EXCALIBUR 141 - giugno 2022
in questo numero

Dossier America

Quadro a tinte fosche della società americana, fra possibile guerra e impoverimento delle masse

di Ernesto Curreli
ci sarà una terza guerra mondiale?
Ci sarà una terza guerra mondiale?
Ci sarà una terza guerra mondiale?
Nessuno può prevedere se scoppierà o meno la Terza Guerra Mondiale, dipenderà da diverse variabili e dall'inasprirsi delle ritorsioni economiche e politiche reciproche. Ma, al momento, è possibile immaginare che la guerra, se ci sarà, non sarà condotta con le armi atomiche, perché nessuno Stato è disposto a rischiare la distruzione del pianeta. Sarà forse una guerra con armi tradizionali e di media intensità.
C'è un vero equilibrio nel possesso delle armi nucleari. Gli avversari possono distruggersi a vicenda e sanno che è pericoloso sfidarsi. Le forze che si possono immaginare contrapposte e che possiedono testate nucleari sono, da una parte, Stati Uniti n. 5.600, Francia n. 290, Regno Unito n. 225, Israele n. 90, totale 6.205. Dall'altra parte, Russia n. 6.257, Cina n. 350, Corea del Nord n. 45, totale 6.652. L'India con n. 160 e Pakistan con n. 165 ancora non prendono una posizione chiara, ma dove si schiererà l'una, l'altra sarà nel campo opposto. Nessuno si fa illusioni.
Aumentando la tensione per l'Ucraina o nel Baltico, lo schieramento della Nato potrebbe affrontare la Russia solo con le armi avanzate che possiedono gli Stati Uniti, con l'appoggio immediato della Gran Bretagna e con la titubanza di Francia e Germania. La Francia vede oggi il suo presidente Macron azzoppato per la pesante sconfitta subita alle elezioni del giugno 2022. Gli Usa, in ogni caso, oggi non possono permettersi una nuova guerra mondiale. Il presidente Joe Biden è in forte calo di popolarità, sia per l'abbandono precipitoso dell'Afghanistan sia per non essere riuscito a varare con efficacia l'American Rescue Plan (Arp) per controllare gli effetti provocati sull'economia dal covid-19 e sia per il programma degli sgravi fiscali in favore delle famiglie con figli, in parte fallito. Né ha potuto mantenere le promesse della campagna elettorale.
Aveva detto «propongo un piano per la nazione che premia il lavoro e non premia solo la ricchezza. Costruiremo un sistema economico equo [...], creeremo l'economia più forte, più resiliente e innovativa del mondo. Un investimento epocale».
Tutto però si è fermato nel 2021 al Senato, soprattutto per l'opposizione di un uomo del suo partito, il democratico Joe Manchin, che guida un gruppo di senatori che ritenevano il piano capace di provocare una grande inflazione monetaria, con danni maggiori rispetto ai benefici. Inflazione che si è manifestata proprio nel dicembre 2022, arrivata al 7% e che ha costretto la Federal Reserve ad alzare il tasso di sconto e a ridurre i finanziamenti alle imprese. Come sempre accade, l'inflazione non sembra sotto controllo e colpisce duramente la popolazione più debole per l'aumento dei prezzi al consumo.
Come c'era da aspettarsi, si sono messi di traverso i repubblicani di Trump. Il quale non demorde e sembra rimontare nei sondaggi, soprattutto negli Stati del Sud, dove gli esponenti repubblicani raccolgono consensi inaspettati per le prossime elezioni di medio termine. Nel Sud è persino resuscitato il sentimento di nostalgia e di rivendicazione per la vecchia Confederazione sudista, ormai virulento a causa dell'abbattimento dei monumenti che ricordavano i soldati sudisti.
Insomma, di certo ci aspetta un mondo pieno di problemi e di pericoli, dove ognuno dovrà necessariamente schierarsi in favore delle scelte del proprio Paese. Perché in guerra non è consentito opporsi alle scelte del proprio Paese, che queste ci piacciano o meno.
l'America sempre più divisa
L'America sempre più divisa
L'America sempre più divisa.
Le apparenti indecisioni del presidente americano Joe Biden, se possono essere ricondotte solo in parte alla sua tarda età, hanno in fondo una spiegazione diversa, poiché sono la conseguenza della grave crisi che colpisce gli Usa. I diversi piani economici e sociali varati dal presidente hanno ridotto la disoccupazione, che è scesa ai livelli dei tempi migliori. Però, visto che l'economia ansimava, è stata necessaria una iniezione di 1.900 miliardi di dollari, ma l'economia si è surriscaldata e adesso emergono gli effetti negativi dell'inflazione per la maggiore circolazione di denaro.
Il piano presidenziale del "Build Back Better" (tradotto significa "ricostruisci il meglio") è passato al Senato superando l'opposizione di importanti esponenti democratici che temevano l'inflazione, che adesso galoppa. I piani sul clima e sul potenziamento del welfare, quest'ultimo sempre più urgente per dare soccorso a enormi fette di popolazione in stato di indigenza, purtroppo stentano a decollare.
Il quadro della crisi americana ce lo offre Federico Rampini, il quale il 9 aprile 2022 a RaiDue, parlando del suo recente libro sugli Usa, ha dipinto un quadro fosco. Rampini analizza l'umore della società americana rispetto al modello "made in Usa", che riguarda anche le guerre condotte dagli Stati Uniti in ogni parte del mondo, dichiarando che «nelle famiglie americane ci sono dinamiche che mettono in discussione la guida governativa per la sua totale indifferenza rispetto alle difficoltà economiche. Inflazione, disuguaglianze, povertà che avanza. Il governo pensa alla guerra, le famiglie pensano a sopravvivere».
A Washington basta spostarsi dal centro per trovare la povertà. A cinque chilometri dal palazzo del Congresso, nel quartiere di Anacostia, più che le banche, che non ci sono, impazzano le Foods Bancks, le banche del cibo. Una di queste mantiene circa 200 famiglie, con cibo reperito dalle donazioni. Un po' come in larghe parti d'Italia. Forse anche peggio, perché nel Paese dove vive un quarto dei miliardari del mondo, si contrappongono 40 milioni di indigenti sparsi negli States - soprattutto in quelli del Sud, da anni abbandonato a sé stesso - a fronte di una popolazione di 331 milioni, cioè il 12,8% degli Americani. Un Americano su otto sopravvive con cibo spazzatura, quello meno costoso. Ci sono poi circa 5,3 milioni di Americani che vivono nei sottofondi dei quartieri più malfamati, al Nord come nel Sud.
Un adulto su tre è sovrappeso, meglio sarebbe dire che è obeso, e questo rappresenta un primato tra tutti i Paesi dell'Ocse. Nella contea di Jefferson, nel sud del Mississippi, nella città di Fayette è obesa la metà degli adulti afroamericani. Mangiano principalmente ali di pollo fritte, una schifezza. Ma è il cibo meno costoso e il resto del cibo cui possono accedere è solo spazzatura: si tratta di cibo mai fresco, spesso avariato. Mancando il lavoro, si affidano all'assistenza pubblica e usano i Food Stamp federali per l'assistenza minima. La mano dello Stato è pesante ovunque, ci sono 6 milioni di Americani privati del voto per reati davvero minimi. I costi della giustizia, molto severa, ricadono pesantemente sui più poveri, che sono principalmente afro e ispanici. Per un divieto di sosta o per eccesso di velocità non mandano una sanzione per infrazione, ma direttamente vai a processo e, se non paghi la cauzione, abbastanza salata e con l'assistenza di un costoso avvocato, finisci subito in galera. È una vera estorsione, come ha titolato l'anno scorso The New York Times.
La cauzione è un business gestito da società private, che ci speculano coi tassi: chi non paga la cauzione perché dispone di pochi dollari al giorno ha la galera assicurata, senza sconti. C'è una statistica secondo la quale un maschio afroamericano su tre finisce in carcere, mentre il rapporto per i bianchi è di uno su diciassette. Ce n'è un altra che sembrerebbe confermare che le carceri sono costruite seguendo il "codice di avviamento postale", come diremmo noi e come dicono gli Americani, ed è una ricerca terribile. In pratica, vengono monitorati nelle scuole i rendimenti dei ragazzini di quattordici anni, nelle quali sono in maggioranza gli Afroamericani. Perché presumono che lì si svilupperà la delinquenza minorile. Ogni anno finiscono in carcere circa 11 milioni di Americani. Pochi si domandano il perché. Tanto meno si preoccupano di porre rimedio alle diseguaglianze, nessuno tra i democratici e nessuno tra i repubblicani.
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