EXCALIBUR 72 - gennaio 2013
in questo numero

Ciò che Monti ha preferito non dire

Più imposte e più debito pubblico: una nuova teoria economica

di Angelo Marongiu
Sopra: il premier Mario Monti: 15 mesi di "arraffa arraffa" e le tasche di cittadini e Stato sono vuote
Sotto: in nome dell'oggetto misterioso "spread", si sono giustificate le più dissennate operazioni
Quali sono gli strumenti per valutare l'operato di un governo? In genere sono molteplici: possono essere indicatori puramente economici, oppure indicatori sociali, o altri in grado di rilevare il grado di soddisfazione generale, le riforme varate e altri ancora.
Ma, per un governo insediato quasi di forza per "salvare" l'Italia da un'incombente catastrofe economica, dovrebbero essere sufficienti gli obiettivi e inattaccabili indicatori economici.
Il nostro Presidente del Consiglio Mario Monti - con un atteggiamento quasi catatonico - nel suo "pistolotto" di fine anno ha tessuto gli elogi del suo operato, spaziando nel suo eloquio dai toni osannanti per la sua azione (al limite del ridicolo) ai toni sarcastici e di pessimo gusto nei confronti del suo predecessore, Berlusconi.
Una caduta di stile indegna da parte di chi ama definirsi "statista" e si paragona a De Gasperi, citato a ogni piè sospinto.
Ha parlato soprattutto di sé, di ciò che ha fatto e di ciò che farà, degli elogi e degli omaggi ricevuti da tutta Europa: quanto sono stato bravo, diceva, dovete solo ringraziarmi e ammirarmi, ho salvato l'Italia dal tracollo, ho evitato che cadeste nell'abisso.
Ma, al di là di questo, niente: nemmeno un piccolissimo numero, un indicatore socio-economico, di quelli piccoli piccoli, che dimostrasse quanto è stato bravo.
Eppure poteva citarne qualcuno: anche i libri di testo di macroeconomia della Bocconi li riportano:

- Prodotto interno lordo: è in diminuzione del 2,5% (e si prevede in diminuzione dell'1% nel 2013)
- Pressione fiscale: aumentata del quasi 3%, dal 42,5% del 2011, al 44,7% del 2012, con proiezione al 45,3% a metà del 2013. Secondo le ultimissime stime di Rete Imprese e dell'Istat la pressione fiscale effettiva nel 2012 è stata del 55,2% e nel 2013 salirà al 56,1%
- Occupazione: diminuita di quasi 1 milione di unità
- Produzione industriale: in continua discesa fino a toccare una diminuzione di circa il 7% a fine anno
- Potere di acquisto delle famiglie: crollo del 4%. Sempre secondo Rete Imprese e Istat i consumi reali pro capite sono scesi a € 15.920 nel 2012 e caleranno nel 2013 a € 15.695
- Mercato delle abitazioni: crollo stratosferico del 24%
- Immatricolazioni automobilistiche: quasi il 20% in meno, scendendo ai livelli del 1995
- Debito pubblico (quello che ci penalizza e che un "virtuoso" come Monti avrebbe dovuto controllare): aumento di oltre 100 miliardi, sfondando il tetto psicologico dei 2.000 miliardi, attestandosi, a novembre, a 2020 miliardi.

Considerato quanto incassato in più dalle imposte sulle persone fisiche e sulle società e i 100 miliardi di debito in più, se ci si chiede dove sono andati a finire tutti questi soldi, la risposta è una sola: se li è mangiati lo Stato per ingrassare se stesso.
La "spending review" (era troppo difficile chiamarla "revisione della spesa" così che tutti capissero?) che doveva servire a ridimensionare la pachidermica macchina statale mangiasoldi, è rimasta sulla carta. Tagli minimi e lineari: roba da pizzicagnoli dell'economia.
E i costi della politica? Niente taglio del numero delle provincie e nessuna diminuzione del compenso degli onorevoli della casta (una apposita commissione ha lavorato inutilmente per mesi per giungere alla conclusione che non aveva elementi sufficienti per decidere); per quanto riguarda i rimborsi ai partiti, vero sputo in faccia ai cittadini e alla democrazia, congelamento della "tranche" dello scorso luglio e poi si vedrà. Intanto sono stati presentati oltre 200 simboli elettorali, vero indicatore della pochezza intellettuale di tutta la classe politica.
Ma su tutto questo non una sola parola da parte di Monti: l'uomo - con la sua aria spocchiosa - è troppo intelligente per sparare contro sé stesso.
Si è ben guardato dall'approfondire gli effetti della riforma delle pensioni della Fornero, con quella fantozziana conseguenza - se non ci fosse da piangere - dell'errato calcolo degli aventi diritto, che ha creato circa 350.000 "esodati" che non sanno ancora da che parte staranno e che comunque dovremo salvare con i nostri soldi. E ora che la Fornero ha preferito non scendere in campo (lei "scende" in politica", lui "sale"), Monti ha affermato che la riforma delle pensioni si può anche modificare, così come l'Imu si può rivedere e che le imposte vanno ritoccate e altri voltafaccia simili, roba da far invidia al più scalcagnato politicante di mestiere.
E poi, la cosa più importante da raccontare: come è nata questa crisi? Perché non ne ha spiegato le origini? Eppure per uno che ha la Bocconi nella sua circolazione sanguigna, sarebbe stata una cosa banale.
Colpa del debito pubblico? Spiegazione la più ovvia e ridicola: allora - dopo 13 mesi di salassi - l'avrebbe dovuto diminuire. Invece è aumentato. Più imposte e maggiore debito pubblico: è una nuova teoria economica di Monti. Si è fatto un sol "boccone" di tutte le teorie esistenti.
Eppure poteva semplicemente dire che fino al giugno 2011 - pur con un debito pubblico alto - il rendimento dei titoli di Stato era a livelli virtuosi e stabili, intorno ai 200 punti. Ma quando, in quell'estate, la Deutsche Bank ha messo sul mercato in modo ostile i titoli di stato italiani che aveva nel suo portafoglio, si è innescato un meccanismo perverso di perdita di valore dei titoli e di aumento dei rendimenti di quelli da immettere sul mercato. Era successo qualcosa? Il nostro debito pubblico si stava impennando? La nostra democrazia era a rischio? Niente di tutto ciò. Una semplice manovra speculativa innescata da una banca di un paese amico, al quale il nostro Monti continua a leccare i piedi.
Si è mai chiesto come mai la Deutsche Bank ha intrapreso questa operazione? E su mandato di chi? Troppo rischioso: nel raccontare quanto avvenuto poteva venir fuori il nome di una "frau" a lui molto cara. E poi, tacendo questa storia, poteva essere più facile sottendere un colpevole: il solito.
Vogliamo parlare del mercato del lavoro, altra riforma che ogni tanto si diletta a nominare? La riforma dell'articolo 18 è una buffonata. Non è un caso se la disoccupazione giovanile è schizzata a livelli altissimi, visto il mancato rinnovo dei contratti a termine. Invece di una maggior flessibilità nelle assunzioni e nella gestione dei contratti, ha indotto le aziende a un perenne immobilismo. Chi paga tutto ciò sono i giovani, naturalmente.
In un'Italia già lacerata da anni di pregiudizi, l'ineffabile presidente ha - consapevolmente - enfatizzato la contraddizione per lui evidente: da una parte il Berlusconi, colpevole e demonizzato e sbeffeggiato e dall'altra lui, virtuoso, magnifico e quasi santo.
Se non è vera la prima immagine - e solo gli idioti possono pensare che sia vera - non è vera neanche la seconda. Tanti sorrisi, pacche sulle spalle, "bravo", "ottimo", "continua così", da parte dei suoi pari grado europei. La verità è che in Europa non contiamo niente, siamo sempre più soli e imbecilli: continuiamo imperterriti a dare all'Europa più soldi di quanti ne riceviamo, utili idioti che fanno dimagrire i propri cittadini perche altri cittadini europei, già grassi, diventino obesi.
Quanto vale Monti in Europa? Non ha avuto nessuna influenza sulla cosiddetta unione bancaria che, se si farà, sarà solo dopo le elezioni di settembre in Germania (e la Merkel ha già detto che lascerà fuori le Casse dei Land, vero fulcro del controllo bancario), niente sugli eurobond, sull'unione di bilancio, sull'unione politica.
Per far scendere lo spread (che da solo - ha ragione Berlusconi - non significa nulla, perché è il rendimento dei titoli, non il differenziale con quelli tedeschi, che determina un miglioramento o un peggioramento dei nostri conti) è stato sufficiente che l'altro Mario (Draghi) dicesse «faremo tutto quanto sarà necessario per salvare l'euro».
Come dire che in certi casi più dei fatti contano le parole.
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