EXCALIBUR 8 - febbraio 1999
in questo numero

Un aborto di legge...

di Angelo Abis
La vignetta di Demetrio
Formidabili quegli anni '70! La sinistra è su di giri: avanza, anzi straripa. Quella rivoluzionaria spranga, sequestra, ammazza. Quella di potere crea il nuovo ordine giuridico per tutelare e liberare finalmente gli oppressi e gli emarginati, che per la sinistra sono gli obiettori di coscienza ai quali vanno evitati i traumi della naia, i drogati ai quali non va impedito di drogarsi, i "matti", che non devono più essere considerati malati molto speciali, ma bensì alla stregua di tutti gli altri, per cui niente ospedali psichiatrici e niente, o quasi, custodia.
E, dulcis in fundo, la donna. Gli anni '70 sono stati gli anni del femminismo: la donna deve essere liberata da tutto e da tutti, ma soprattutto dalla presunta aggressione maschile; segno più tangibile di questa aggressione è che l'uomo può mettere incinta la donna, fatto questo che spesso causa non pochi inconvenienti, genericamente compresi nella formula "gravidanza non desiderata".
Per eliminare questo inconveniente storico la sinistra partorisce in quel 22 maggio del 1978 quell'aborto giuridico che prende il nome di "legge n. 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza".
Nella legislazione precedente l'aborto veniva concesso se la madre era affetta da determinate malattie, per cui il prosieguo della gravidanza avrebbe comportato un grave pericolo per la vita stessa della madre. Con la nuova legge l'aborto non scaturisce più da uno stato di necessità, almeno nei primi tre mesi di gravidanza, ma bensì diventa l'unico mezzo per eliminare una gravidanza "indesiderata", riducendolo quasi a un metodo contraccettivo. Infatti l'art. 4 della legge recita testualmente che la donna può abortire per «serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali, o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o in previsioni di anomalie o malformazioni del concepito».
Quindi, in pratica, nei primi tre mesi si può abortire quando si vuole e ciò fa della legge italiana, una delle più permissive esistenti al mondo.
E, sempre in omaggio al più becero femminismo, la legge considera "il frutto del ventre" esclusiva potestà della donna, per cui l'uomo, sia pure corresponsabile di quel frutto, non può, non dico impedire l'aborto, ma neppure esprimere la propria opinione, salvo che, bontà loro, per la moglie, qualora sia malata di mente. Così pure, niente possono obiettare i genitori la cui figlia minorenne decida di abortire.
Insomma, dalla "legge sull'aborto" è nato un "aborto di legge".
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