Elezioni regionali
Ritorna di moda il sardo-fascismo?
di Fabio Meloni
Il "forum delle opposizioni" è morto. Anzi, non è morto. All'ombra di questo gravoso dilemma si avvicinano inesorabili le elezioni regionali, nodo cruciale della vita sociale, politica ed economica dell'Isola. Con buona pace degli iperottimisti, rischia di naufragare l'esperimento, nato per iniziativa di Massimo Fantola, dell'unione degli oppositori al deprecato centrosinistra. Abili artefici di questa rottura, i proconsoli isolani di Francesco Cossiga, ma anche i dubbi interni sull'identità del Partito Sardo d'Azione e sulla sua conciliabilità con Alleanza Nazionale, incertezza che ha spaccato verticalmente i "quattro mori".
È un vero peccato che la storia non sia più magistra vitae e che la cultura politica dei rappresentanti del popolo sia diventata un optional. È stato gioco facile per i nemici del "Forum delle Opposizioni" insinuare il dubbio sulla opportunità dell'accordo tra il vertice sardista - che si è chiamato a gran voce e a più riprese "di sinistra e autonomista" - e i seguaci di Gianfranco Fini, dichiaratamente "di destra", ma non altrettanto federalisti (è opportuno, visto il bagno salvifico di Fiuggi, sorvolare sull'antifascismo). Eppure, se si facesse ricorso alla memoria, alla storia politica sarda, si potrebbe ricordare come è assai recente l'origine di sinistra del P.S.d'Az., visto che nel primo dopoguerra le manifestazioni dei sardisti, notoriamente antisocialisti, con frequenza si chiudevano coi falò delle bandiere rosse e soprattutto visto che, negli anni 1922-23, un consistente - sia qualitativamente che quantitativamente - gruppo di militanti e dirigenti sardisti consacrò la sua adesione al Fascismo, inizialmente benedetta anche da Emilio Lussu, poi diventato il paladino dell'antifascismo sardo. Come dimenticare i nomi di Enrico Endrich, Paolo Pili, Antonio Putzolu, Paolo Orano, Mauro Angioni, Antonio Colomo, Lauro Rossi, per citare quelli più in vista, alcuni dei quali poi anche ai vertici del M.S.I..
La guerra e la sconfitta del Fascismo hanno poi generato il naturale connubio del Sardismo con tutte le forze del centro cattolico, mentre più tardi il vento di sinistra che spirò in tutta Italia portò, grazie anche all'azione del nocchiero Mario Melis, i comunisti al governo della Regione.
Oggi la spregiudicatezza della politica, sostenuta dalla vacuità delle idee, ci propone di tutto. Si potrà perciò assistere ad Alleanza Nazionale - "erede" troppo smemorata del M.S.I. - che passa da uno sfrenato antiregionalismo a un fervente federalismo, fino a sfociare nella già dichiarata adesione alla mozione presentata in Consiglio Regionale sulla sovranità del "popolo sardo sulla Sardegna, sulle isole adiacenti, sul suo mare territoriale e sulla piattaforma oceanica", crocevia dell'adesione dei sardisti al Forum delle Opposizioni.
Regna la confusione. Una disponibilità che non molto tempo fa avrebbe fatto inorridire il "popolo di destra", ma che oggi nell'era del "partito di programma" serve a conseguire l'unico programma chiaro del Polo in Sardegna: conquistare il potere e cacciare i comunisti dalla regione. Poco conta per i politici "pragmatici" che anche un costituzionalista come Pietro Ciarlo, preside della facoltà di Giurisprudenza di Cagliari, abbia trovato risibile la proposta, visto che la Costituzione Italiana, tuttora all'articolo 1, parla di sovranità nelle mani del popolo italiano.
Seppure nel segno della confusione e con un occhio di riguardo alla storia, l'unione delle due forze politiche - che hanno nelle proprie origini precisi riferimenti a valori nazionali e sociali - non dovrebbe scandalizzare più di tanto.
Ma gli attuali leaders locali sono degni eredi del sardista Endrich e del prefetto fascista Gandolfo, fautori dell'accordo?