EXCALIBUR 141 - giugno 2022
in questo numero

La "tempesta" e il foulard di Lagarde

"Quel che è passato è appena il prologo" (Shakespeare, "La tempesta")

di Angelo Marongiu
<b>Christine Lagarde</b>, presidente della Bce
Christine Lagarde, presidente della Bce
Sfogliando un qualunque elementare testo di economia ci si imbatte necessariamente in un capitolo dedicato alla "teoria quantitativa della moneta" e in particolare in un paragrafo sugli "effetti di una iniezione di liquidità".
La teoria afferma che «la quantità di moneta disponibile nell'economia determina il valore della moneta stessa e la quantità di moneta è la causa primaria dell'inflazione».
Per usare le parole dell'economista Milton Friedman, «l'inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario».
Le notizie apparse sui giornali di questo metà giugno parlano di «tempesta che si è abbattuta sull'Italia»; ma, come le previsioni del tempo che hanno un alto grado di attendibilità, anche questa tempesta era facilmente prevedibile.
Quindi che nessuno parli di "cigno nero" improvvisamente apparso nell'economia europea e italiana in particolare.
Con la triangolazione Stato-Banche-Bce, in questi anni sono stati immessi sul mercato, grazie al "Quantitative Easing" di Draghi capo della Bce, migliaia di miliardi di euro per fronteggiare le ondulazioni sussultorie degli spread.
In pratica lo Stato emetteva titoli, le banche li acquistavano e in parte la Bce li acquistava dalle banche. Una enorme immissione di denaro liquido nell'economia europea, denaro dietro il quale non c'era una corrispondente produzione di beni e servizi.
In pratica un aumento sconsiderato del debito pubblico, con denaro creato dal nulla.
Qualunque economista era in grado di prevederne le conseguenze.
Pandemia, guerra in Ucraina, aumento del costo dell'energia e delle materie prime sono solo una componente dell'aumento dell'inflazione, ma la causa principale resta quella della quantità di moneta circolante nel mercato economico.
L'aumento del tasso di interesse (il primo dal 2011) - annunciato per il prossimo luglio e poi forse ripetuto anche a settembre - è solo il tentativo di ridurre la massa di moneta aumentandone il costo. La decisione è arrivata dalle indicazioni prospettiche della "forward guidance" della Bce (tanto perché tutti capiscano! Che poi non è altro che un organismo che sovraintende alle strategie della comunicazione).
Per inciso, gli Stati Uniti si sono già mossi nella direzione di aumento dei tassi, ma senza nessun effetto, con un'inflazione ancora prossima al 9%.
A questo annuncio si aggiunge anche il ritiro di tutti gli aiuti antispread della Bce (a oggi c'è solo un timido accenno a uno scudo protettivo): quindi le prossime emissioni di titoli di stato andranno sul mercato soggette a contrattazione e con un prevedibile aumento del rendimento per renderle appetibili. Lo spread sarà soggetto a fibrillazioni pericolose.
Il rischio è duplice: si potrebbe avere (stavo scrivendo "si avrà" ma siamo in un campo scivoloso!) un ulteriore rallentamento della ripresa economica (già in sofferenza per cause esogene), con il rischio di finire in "stagflazione (alta inflazione e stagnazione economica) e con uno spread a rischio esplosione, quindi con un maggior esborso di denaro al momento delle scadenze di cedole e titoli.
Quando Madame Lagarde, con le sue carinissime sciarpe-foulard al collo, si insediò nel marzo 2020 alla testa della Bce sussurrò dolcemente «non siamo qui per ridurre gli spread». Da bocciare sotto il profilo della comunicazione, altro che "forward guidance"!
Ma è tutta l'Europa da bocciare, colosso nominale che si cura solo dell'economia, ma non sa neppure gestirla divisa com'è tra falchi e colombe, paesi frugali e non, nord e sud.
Incapace di prevedere le conseguenze delle sue scelte - e anche Draghi ha la sua parte di responsabilità perché doveva immaginare quali conseguenze sarebbero scaturite dalle sue misure antispread - e incapace ora di ponderare gli interventi correttivi.
Si poteva modulare l'uscita dal "quantitative easing" in modo da calmierare le oscillazioni degli spread e forse annunciare con minor affanno la modifica del costo del denaro (e non di giovedì a mercati aperti!).
Un paese come l'Italia, la cui economia ha già perso lo slancio (o il rimbalzo?) del 2021 e con un debito pubblico immane (oltre 2.750 miliardi di euro) che neanche Draghi è riuscito a fermare ma ha incrementato con mance, mancette e sussidi in stile 5 Stelle, è sotto osservazione.
Ne vedremo delle belle.
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