Ugo Cappellacci, presidente della Regione Sardegna
Il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci non smette di stupire.
Da quando ha assunto la guida del governo regionale ha impostato la sua azione fuori dai soliti schemi, inizialmente facendo sorgere qualche dubbio tra chi gli stava vicino. Quando si muove, infatti, non sembra preoccuparsi di cercare il consenso dei partiti che lo sostengono. Piuttosto, si muove con decisione per trovare soluzioni capaci di risollevare le sorti della Sardegna.
Se si tratta di questioni istituzionali legate alla rivendicazione dell'autonomia regionale, non lo fa per rimarcare un superato e inefficace "autonomismo", quanto per ribadire di fronte al governo nazionale un diritto costituzionale inalienabile, con una forza che i suoi predecessori nemmeno si sognavano, salvo lamentarsi inutilmente con la stampa locale. A Roma, invece, lui tiene testa a ministri e dirigenti statali con dignità e convinzione.
Di fronte alla grave crisi dell'industria e dell'economia sarde in generale, non ha esitato ad affrontare a muso duro Berlusconi e Monti. Vuole e pretende un nuovo rapporto con il governo nazionale, chiede senza petulare, dimostra con dati e cifre alla mano che la Regione deve avere ciò che le leggi le riconoscono. Spesso riesce a portare a casa il risultato. Inoltre, nessuno come lui è stato capace di girare in lungo e in largo l'isola, andando ad ascoltare le ragioni e le lamentele di tutti, per farsi un quadro diretto, anziché leggerlo dai giornali, come prima facevano i governatori.
Ha stupito anche in occasione del congresso provinciale cagliaritano del Pdl. Pochi si aspettavano che vi facesse capolino. Invece è andato dritto al microfono e ha parlato con tono fermo e dignitoso, sollevando un convinto applauso generale. Chiarito che la sua "casa" è e rimane il Pdl, ha dato una lezione a tutti, dicendo che quando si va a chiedere qualcosa di giusto bisogna avere il coraggio di essere "insolenti".
Come dire che una cosa è il rispetto per gli interlocutori, altra cosa è essere remissivi, timorosi e pronti a chinare la testa di fronte allo sbadiglio di ministri e alti burocrati.