Sopra: la Brigata Sassari è sempre in prima linea nelle nostre missioni all'estero
Sotto: il controllo del territorio è la parte più importante e pericolosa dell'attività militare
Quattro giorni vissuti intensamente: 27-31 dicembre 2011, Sinnai - Bala Murghab - Sinnai.
Provo a sintetizzarli.
27 dicembre: tra le 12 e le 15 percorro la prima tappa Sinnai-Elmas-Fiumicino. Nell'aeroporto romano, Ugo Cappellacci, governatore della Regione Sardegna, Antonello Lai, giornalista, e io, comandante della Bbrigata Sassari dal 1993 al '95, ci imbarchiamo, insieme a 150 soldati della Sassari, su un airbus di Meridiana diretto ad Abu Dabi. È con noi un terzetto capeggiato dal presidente della provincia di Pordenone.
28 dicembre - ore 10.00 locali: due C130 dell'Aeronautica Militare decollano verso Herat.
Arriviamo alla base di Camp Arena di Herat nel primo pomeriggio. Immediata conoscenza dei 12-15 chili di giubbotto antiproiettile più elmetto.
Briefing del generale Portolano, comandante della Sassari: «
8000 uomini di 11 nazioni operano sotto il mio comando in un'area vasta quanto l'Italia settentrionale. La Sassari costituisce il 51% della forza. Dispongo inoltre di altre unità interforze e posso contare sugli elicotteri d'attacco Mangusta, sui nostri caccia, sui Mirage francesi e sui B1 americani. Il teatro operativo del Regional Command West è tenuto sotto osservazione da un articolato sistema di ricerca e controllo ad alta-media-bassa quota».
29 dicembre: il generale Portolano ha in programma una visita al 151º, nella base di Bala Murghab, nell'estremo nord del settore, a più di un'ora di elicottero.
Ci imbarchiamo su due Black-Hawck americani. Per strada facciamo una sosta lampo per "fare benzina" nella base di Calinav, presidiata dagli Spagnoli. Il clima è surreale: allontanarsi velocemente dagli elicotteri e altrettanto velocemente risalire a bordo per il decollo. I mitraglieri brandeggiano le armi sporgendosi dai portelloni. All'improvviso, poco più avanti della nostra formazione, un B1 americano si impenna verso il cielo. Il generale Portolano ci dice che il caccia ha appena eliminato un nucleo di terroristi che ha attaccato una pattuglia italo-afgana in movimento nell'area che stiamo sorvolando. Un soldato afgano è stato ucciso e un altro
ferito gravemente. Un nostro caporal maggiore del 66º reggimento è stato salvato dal giubbotto antiproiettile. Il B1 fa un passaggio radente per monitorare gli effetti del suo intervento: quel nucleo talebano non farà mai più attentati.
Atterriamo a Bala Murghab: a 10 chilometri da qui è caduto Luca Sanna, di Samugheo.
Ci viene incontro il col. Viel, comandante del 151º, col suo staff. L'espressione degli uomini dice «
qui è dura; ma siamo contenti che siate venuti a trovarci». Incontro con il personale del reparto: «
Grazie presidente per essere venuto fin qui in questi giorni di festa».
Poi di nuovo in volo. La sera, ad Herat, visita al Prt gestito dal 3º reggimento Bersaglieri di Teulada. Alcuni mesi fa un'autobomba ha devastato una parte della base che si trova in pieno centro abitato: feriti un capitano medico e un caporal maggiore. Il colonnello Parrotta illustra le competenze del Prt e riepiloga quanto è stato già realizzato a favore del popolo afgano: pozzi, piccoli ponti, scuole, aeroporto civile di Herat e altro. Più tardi visita al governatore della provincia di Herat. Le sue profferte di amicizia e di gratitudine verso gli uomini della Sassari, la Sardegna e l'Italia sono sincere. Più volte esprime la sua stima verso il generale Portolano.
Segue la visita a un'altra personalità locale che esprime il suo desiderio di venire in Italia per ringraziare quanti si sono fatti promotori di gesti di generosità, in particolare verso i genitori di un volontario morto in Afghanistan: hanno voluto che fosse edificata una scuola nel punto dove il loro figlio è stato ucciso. «
Vogliamo che la nostra amicizia duri anche quando non ci sarete più», dice il padrone di casa. Al rientro a Camp Arena, visita ai feriti del recente agguato. Il giovanissimo soldato afgano è in coma farmacologico. Ha la testa ingabbiata in una sorta di cilindro d'acciaio. La sua vita è appesa a un filo. Le schegge di mortaio gli hanno devastato la scatola cranica, fracassato una mano e quasi amputato un piede. Lo sguardo dell'infermiera americana dice che non ce la farà.
Il nostro volontario invece sta bene; una scheggia gli ha colpito il giubbotto antiproiettile che a sua volta ha compresso l'emitorace sinistro. «
È andata bene» gli sussurra il generale Portolano. «
Alla grande», risponde con un sorriso forzato il volontario abruzzese, «
Mezzo palmo più in alto e...». In una stanza attigua un macilento bambino afgano adagiato su una barella ci sorride con sofferenza. Tutti gli facciamo una carezza.
30 dicembre: le distanze tra Camp Arena e le basi di Farah, Bakwa e Gulistan, nel settore più meridionale della regione dove opera il 152º, ci costringono a una videoconferenza. Non c'è più tempo per arrivare laggiù.
Durante il collegamento, di nuovo «
Grazie Presidente per essere venuto in Afghanistan». Nelle varie visite da parte mia ho portato il saluto del presidente dell'associazione nazionale Brigata Sassari, il generale Cossu, di Salvatore Setzu, uno dei pochi del 3º Bersaglieri sopravvissuto alla ritirata di Russia, di Barbara Pusceddu, sindaco di Sinnai, paese di nascita del 151º, di Emilio Floris, "fanatico" della Sassari, e di familiari di militari di ogni grado che operano laggiù.
L'ora di imbarcarsi sui C130 per il rientro si avvicina rapidamente. Resta appena il tempo per visitare la cappella dove don Piga ha installato un Sant'Efisio cui ha affidato il compito di proteggere la Sassari.
La brigata, in cambio, nella caserma Monfenera del 151º, continuerà a custodirne le reliquie. Per ultimo il saluto al "Circolo dei Sardi" dedicato ad Alessandro Pibiri, del 152º, caduto in Afghanistan.
"Anime" del circolo sono due personaggi eccezionali: Andrea Salvatore Alciator, decano degli ufficiali della Sassari, e Alessandro De Martis.
Ci apprestiamo a salire per l'ultima volta sulle Toyota blindate che ci porteranno in aeroporto. Vedo il governatore scuotere la testa in un gesto di disappunto. «
Tutto bene, Presidente?», chiedo a mezza voce. Lui mi mette sotto gli occhi un palmare. L'intero gruppo si arresta. Io leggo ad alta voce: «
Cappellacci ha deciso di sperperare soldi pubblici per farsi propaganda andando in Afghanistan [...] quando poteva adempiere ai suoi doveri di cerimoniale con una breve video-conferenza».
Nel pezzo ricorrono anche termini come "sceneggiata" e "propaganda personale".
Si parla anche di sperpero di danaro pubblico. Tutto è legato alle dichiarazioni di due consiglieri dell'opposizione. Una voce alle mie spalle esprime quello che pensiamo tutti.
«
Ma come cazzo si fa a parlare così? Cerimoniale, propaganda? Ma venissero a farsi una vacanza qui che cambierebbero idea!».
Mi volto e incontro lo sguardo duro di uno dei "vecchi" della Sassari. Mi rivolgo a lui perché il Governatore intenda: «
Ho paura che ci sia ancora molta strada da fare prima che si abbia tutti il senso delle istituzioni e il senso di appartenenza. Ma se è una questione di spreco di danaro la cosa riguarda anche me. Al rientro a casa qualcuno dovrebbe rassicurare i consiglieri Sanna e Sabatini che venendo qui non si è pesato sulle casse dello stato, ma ci si è inseriti in attività operative programmate, affrontando ognuno disagi e fatiche che, queste sì, ognuno ha pagato di tasca propria, con entusiasmo e senza badare a spese».
L'ultima parola è del "vecchio" sassarino: «
Governatore, se può torni a trovarci. Averla qui per noi è stato un piacere. A noi dei cerimoniali, mi scusi, non ci frega un cazzo».
24 ore ancora e sono di nuovo a Sinnai.
* Gen D. (ris) Nicolò Manca, già primo comandante sardo della Brigata Sassari