EXCALIBUR 153 - maggio 2023
in questo numero

Presentazione del libro di Angelo Abis "I Sardi a Salò"

Alla Mediateca del Mediterraneo di Cagliari

di Toto Sirigu
Cagliari 28 aprile, convegno su 'I Sardi a Salò' con <b>Toto Sirigu</b> e <b>Angelo Abis</b>
Sopra: Cagliari 28 aprile, convegno su "I Sardi a Salò" con Toto
Sirigu
e Angelo Abis
Sotto: da sinistra Edoardo Lecis, Antonello Angioni, Toto Sirigu,
Angelo Abis, in piedi Pier Luigi Farci e il tavolo dei relatori con
Edoardo Lecis, Antonello Angioni, ancora Pier Luigi Farci (in
piedi) e Angelo Abis
da sinistra <b>Edoardo Lecis</b>, <b>Antonello Angioni</b>, <b>Toto Sirigu</b>, <b>Angelo Abis</b>, in piedi <b>Pier Luigi Farci</b>
il tavolo dei relatori con <b>Edoardo Lecis</b>, <b>Antonello Angioni</b>, ancora <b>Pier Luigi Farci</b> (in piedi) e <b>Angelo Abis</b>
È stato un piacere moderare l'incontro tenutosi a Cagliari il 28 aprile u.s. alla Mediateca del Mediterraneo per la presentazione del libro di Angelo Abis "I Sardi a Salò", edizioni Macchione.
Hanno partecipato almeno cinquanta persone, rimaste per quasi due ore ad ascoltare gli illustri relatori.
Ha esordito il Presidente dell'Associazione Vico San Lucifero, Pierluigi Farci, che ha sottolineato come nel libro di Abis emerga chiaramente sia il coraggio che la capacità di combattere dei Sardi a Salò; ciò evidentemente risulta essere un tratto distintivo di molti Sardi, visto e considerato che, ad esempio, dagli archivi del carcere di Nuoro, già nel periodo della prima guerra d'indipendenza, almeno 180 detenuti chiesero di combattere invocando l'amor patrio. Per quanto riguarda in particolare i Sardi a Salò, Pierluigi Farci si interroga positivamente sulla utilità di ricercare negli archivi del carcere di Oristano delle tracce documentali riguardanti i tanti "fascisti" arrestati e lì rinchiusi dopo l'8 settembre del 1943.
Successivamente ha voluto dare il suo contributo lo storico ex direttore del carcere di Cagliari Gianfranco Pala, che ha messo in rilievo l'importanza dell'archivio del carcere dell'Asinara, oggi situato presso la città di Alghero, dove è raccontata la presenza di un nutrito gruppo di Sardi che avevano deciso di non aderire al Regno del Sud.
Ampia relazione ci ha fornito lo storico, avvocato e consigliere comunale Antonello Angioni, il quale ha tenuto a rimarcare che il libro "I Sardi a Salò" nasce dall'esigenza - assai sentita dall'autore - di ricostruire un periodo della storia dei Sardi, e quindi della Sardegna, per far luce su vicende e personaggi ancora non indagati, rimasti nell'ombra. Si tratta di una ricostruzione fatta principalmente attraverso storie di persone con circa quaranta biografie, molte delle quali sono il frutto di conversazioni e interviste. Anche questo, del resto, è un modo di "fare la Storia".
A prescindere dal giudizio che ciascuno può esprimere sulle vicende e i personaggi legati alla Repubblica Sociale Italiana (Rsi), è evidente che sussiste l'esigenza di far conoscere quei fatti, di operare una ricostruzione storica in termini per quanto possibile obiettivi e comunque secondo i canoni dell'onestà intellettuale: cosa non semplice anche perché - come osservava Braudel - l'oggettività non è nella natura umana e quindi non può essere neanche nello storico.
Angioni prosegue sostenendo che la storia non è mai - né potrebbe essere - una mera rappresentazione del passato in chiave neutra. Per definizione è ricerca e indagine, analisi e interpretazione di fatti, ricostruzione di vicende, riflessione che si alimenta in una dialettica fatta di incontri e scontri, di "tesi" e "antitesi", come ha insegnato Hegel. E, aggiunge, non necessariamente di "sintesi".
È pertanto inevitabile che la storia costituisca, in qualche misura, una illustrazione soggettiva delle vicende e che l'oggettività - se così si può dire - debba essere ricercata esclusivamente nella serietà e nello scrupolo con cui l'interprete ha raccolto le fonti ed esaminato i fatti.
E qui, secondo Angioni, soccorre il rigore col quale opera Abis, il suo coraggio, la sua forte passione civile. Non vi è dubbio che Abis lavori con lo scrupolo del documentarista e con l'onestà che deve avere ogni indagatore della storia nello sforzo teso a diseppellire, dall'oblio e dalle manipolazioni di parte, alcuni passaggi importanti della nostra storia. Il lavoro non deve essere stato semplice perché l'analisi storiografica - soprattutto se condotta con rigore - spesso, più che dare risposte, sollecita nuovi interrogativi e apre nuovi terreni d'indagine.
Ma era importante coprire la lacuna, lasciare testimonianza scritta, anche perché - come scrive Abis - «I Sardi di Salò sono carne della nostra carne, storia della nostra storia, non più, ma neanche meno, dei Sardi che in quel travagliato periodo avevano fatto scelte differenti se non opposte».
E allora, va anche detto che lo storico è chiamato a rimuovere zone d'ombra e a far conoscere ogni cosa secondo verità.
Il volume "I Sardi a Salò" - come ha scritto Gianfranco Murtas in un'ampia recensione pubblicata di recente sul sito "Sardegna e Libertà" - è «necessario e prezioso, documentato e ponderato». Si tratta di un riflettore puntato «su un campo che, solo a evocarlo e tanto più a esplorarlo, desta in molti ancora comprensibili inquietudini».
È quindi «scontato e inevitabile che una materia ancora calda, pur se non più incandescente, si esponga a considerazioni non pienamente serene e distaccate». Murtas, sostiene Angioni, - pensatore di idee politiche assai distanti dall'autore - precisa di avere «molto rispetto di Angelo Abis, non soltanto della sua dirittura personale ma proprio anche della sua libera franchezza di studioso che le proprie tesi le espone mai tacendo, con un linguaggio che da solo gli fa onore, i limiti e gli errori (e anche gli orrori) della parte che sente sua».
Pertanto, «Abis è un autore che merita stima e riconoscenza per la fatica che si è volontariamente caricato sulle spalle da molti anni in qua. Dico la fatica di coprire un vuoto nella ricostruzione, documentaria e testimoniale, delle esperienze culturali e politiche della destra sarda».
Angioni, ai fini dell'inquadramento del fenomeno oggetto di studio, si sofferma nella nota introduttiva ove Abis parte dagli anni del primo dopoguerra, che ripercorre inquadrando i caratteri peculiari che, nella nostra Isola, ebbe il Movimento dei Combattenti che costituì la matrice storica del Partito Sardo d'Azione, una forza interclassista che poi, in larghissima misura, fu interessata dalla fusione col Partito Nazionale Fascista per dare vita al "Sardofascismo": esperimento che non ebbe eguali in nessun'altra parte d'Italia.
Questa particolarità, secondo Angioni, potrebbe essere alla base dell'adesione alla Repubblica di Salò da parte di un numero non trascurabile di Sardi. Si trattava di uno schieramento di forze assai eterogeneo per basi ideologiche, provenienza sociale e impostazioni politiche e culturali. Quei Sardi rivendicavano la libertà di stampa, il pluralismo dei partiti, l'indizione di una Costituente e persino la socializzazione dell'economia: un programma che sembra ricollegarsi più al "primo fascismo" - quello dei "fasci di combattimento" per intenderci - che a quello degli anni di consolidamento del regime.
Nel complesso, a Salò si respirava un'aria anticonformista caratterizzata dall'avversione nei confronti di Casa Savoia, dell'alta borghesia e del grande capitale. E vi era anche una critica, più che radicale, verso il cosiddetto fascismo "regime autoritario", conservatore e illiberale. Alcuni aderenti alla Rsi entrarono in collisione con i comandi tedeschi di cui non accettavano le direttive e mal sopportavano le interferenze e i controlli. Tra l'altro, non erano rari i casi di sardi fascisti che avevano buoni rapporti o frequentavano sardi antifascisti e persino partigiani.
Abis, secondo Angioni, ricostruisce questa storia con grande precisione, partendo dai protagonisti (politici, piloti, militari, intellettuali) per poi inquadrare le formazioni militari e le attività di propaganda svolte dalle stesse. Spesso si tratta di personaggi del tutto sconosciuti, di diversa estrazione, che hanno una cosa in comune: l'aver pagato di persona per far valere le proprie idee, giuste o ingiuste che fossero poco importa.
Basti pensare a Francesco Maria Barracu o a Edgardo Sulis o ancora a Ugo Manunta, tanto per rimanere nell'ambito dei politici in senso stretto. Durante la Rsi, Barracu affermava la necessità di un profondo rinnovamento del Partito Fascista Repubblicano da attuare attraverso un'apertura dello stesso a tutti: fatto che, a suo dire, avrebbe favorito anche una radicale revisione dei quadri dirigenti. Nel contempo, sollecitava la convocazione in tempi brevissimi di una Costituente. Tale azione, secondo Barracu, andava sostenuta attraverso la concessione di una completa libertà di stampa che avrebbe favorito il confronto di idee.
Nella Rsi, si distinguono anche alcune donne, a iniziare da Pasca Piredda (nata a Nuoro nel 1916), che diventa la segretaria del Ministro della Stampa e Propaganda della Rsi Fernando Mezzasoma e poi ricopre l'incarico di capo ufficio stampa e propaganda della "X Mas" di Junio Valerio Borghese: un corpo che, pur aderendo alla Rsi, conservò nell'ambito della stessa un proprio status giuridico particolare. Pasca fu un personaggio davvero leggendario. E poi Giovanna Deiana, l'ausiliaria non vedente, nata a Roma nel 1926 da genitori originari di Pattada.
Dal libro di Abis - insiste Antonello Angioni - emerge un Paese che, nelle diverse stagioni, vive il presente come un perenne regolamento di conti. È un approccio sbagliato, anche perché taglia i ponti col proprio avvenire e in fondo rinunzia alla novità che, forse, costituisce una delle sorprese dell'esistenza. Così facendo, l'Italia rischia di rinunciare al sogno di una rivolta morale in grado di rimettere il popolo al centro dell'agenda politica per consentire allo stesso di partecipare, con rinnovata energia, alla costruzione dell'identità nazionale.
Tra i relatori è poi intervenuto Ernesto Curreli, nostro stimato ex Presidente dell'Associazione Vico San Lucifero e saggista, che ha messo in rilievo il fatto che la storia dei Sardi a Salò non può ricondursi allo schema fascismo-antifascismo. Infatti, in realtà, diversi esponenti sardi della Repubblica Sociale semplicemente e con convinzione fecero una scelta di tutelare il concetto di "onore militare" combattendo per l'Italia. E nella sua elaborazione, per confermare tale tesi, Curreli analizza alcune figure di Sardi a Salò come Mario Poddine e Antonio Gaviano che si immersero totalmente nell'ottica del combattimento militare per l'onore dell'Italia, al di là della dicotomia ideologica fascismo-antifascismo.
È piacevolmente intervenuto anche Edoardo Lecis, notaio e cultore di storia, il quale ha esposto nel dettaglio diversi episodi della guerra ove spiccavano l'abnegazione, il valore e la preparazione di tanti Sardi attivi sui diversi fronti. Ma Lecis ha anche tenuto a sottolineare l'importanza di ricordare, grazie al libro di Abis, anche nei dintorni di questo "25 aprile", l'esistenza di tante giovani che, come diceva lo stesso comunista Violante qualche anno fa, meritavano un richiamo almeno da morti "seppur nella parte sbagliata". Ha poi illustrato le vicende militari del Battaglione Volontari di Sardegna inquadrato nella Repubblica Sociale.
Infine è intervenuto l'autore del libro Angelo Abis, storico e direttore della rivista Excalibur, che ha in modo puntuale ed esaustivo illustrato il significato della sua elaborazione e la sua genesi. Ha tenuto a sottolineare che spesso la scelta di aderire alla Rsi da parte di molti Sardi era legata non tanto all'ideologia ma al "caso". Un "caso" legato a determinati vissuti personali, piuttosto che a determinate frequentazioni o amicizie.
Spesso ci si imbatteva in combattenti sardi a Salò che prima dell'8 settembre era fieramente antifascisti, ma pur tuttavia avevano deciso di andare a "cercar la bella morte". Insomma per Abis diventa fondamentale indagare e mettere in luce con successo i profili personali di tanti Sardi, andando a ricostruire una sorta di "prestoria" più che un pezzo di storia politico-ideologica.
L'auspicio che si ricava dal libro di Angelo Abis è quello di intravvedere per il futuro la possibilità di superare il concetto di memoria mutilata, attraverso il riempimento dei vuoti storici determinati dalla inerzia o a volte dalla malafede degli intellettuali accecati ideologicamente. Il tutto per disegnare una Italia più dinamica e consapevole.
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