EXCALIBUR 153 - maggio 2023
in questo numero

Politici

di Antonello Angioni
<b>Francesco Maria Barracu</b> in divisa
Sopra: Francesco Maria Barracu in divisa
Sotto: Edgardo Sulis, "Processo alla
borghesia" e il volume "La caduta degli
angeli" di Ugo Manunta
<b>Edgardo Sulis</b>, 'Processo alla borghesia'
il volume 'La caduta degli angeli' di <b>Ugo Manunta</b>
Abis ricostruisce questa storia con grande precisione, partendo dai protagonisti (politici, piloti, militari, intellettuali) per poi inquadrare le formazioni militari e le attività di propaganda svolte dalle stesse. Spesso si tratta di personaggi del tutto sconosciuti, di diversa estrazione, che hanno una cosa in comune: l'aver pagato di persona per far valere le proprie idee, giuste o ingiuste che fossero poco importa. Pensate a Francesco Maria Barracu o a Edgardo Sulis o ancora a Ugo Manunta, tanto per rimanere nell'ambito dei politici in senso stretto.
Barracu, nato a Santu Lussurgiu nel 1895, con un'importante carriera militare, subito dopo l'8 settembre 1943 aderisce alla Repubblica Sociale Italiana e viene nominato sottosegretario alla presidenza del consiglio. Il 27 aprile 1945, insieme a Mussolini, viene catturato dai partigiani e, il giorno dopo, fucilato a Dongo. Allo stesso era stata conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare per la esemplare condotta tenuta nella guerra d'Abissinia, con la seguente motivazione: «espressione pura del forte popolo sardo, superba figura di combattente e di valore leggendario [...], ha al suo attivo una lunga serie di azioni belliche ardimentose, condotte e risolte sempre brillantemente».
Durante la Rsi, Barracu affermava la necessità di un profondo rinnovamento del Partito Fascista Repubblicano da attuare attraverso un'apertura dello stesso a tutti: fatto che, a suo dire, avrebbe favorito anche una radicale revisione dei quadri dirigenti. Nel contempo, sollecitava la convocazione in tempi brevissimi di una Costituente. Tale azione, secondo Barracu, andava sostenuta attraverso la concessione di una completa libertà di stampa che avrebbe favorito il confronto di idee.
Anche Edgardo Sulis è figura di primo piano, anticonformista. Abis ci racconta che, nel 1932, per accesi contrasti con le autorità politiche (vale a dire col podestà del suo paese d'origine, Villanovatulo, dove era nato nel 1903), era stato condannato a due anni di confino. Sulis faceva parte di quei giovani fascisti "rivoluzionari" insofferenti nei confronti delle gerarchie e del conformismo imperante. Lo stesso, sul finire degli anni Trenta, ebbe un ruolo politico-culturale assai importante, divenendo il divulgatore delle prese di posizione di tipo politico e ideologico che Mussolini, per ragioni di opportunità, non intendeva assumere in prima persona, ma che, per vari motivi, riteneva dovessero essere diffuse nell'opinione pubblica: insomma, era una sorta di portavoce occulto del duce.
Sulis è tra i primi ad aderire alla Rsi. E lo fa con una propria posizione ritenendo che, per realizzare una radicale ricostruzione della nazione, il fascismo dovesse ritornare al "movimento delle origini" e che la sua "vecchia guardia" dovesse essere affiancata da un gruppo dirigente formato da "uomini nuovi" - forti della loro fede, onestà e capacità - in grado di raccogliere la fiaccola fascista per realizzare quella rivoluzione sociale che, a ben vedere, costituiva la ragione stessa del fascismo. A Salò dirige l'Ufficio delle province invase istituito presso il sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio, occupandosi in particolare della propaganda. Sulis fu sempre fedele alla persona e alle idee del duce ma contrario agli uomini e ai metodi che avevano condotto l'Italia all'armistizio dell'8 settembre 1943 bloccando la "rivoluzione fascista".
Altro personaggio lumeggiato da Abis è Ugo Manunta. Nato a Cagliari nel 1902, si era trasferito giovanissimo a Torino dove iniziò l'attività di giornalista. Fu tra i redattori della "Gazzetta del Popolo" e del quotidiano "La Stampa". Avuto riguardo all'attività politica, nel 1919, era stato membro del gruppo giovanile nazionalista torinese e, nel 1922, si era iscritto al Partito Nazionale Fascista. Nel 1930 si era trasferito stabilmente a Roma per occuparsi di sindacato e cooperazione. Le funzioni ufficiali non gli impedirono di esprimere posizioni critiche vicine al complesso universo della cosiddetta "sinistra fascista". Infatti, si fece promotore di un sindacalismo alternativo, non solo distante dal liberismo ma anche dalle derive stataliste del corporativismo allora imperante negli enti pubblici e, in primis, nell'Iri (l'Istituto per la Ricostruzione Industriale fortemente voluto dal fascismo).
Anche Manunta partecipò attivamente alla fondazione della Rsi, della quale condivise il programma e le tensioni ideali volte al mitico "ritorno alle origini". In quel periodo continuò, con funzioni di grande responsabilità, l'attività di giornalista impostando la linea editoriale delle testate di riferimento della Rsi nel segno del rinnovamento e delle trasformazioni sociali e quindi in opposizione al "moderatismo" che in parte caratterizzava il governo della Rsi. Ne nacque una polemica che, nell'ottobre del 1944, sfociò nelle dimissioni di Manunta dalla carica di sottosegretario al lavoro.
Lo stesso va ricordato anche perché era stato tra i protagonisti delle difficili trattative, avviate a partire dalla primavera del 1944, tra esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) e le autorità fasciste, per addivenire a un compromesso che evitasse che la fine della guerra portasse, come poi avvenuto, a un bagno di sangue. Anche su quella stagione di trattative finalizzate a una tregua è calato l'oblio. Tra l'altro, in quel frangente, esponenti socialisti di primo piano si mostrarono favorevoli al mantenimento delle riforme sociali varate dalla Rsi. Va anche detto che Manunta, nell'immediato dopoguerra, fu tra gli interlocutori dei tentativi di avvicinamento tra il movimento sindacale e gli esponenti di quella che era stata la sinistra storica fascista. Dopo di che mantenne sempre la sua connotazione politica radicale e anticonservatrice all'interno del Movimento Sociale Italiano.
Intanto, dopo l'8 settembre, gli Italiani erano divisi e in guerra tra loro: una parte schierata a fare il tifo per un esercito straniero (quello tedesco) e un'altra parte per un altro esercito straniero (quello angloamericano). E tutto in nome della contrapposizione tra fascismo e antifascismo, che continuava a fare vittime tra gli Italiani. Si trattò di uno dei periodi più spaventosi e dolorosi della storia del nostro Paese bombardato da tutte le parti, in preda allo sfacelo e alla fame, sottoposto al brutale tallone tedesco e alla violenza che - spesso secondo metodi sommari - veniva attuata, nel territorio occupato dagli "Alleati", da corpi dell'Esercito dello Stato monarchico e dalle formazioni armate partigiane. In quei tempi si faceva poco conto della vita umana e la violenza assurda si respirava nell'aria stessa. Allora vigeva la logica del terrorismo, dell'abuso e della rappresaglia, che spingevano il popolo italiano verso un odio fratricida e un bagno di sangue.
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