Il concetto di sussidiarietà
Nella società attuale ha ancora enorme importanza il modo di suddivisione e interazione dei compiti fra i vari "livelli"
di Claudio Finzi
Sussidiarietà: parola fra le più adoperate oggi nel linguaggio politico o pseudopolitico in Italia e in Europa, che fa immaginare una società di soggetti intenti all'aiuto reciproco e alla collaborazione. Ma che, come tante espressioni abusate, nasconde rischi e pericoli interpretativi. Quasi come una bandiera generica, che però può coprire merci quanto mai diverse.
E infatti le merci, che oggi vengono vendute o contrabbandate sotto il nome di sussidiarietà, sono almeno due. Una per noi accettabilissima, l'altra per nulla. La prima, che potremmo chiamare sussidiarietà organica; la seconda che possiamo definire residuale. Entrambe le sussidiarietà accettano e vogliono una società umana costituita su molteplici livelli organizzativi: la famiglia, il villaggio, l'organizzazione di mestiere o di produzione, la città, la regione o altre circoscrizioni territoriali e così via. Ognuno di questi livelli organizzativi e sociali ha una sua funzione; ma la distinzione fra i due modi di concepire la sussidiarietà sta proprio nel modo di definire e caratterizzare i compiti di ogni organismo.
Per la sussidiarietà residuale tutto nasce e si sviluppa dal basso. Ogni livello deve e può fare soltanto ciò che non è materialmente possibile ai livelli inferiori. Mai la città dovrà o potrà occuparsi di ciò che la famiglia può svolgere compiutamente. Proprio per questo e in questo senso possiamo parlare di una sussidiarietà residuale: in alto si fa soltanto quanto resta dopo che il livello inferiore ha esaurito le sue possibilità operative. In questa visione lo Stato esiste soltanto perché restano alcune funzioni che i livelli inferiori non sono in grado di compiere. La società in tutte le sue forme prevale nettamente sullo Stato. È una concezione liberale, nella quale l'idea liberale è estremamente raffinata e nella quale si tende ad assegnare tutto il possibile ai livelli inferiori. È un modo di concepire la sussidiarietà che è chiaramente antipolitico poiché cerca di riportare tutto il possibile alla cosiddetta società civile e all'individuo. Lo Stato è soltanto un male necessario.
Per la sussidiarietà organica, invece, ogni organismo ha una sua specifica funzione originaria, cosicché ogni livello fa quello che gli compete per sua natura. Se la città non deve violare i diritti della famiglia, questa però non deve cercare di svolgere i compiti organicamente connessi alla funzione della città, che non deve mai rinunciarvi anche se paradossalmente la famiglia fosse pienamente in grado di svolgerli tecnicamente. A differenza di prima, qui si ritiene che esista un livello ottimale di organizzazione politica della vita umana necessario e irrinunciabile, a meno di non voler annullare il nostro stesso essere uomini, quindi "animali politici". Il livello ottimale, cioè lo Stato, la res publica, non è quanto resta dopo avere attribuito alla società civile tutto l'attribuibile, ma è ciò che ci consente di vivere bene e felicemente («ad bene beateque vivendum», come recita una frase diventata già da secoli proverbiale). La res publica è ciò che permette anche ai livelli inferiori di sviluppare al meglio le proprie qualità e le proprie funzioni. La famiglia ha certamente diritti, doveri, funzioni irrinunciabili, ma questi si inverano più altamente quando si sviluppano nel quadro della res publica.
Nella sussidiarietà organica la politica, suprema espressione della vita attiva degli uomini, è conservata ed esaltata al massimo grado. Nella sussidiarietà residuale la distinzione fra i livelli dell'organizzazione sociale è tecnica e artificiale; nella sussidiarietà organica è essenziale e naturale. Questa viene da molto lontano: Aristotele, Cicerone, Tommaso d'Aquino, i grandi spagnoli del cinquecento, i teorici italiani della Ragion di Stato, Giambattista Vico, il fascismo. La residuale nasce più recentemente ed è legata allo sviluppo del pensiero politico strettamente connesso all'economico: Adam Smith, Claude Henri de Saint-Simon, il liberalismo, l'ideologia tecnocratica; un filone insomma sostanzialmente antipolitico.
Nel confondere i due tipi di sussidiarietà sta una trappola, nella quale rischiano di cadere anche molti di noi. Che l'attuale Stato invadente e accentratore, di origine giacobina e rivoluzionaria, sia poco accetto a destra è ovvio. Ma attenzione! Da ciò non dobbiamo lasciarci andare a una indiscriminata avversione per lo Stato in quanto tale al punto di volerlo cancellare in nome delle autonomie e della sussidiarietà, come frequentemente oggi avviene a destra. Cancellando lo Stato a causa dei suoi difetti attuali, rischiamo di gettare via il nostro bene più prezioso: la comunità politica che ci rende compiutamente uomini.