La vignetta di Demetrio
Va a merito dell'Associazione "Vico San Lucifero" l'aver sollevato di quando in quando problemi di grande respiro: ricordiamo il convegno dello scorso anno sui martiri delle foibe (a proposito, signor Sindaco, che fine ha fatto l'intitolazione di una strada di Cagliari a queste vittime?) e ora, il 14 luglio, all'Exmà di Cagliari, l'incontro-dibattito sull'emergenza idrica e sulle aree a rischio di desertificazione.
Il peso dei risvolti socio-economici dell'emergenza siccità non è da meno di quelli etico-giuridici della pulizia etnica realizzata con gli infoibamenti, oggi colpevolmente rimossi dalle coscienze.
In merito alla crisi idrica si potrebbe dire, parafrasando Archimede: «
Datemi l'acqua e vi solleverò il mondo dell'economia».
La classe politica, almeno quella sarda, non dovrebbe occuparsi altro che dell'acqua; se se ne disponesse a sufficienza (di acqua, si intende, non di classe politica) si potrebbe delegare tranquillamente all'iniziativa privata il compito di risolvere ogni altra emergenza economica: turismo, agricoltura, allevamento e via dicendo.
Nell'incontro-dibattito del 14 u.s., i convenuti hanno tuttavia constatato, oltre alla scontata preparazione dei relatori, che di vero e proprio dibattito non si è trattato, e che più che "parlare di acqua" si è "disquisito di risorse idriche".
Giuseppe Caredda ha sottolineato che molto di quanto è stato detto nel corso della riunione altro non era che una ripetizione di cose già sentite: studi, progetti, auspici, lamentazioni contro il clima e accuse più o meno velate contro chi non si è mosso prima o non ha fatto quanto doveva. Tuttavia di attività in corso d'opera o di progetti realizzati non si è sentito granché.
Ha suscitato malinconia, se non vera e propria tristezza, sentire che l'emergenza idrica va affrontata e risolta razionalmente, esaminando il problema nella sua globalità, individuandone le varie componenti, stabilendo una priorità delle esigenze e fronteggiando le stesse con le risorse finanziarie di cui si dispone. Se questa è una ricetta universale, valida per qualunque problema, in ogni tempo e in ogni luogo, riesce difficile immaginare che un'emergenza possa essere risolta procedendo a casaccio, analizzandola in misura parziale e spendendo soldi... di cui non si dispone!
Resta il fatto che l'incontro non si è concluso, ripeto, con alcun dibattito e che l'uditorio è tornato a casa, è il caso di dirlo, a
bocca asciutta.
Ma sarebbe stato interessante avere una risposta, a titolo esemplificativo, a una domanda di questo tenore:
«
Viaggiando da Cagliari verso Ortueri, anche al viaggiatore frettoloso può accadere di leggere le prime parole incise su una targa di granito messa in opera nel 1924 su "un'opera di regime", la diga di Santa Chiara: "Dio Padre guardi e fecondi". L'acqua del lago Omodeo, in realtà, avrebbe fecondato (e feconda ancora) le ricche campagne di Arborea e altre della Sardegna. Oltre settant'anni dopo, nel 1996, Oscar Luigi Scalfaro, Capo dello Stato, venne in Sardegna, a Busachi, per inaugurare un'altra diga costata vent'anni di lavoro e somme di cui si è perso il conto. Ce ne son voluti altri quattro, dopo l'inaugurazione, perché in quel bacino da 800 milioni di metri cubi (il più grande d'Europa) si cominciasse a invasare l'acqua! La domanda è questa: perché sono stati fatti passare altri quattro anni prima di chiudere le saracinesche della diga? Senza invocare misteriosi e improbabili motivi tecnici, come si può sperare di fronteggiare gli incalzanti tempi della sete con questi sonnolenti e improponibili tempi della politica?».
Post scriptum n. 1: ma cosa è venuto a inaugurare Scalfaro quattro anni fa?
Post scriptum n. 2: a dire il vero la sera del 14 luglio un dato concreto è stato comunicato all'uditorio: presto a Cagliari i rubinetti resteranno all'asciutto non più dalle 18.00 ma dalle 15.00.