Lettere e opinioni - i "tradiprodi"
Lettera al direttore della rivista "Tradizione militare"
di Nicolò Manca
Caro Direttore,
penso che l'oggetto di queste righe meriti qualche riflessione, e pertanto correrò il rischio di apparire prolisso.
Nella Sua lettera aperta al Presidente del Consiglio apparsa sul n. 9 di "Tradizione militare" (del novembre 2006), Lei fa il consueto quadro di situazione - e ripeto quanto scrissi su queste stesse pagine all'inizio dell'anno - con «obiettività, lucidità di pensiero, serenità di giudizio, incisività, arguzia, efficacia espressiva nonché piacevolezza di lettura».
Confermo tutto, ma stavolta con una riserva.
Si sa che per tradire una promessa o un giuramento è indispensabile un traditore. Anche le bugie non germogliano dal nulla, ma sono figlie del bugiardo. Quindi chi tradisce una promessa o dice una bugia è un traditore e un bugiardo, indipendentemente dal fatto che si chiami Pinco Pallino oppure Romano Prodi. Nel caso del Presidente del Consiglio però non ci si può limitare a dire «affari suoi», perché la cosa si riflette, ahimè, su gran parte degli Italiani. Ritenendo che a certi politici sia consentito di tradire e di mentire, qualcuno giudicherà la cosa con benevolenza, ma certamente non si può perdonare a Prodi anche di fare pappa e ciccia con i personaggi di cui dirò tra poco, perché è immorale che a certe figure sia consentito di occupare poltrone istituzionali e di ricoprire ruoli di amministratori della cosa pubblica.
Faccio alcuni esempi:
- un ex terrorista di Prima Linea, Sergio D'Elia, è segretario dell'ufficio di presidenza della Camera. D'Elia fu condannato a 25 anni per l'uccisione dell'agente ventitreenne Fausto Dionisi;
- un ex leader del Leoncavallo e di Autonomia, Daniele Farina, è vicepresidente della Commissione Giustizia (sì, proprio "Giustizia") della Camera, incarico ritenuto da Prodi compatibile con gli arresti, le segnalazioni e le condanne totalizzate dal Farina per i seguenti reati: fabbricazione, detenzione e porto abusivo di armi e di esplosivi; oltraggio; resistenza; violenza; reati contro lo Stato, la pubblica amministrazione e l'ordine pubblico; danneggiamento; inosservanza dei provvedimenti dell'autorità; blocco stradale; produzione, traffico e agevolazione dell'uso di sostanze stupefacenti e psicotrope; rifiuto di dare indicazioni sulla propria identità. Chi meglio di Daniele Farina, condannato una volta a 1 anno e 10 mesi, un'altra a 10 mesi e una terza a 4 mesi e 20 giorni, chi meglio di lui può svolgere il ruolo di numero due della Commissione Giustizia?
- un ex brigatista condannato nell'ambito dell'omicidio Taliercio, Roberto Del Bello, fa parte dello staff del viceministro agli Interni Bonato, di Rifondazione Comunista;
- una ex brigatista nonché militante di Prima Linea, Susanna Ronconi, fa parte della Consulta Nazionale sulle tossicodipendenze operante sotto l'egida del Ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sempre di Rifondazione Comunista. La Ronconi è stata condannata a 12 anni di carcere per aver fatto parte del gruppo di fuoco che il 17 giugno 1974 uccise a Padova un trentenne e un carabiniere in pensione. Un altro pensionato morì a Rovigo nel 1982 per l'esplosione di un'autobomba impiegata per far evadere la Ronconi e altre tre attiviste di Prima Linea.
Mi limito a fare solo cenno ad altri due elementi di perplessità che mi vengono dall'intitolazione di un'aula del Senato a Carlo Giuliani e dalla collaborazione fornita dall'ex brigatista Giovanni Senzani al centro "Cultura della legalità" (sì, proprio della legalità") della Regione Toscana (Senzani ebbe l'ergastolo per l'omicidio di Roberto Peci). Ammetto peraltro di dovermi rallegrare perché alla presidenza della Commissione Difesa della Camera non è stata nominata, ma solo per un soffio, una donna nota per le sue esortazioni alla diserzione rivolte ai soldati; parlo di Livia Menapace, omen nomen.
Ciò detto, vengo al dunque e torno alla Sua lettera che, rivolgendosi a Romano Prodi, Lei così conclude: «nell'esprimerLe, anche a nome del personale in quiescenza dell'Associazione, l'augurio di buon lavoro. Cordiali e deferenti saluti».
E concludo anch'io: a un personaggio che tradisce le promesse, dice bugie e se la fa con i personaggi dei quali ho detto sopra, io non solo non esprimo alcuna cordialità né tanto meno deferenza, ma non gli auguro neanche un buon lavoro. Anzi, non gli indirizzo neanche un saluto. E vorrei che Romano Prodi prendesse atto di ciò attraverso le pagine di "Tradizione militare". Ove questo non fosse possibile, io dovrò, con rammarico, dissociarmi dall'Anupsa e cessare di esserne socio.