livello scientifico.
Aderisce alla Rsi anche Giuseppe Biasi (Sassari, 1885). A vent'anni è a Roma per compiere gli studi di giurisprudenza. Qui ha occasione di frequentare diversi circoli culturali e di familiarizzare con vari artisti e intellettuali sardi presenti nella capitale: Francesco Ciusa, Salvatore Ruju, Carlo Aru, Stanis Manca e altri. Conosce anche pittori del calibro di Boccioni, Severini e Sironi. Biasi è un esaltatore della Sardegna e della sua antica civiltà, dell'uomo sardo, forte e rude, dai tratti barbarici. Vede nell'arte un fattore che può contribuire a far acquisire il senso profondo dell'identità. Biasi afferma che la gente sarda si era formata attraverso la confluenza di apporti provenienti dalle diverse civiltà del Mediterraneo: si trattava di un popolo dalle altissime capacità creative, come del resto testimoniato dalla bellezza dell'arte popolare. È contrario al "cosmopolitismo" artistico e si scaglia contro il monopolio ebraico dell'arte. Abbraccia quindi ideologie antisemite e diventa filogermanico. Aderisce subito alla Rsi. Nel 1945 viene assassinato da un gruppo di antifascisti: colpito alla nuca da un grosso sasso legato a una cinghia, muore sul colpo.
Altro personaggio di primo piano è Cipriano Efisio Oppo, nato a Roma nel 1891 da famiglia originaria di Ghilarza. Sul finire degli anni Venti e sino allo scoppio della seconda guerra mondiale, diventa il massimo organizzatore e regolatore dell'arte italiana. Nel 1926 ricopre l'incarico di segretario generale del Sindacato nazionale regionale fascista Belle Arti della Sardegna. Nel 1943 aderisce alla Rsi e collabora con diversi giornali e pubblicazioni della stessa. Nel dopoguerra, sarà tra i fondatori del Msi.
Tra gli intellettuali che aderirono alla Repubblica Sociale vanno anche ricordati, sia pure per brevi cenni, Paolo Orano, Gaetano Patarozzi, Ennio Porrino, Stanis Ruinas e Mario Baffico.
Paolo Orano, classe 1875, si laurea a Roma nel 1898 in lettere e filosofia e ha come grande maestro Antonio Labriola. In politica ha una complessa evoluzione. Da una prima adesione al socialismo, passa su posizioni di sindacalismo rivoluzionario e quindi alla convinta adesione al fascismo. Nel 1919 viene eletto deputato nella lista dei combattenti: la candidatura, proposta da Egidio Pilia e appoggiata da Emilio Lussu e Mauro Angioni, peraltro, è osteggiata da altri (in particolare da Bellieni e Puggioni). Orano compie anche un percorso universitario assai importante ricoprendo, dal 1935 al 1944, la carica di rettore dell'Università di Perugia. Nel 1939 viene nominato senatore del Regno.
Gaetano Pattarozzi (Cagliari, 1914) aderisce alla Rsi insieme ad altri esponenti del Futurismo, tra cui Filippo Tommaso Marinetti. È scrittore molto prolifico. Dopo l'8 settembre 1943, lo ritroviamo schierato nel fascismo repubblicano e il 25 aprile del 1945 si dà alla macchia. Dopo alcune stagioni davvero avventurose, dove subisce maltrattamenti e rischia più volte di essere fucilato, rientrato a Cagliari nel 1951, diviene segretario provinciale del Msi.
Ennio Porrino (Cagliari, 1910) è un musicista d'indiscusso valore, compositore e direttore d'orchestra. Fascista convinto, anche se a modo suo e con spirito critico, dopo l'8 settembre è con la Repubblica di Salò. Lo stesso partecipa alla produzione dei film realizzati a Salò. Compone inoltre un inno nazionale che sarebbe dovuto diventare l'inno ufficiale della Repubblica Sociale Italiana. Porrino paga duramente la sua militanza a Salò. Viene epurato dal maestro Renato Fasano che, dopo il 25 luglio 1943, diventa commissario del Conservatorio Santa Cecilia di Roma: proprio lui che, direttore del Conservatorio di Cagliari, "fascistissimo", dirigeva i concerti in divisa. Non accettando alcun compromesso, Porrino vive per tanti anni in condizioni di profondo disagio economico. Alla fine del 1946 partecipa alla costituzione del Msi.
Stanis Ruinas (all'anagrafe Giovanni Antonio De Rosas) nasce a Usini nel 1899 da famiglia popolare, repubblicana e di tendenze sovversive. Trasferitosi a Roma agli inizi degli anni Venti, aderisce subito al fascismo su posizioni radicali e antiborghesi. Col suo pseudonimo, diventa un noto giornalista, scrittore e romanziere. Il fascismo "regime" non lo ha in grande simpatia e, quando collabora alla rivista satirica "Il Riccio", questa viene più volte sequestrata e poi soppressa. A seguito delle inchieste pubblicate sulle condizioni dei lavoratori del marmo nella Provincia di Carrara, viene sospeso dal partito nazionale fascista. Successivamente viene reintegrato ma poi radiato (per indisciplina e scarsa fede) e sottoposto a sorveglianza speciale. Sarà riabilitato nel 1939 quando, per il suo "Viaggio per le città di Mussolini", riceverà il "Premio letterario Sabaudia".
L'8 settembre Ruinas aderisce alla Rsi e si trasferisce a Venezia dove diviene segretario particolare del commissario della Banca Nazionale del Lavoro, il Sardo Vincenzo Lai. A Salò i suoi punti di riferimento ideologici e culturali sono Mazzini, Garibaldi e Pisacane. In particolare, vede in Mussolini un Garibaldi del Novecento e ritiene che entrambi abbiano commesso lo stesso errore: così come Garibaldi, nel 1860, avrebbe dovuto detronizzare la monarchia e instaurare la Repubblica, stesso scenario si presentò nel 1922 a Mussolini che commise il medesimo errore di Garibaldi, non andando sino in fondo nei suoi propositi davvero rivoluzionari. Ruinas vede nella Rsi un ritorno al "fascismo delle origini" e la prospettiva di una rivoluzione sociale in grado di estirpare i privilegi. È tra quelli che si battono per la socializzazione delle imprese e per un accordo con gli antifascisti al fine di impedire che divampi la guerra civile. Addirittura ipotizza un'alleanza tra repubblicani e partigiani in quanto forze popolari mosse da comuni sentimenti popolari e anticapitalistici.
Ma anche a Salò, come nel Ventennio, iniziano le delusioni. Ancora una volta, spalleggiati dai Tedeschi, prevalgono i gerarchi faziosi, nemici della socializzazione. Anche nella Repubblica Sociale prende il comando il solito gruppo di potere con tutto lo stuolo di profittatori, incapaci e corrotti in grado di combattere solo quelli che loro ritengono essere gli "eretici" del fascismo.
L'incontro tra fascisti "di sinistra" e social-comunisti è la bussola che orienta l'azione politica di Ruinas anche nel dopoguerra. Nel 1947 fonda il periodico "Il Pensiero Nazionale" che contesta le posizioni nostalgiche e reazionarie del Msi, erede - a suo dire - del fascismo "borghese", i cui dirigenti vengono accusati di aver tradito gli ideali della Repubblica Sociale e di essersi venduti alla Dc, ai monarchici, ai capitalisti e ai colonizzatori angloamericani. Per questo, Ruinas tenta un'intesa con i socialcomunisti e trova un qualche ascolto nel Pci stalinista di Togliatti, Longo e Pajetta.
Abis chiude il suo interessante libro con una biografia di Mario Baffico, all'anagrafe Baffigo (La Maddalena, 1907), documentarista e regista cinematografico di grande talento. Dopo l'8 settembre 1943, segue nella Rsi il fondatore della cinematografia nazionale, Luigi Freddi, che crea nel Lido di Venezia la "Cinecittà" di Salò. Il dopoguerra è per Baffico una stagione molto dolorosa: fascista convinto, rifiuta di rinegare il passato e di riciclarsi. Riesce a sbarcare il lunario girando qualche documentario e facendo lavori televisivi.
Dal libro di Abis - e concludo - emerge un Paese che, nelle diverse stagioni, vive il presente come un perenne regolamento di conti. È un approccio sbagliato anche perché taglia i ponti col proprio avvenire e in fondo rinunzia alla novità che, forse, costituisce una delle sorprese dell'esistenza. Così facendo, l'Italia rischia di rinunciare al sogno di una rivolta morale in grado di rimettere il popolo al centro dell'agenda politica per consentire allo stesso di partecipare, con rinnovata energia, alla costruzione dell'identità nazionale.
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