EXCALIBUR 135 - dicembre 2021
in questo numero

L'area urbana di Cagliari, equilibrio di terra e acque

Un seminario di estremo interesse per la nostra città

di Antonello Angioni
Villard 23, seminario itinerante di progettazione architettonica (Cagliari, 28-30 ottobre 2021)
una suggestiva immagine delle zone umide oggetto di studio e di proposte
Sopra: Villard 23, seminario itinerante di progettazione
architettonica (Cagliari, 28-30 ottobre 2021) e una suggestiva
immagine delle zone umide oggetto di studio e di proposte
Sotto: Santa Igia sorgeva davanti al mare
Santa Igia sorgeva davanti al mare
"Retrofront - Terra e mare": questo il tema del seminario di progettazione architettonica "Villard" concluso a Cagliari il 30 ottobre scorso e incentrato in particolare sulla rigenerazione urbana della città capoluogo. Sono state tre intense giornate di confronto intorno al tema dello sviluppo urbano di Cagliari: un territorio connotato da forti caratteri ambientali, equilibrata sintesi di storia, natura e cultura e che ha visto l'affermarsi, nel corso dei secoli, anche di importanti storie di lavoro (le saline, l'attività di pesca e il commercio dei prodotti del mare).
È stato un momento di confronto assai importante per almeno due ragioni: (1) innanzitutto perché si è trattato di una riflessione progettuale, quindi non solo teorica e speculativa, incentrata sul versante scientifico ma calata nella concretezza, come detto nella "progettualità"; (2) in secondo luogo, avuto riguardo all'ambito dell'indagine, ma forse sarebbe più preciso parlare di ambito di lavoro, che ha avuto a oggetto il sistema ambientale dell'area cagliaritana e in particolare un compendio prospiciente la laguna di Santa Gilla.
Penso che come amministratori comunali dobbiamo essere davvero grati nei confronti degli organizzatori di questo seminario, giunto alla ventitreesima edizione, che ha rappresentato un importante momento di riflessione, ma anche di proposta. Si tratta, come si precisa nella locandina, di un seminario "itinerante": aggettivo denso di contenuti perché richiama il viaggio e quindi il confronto tra esperienze, al di fuori dei preconcetti e dei luoghi comuni.
Al Comune di Cagliari, oggi, si presenta l'occasione per realizzare un intervento di rigenerazione urbana su un vasto compendio che si estende, tra terra e acque, all'incirca dall'ex Centrale Enel di Santa Gilla sino al Molo Dogana del porto storico e comprende tutta l'area che dalla Via San Paolo conduce alla laguna, oltre quella retrostante la stazione dei treni e il parco ferroviario, e infine il tratto delimitato dalla Via Riva di Ponente, dal Viale La Playa e dal molo pescherecci, non distante da Giorgino.
In questo compendio, che ruota intorno a Santa Gilla, terre e acque si fronteggiano in un delicato equilibrio tra emerso e sommerso. Si è in presenza di territori dove il vento, le mareggiate e le alluvioni possono mettere nel nulla l'opera paziente dell'uomo modificando il paesaggio e i suoi confini. Vien da pensare - davanti alla maestà di questa grande laguna, alla sua perennità e indifferenza davanti agli eventi della storia, all'avvicendarsi delle generazioni, al sorgere e al perir delle fortune - che il termine vero di tutto debba essere un silenzio senza memoria, una natura senza storia.
Eppure proprio qui, tra i detriti alluvionali fangosi, potrebbero essere sepolti resti significativi dell'antica città di Santa Igia, che costituiva la capitale del Giudicato di Cagliari: un importante tassello della nostra storia e memoria collettiva. Ma la vicenda dell'uomo in questo compendio è assai più antica. Come è testimoniato dai reperti archeologici, intorno alla laguna si sviluppò la civiltà neolitica e poi la Karalis punica. A Santa Gilla aveva sede l'antico porto punico che rimase in attività anche nella Roma repubblicana. A breve distanza, dove ora scorre la Via San Paolo, forse c'era il tophet. E poi qui fiorì la grande stagione giudicale, di cui si è detto.
Si tratta di luoghi che hanno in comune il fatto di essere scarsamente utilizzati e talvolta anche difficilmente accessibili, di luoghi nel complesso separati dal contesto urbano. Infatti per chi arriva in città con l'areo o fa una ricerca utilizzando "Google Maps", il compendio si denota subito come un "non luogo". Eppure si è in presenza di territori che, in un passato non lontano, hanno avuto un'importanza nella storia economica della città.
In particolare nel 1862, dove ora si trova la darsena Sant'Agostino (ma occorre considerare che allora la linea di costa era più arretrata) in località Sa Perdixedda, venne inaugurato da don Michele Carboni il primo stabilimento balneare della città di Cagliari. Circa dieci anni dopo, e precisamente il 1 gennaio 1873, nella stessa area era entrato in funzione il cantiere navale di Luigi Falqui Massidda, sfortunato imprenditore che, prima del tracollo economico, culminato con la sentenza del Tribunale dichiarativa di fallimento del 5 febbraio 1876, aveva quasi ultimato la costruzione di una goletta che verrà acquistata all'incanto dal Cav. Efisio Timon.
Quindi, il 24 dicembre 1876, dove oggi si trova il Molo Sabaudo, a Sa Perdixedda, poté essere varata la prima nave (la "Cagliari"), evento che non si ripeterà più in città e in Sardegna. Poi il compendio verrà destinato all'ampliamento del porto storico e, in parte, al rimessaggio per piccole imbarcazioni: attività ancora oggi in parte presente, ancorché la zona resti caratterizzata da molti edifici a destinazione artigiana/industriale in abbandono e disuso.
Intanto, nel 1879, a La Playa, nei pressi del Ponte della Scafa, a iniziativa dei fratelli Gerolamo e Giuseppe Devoto, era sorto un altro stabilimento balneare: il "Città di Cagliari". Dopo qualche anno don Michele Carboni, preso atto dell'infelice posizione dello stabilimento di Sa Perdixedda, diede vita a una moderna struttura a Giorgino: i "Bagni Carboni".
Molti anni sono passati da allora e il tempo e la memoria hanno allontanato dal quotidiano questi luoghi "non luoghi", che ora possono costituire oggetto di un processo di trasformazione che punta al loro reinserimento nella vita complessa della città: è la sfida della riconversione, della rigenerazione urbana. Una sfida che impone un ripensamento del sistema di relazioni di quest'area col restante tessuto urbano, nell'ambito di un modello di sviluppo che sia inclusivo e sostenibile.
La Via San Paolo, la Via Riva di Ponente e il Viale La Playa oggi sono "aree di margine" tra la laguna, il mare e l'insediamento urbano. Ma sono anche "aree marginali", in quanto alla condizione geografica (l'essere il margine, il confine di un territorio) si accompagna quella socio-economica (la marginalità) e talvolta l'emarginazione. Eppure questa parte della città racchiude gran parte del futuro della città.
Ricordo che, nel 2016, il Comune di Cagliari ha vinto la procedura di selezione del Programma straordinario d'intervento per la riqualificazione delle periferie (il cosiddetto "bando periferie") e che in tale direzione l'amministrazione sta orientando, da diversi anni, la propria azione.
E questo lavoro - come pure gli altri interventi che riguardano il compendio - dovrà essere svolto in stretta collaborazione con l'Ateneo cagliaritano (e in particolare col Dipartimento di Architettura, che, come ha confermato il seminario Villard, si trova al centro di un fitto sistema di relazioni con omologhe istituzioni italiane, europee e persino extraeuropee). E poi la collaborazione, anche in termini progettuali, con l'Autorità Portuale (soggetto cui spetta, tra l'altro, la redazione del Piano Regolatore Portuale).
È importante il confronto con altre esperienze. Lo "sguardo esterno" - come è stato evidenziato in diversi interventi - è in grado di fornire un angolo visuale particolare e anche soluzioni originali che chi è immerso nell'interno, talvolta, potrebbe non essere in grado di cogliere.
Occorre andare verso strumenti urbanistici più agili, flessibili, perché i tempi lunghi della pianificazione non sono più sostenibili per le nostre città che richiedono capacità di ripensamento rapido, come purtroppo ci ha insegnato la pandemia da Covid-19, che ha posto in luce l'estrema vulnerabilità delle nostre città, la loro inadeguatezza e, al tempo stesso, la necessità di misure di rapida attuazione.
Ad esempio, i residenti del quartiere della Marina soffrono a causa degli eccessi di rumore prodotti anche dal concentramento delle attività di ristorazione: si tratta di una criticità che esiste da oltre dieci anni. Il piano di risanamento acustico del Comune di Cagliari arriva in ritardo al punto che i rimedi non sono più tali a fronte di una realtà in rapida e continua evoluzione. Il contesto sta cambiando e noi dobbiamo entrare in sintonia con esso per governarlo.
Qui la soluzione potrebbe essere individuata nel realizzare un nuovo insediamento nella zona adiacente la Riva di Ponente: un'area da destinare in prevalenza al tempo libero dove ci si possa trattenere sino a tarda notte anche per ascoltare musica e parlare senza arrecare disturbo ai residenti. L'ipotesi dovrà essere approfondita.
Assai interessante anche l'idea dell'idrovia che, partendo dall'aeroporto di Elmas, dovrebbe condurre più o meno sino alla Cantina Sociale di Monserrato, passando attraverso la laguna di Santa Gilla, il porto storico, Su Siccu e il canale di San Bartolomeo.
Si tratta forse di progetti visionari ma plausibili (in grado di dare concrete direzioni di marcia e risposte alla città) e che, tra l'altro, creano opportunità di sviluppo che, sotto la regia pubblica, consentono ai privati di inserirsi in modo virtuoso. Cagliari è una città interessantissima - come ha sottolineato João Nunes durante il collegamento in videoconferenza - e, aggiungo, straordinariamente aperta verso il possibile. È una città dove, anche per le condizioni climatiche esistenti, è possibile trasformare, è possibile dare risposte in chiave ambientale (senza cedere a inutili eccessi e facili demagogie).
Parafrasando un grande storico, John Day, che ha studiato la Sardegna come "laboratorio per la storia", Cagliari potrebbe costituire un laboratorio di progettazione urbanistica dove "sperimentare" soluzioni, dove il tempo (e non solo lo spazio) può essere visto come materia di progetto secondo uno schema cartesiano. Ma - come ha osservato, durante i lavori del Villard, Alfonso Femia - occorre procedere con responsabilità (nel presente) e con generosità (per il futuro). Dobbiamo essere responsabili. Non esiste la "ecoresponsabilità" (come categoria distinta), ma la responsabilità e basta. E l'assunzione di responsabilità costituisce uno dei maggiori problemi della modernità, a tutti i livelli.
Cosa può fare l'architettura in questo contesto? L'architettura segna il punto d'incontro tra l'immaginario e il reale e può costituire anche un grande momento di democrazia se si sa cogliere il rapporto tra il dialogo e il progetto, laddove è il "dialogo" (strumento attraverso il quale trovano espressione le esigenze della collettività) a generare il "progetto", che, a sua volta, deve costituire strumento di "dialogo" nell'ambito di un rapporto dialettico di tipo hegeliano fuori da ogni tentazione meccanicista e gerarchica. Perché la città non può essere ridotta a esprimere solo la dimensione di una funzione, dovendo contribuire a caratterizzare la dimensione dell'esistenza.
tutti i numeri di EXCALIBUR
VICO SAN LUCIFERO