George Büchner e la sua opera "La morte di
Danton"
Lo confesso: questo breve pezzo "riempitivo" lo avevo in mente da tempo e il prevedibile esito dei referendum sulla giustizia lo ha riportato in primo piano.
L'autore cui faccio cenno, George Büchner, l'ho scoperto tanti anni fa, in tempi nei quali il problema della giustizia in Italia era centrale. Il problema dopo decenni non si è certo risolto, ma rispetto ad allora se ne parla sicuramente meno, forse per rassegnazione e disinteresse, e la misera percentuale dei votanti ai referendum lo dimostra.
Büchner riveste un ruolo importante all'interno della letteratura tedesca - e in quella europea - nonostante la brevità della sua vita: morì infatti nel 1837 a soli 24 anni, dopo averci comunque lasciato opere importanti come "La morte di Danton" e "Woyzek" (poi musicata da Alban Berg), in particolare.
"La morte di Danton" esplora i nervi scoperti della condizione umana, ed è permeato da una profonda disillusione circa la sorte degli uomini e le loro azioni (guidati da Dio? Dalla Natura? Dal Nulla?)
L'opera si incentra sulla contrapposizione tra due protagonisti della Rivoluzione Francese, Danton e Robespierre: la razionalità del primo e il fanatismo del secondo.
Danton non crede più alla necessità del terrore e difende una visione liberale e tollerante del mondo; Robespierre invece incarna la linea giacobina, intransigente e furiosa della giustizia.
Danton esprime la sfiducia nella possibilità di trasformare il mondo, ma lotta comunque, certo di trovarsi dalla parte giusta della storia.
Finiranno entrambi sulla ghigliottina, prima Danton e dopo qualche giorno Robespierre, a monito che la giustizia fanatica può colpire chiunque.
Davigo insegna.
Robespierre: «
L'arma della repubblica è il terrore, la forza della repubblica è la virtù... Il terrore è un prodotto della virtù, nient'altro che la rapida, severa, inflessibile giustizia» (Atto I, 3).
Danton: «
I nostri colpi devono essere utili alla repubblica, non si devono colpire gli innocenti insieme ai colpevoli».
Robespierre: «
Ma chi dice che è stato colpito un innocente?» (Atto I, 6).
Un deputato: «
Noi siamo qui in nome del popolo, non possono strapparci dai nostri seggi senza la volontà dei nostri elettori».
Un altro: «
Volete dei privilegi? La scure della legge è sopra la testa di tutti» (Atto II, 7).