Caso aperto: case chiuse
Merlin: una legge da cambiare
di Salvatore Deidda
Pensava di liberare la donna dalla schiavitù dei bordelli per attirare verso di sé i tanti voti delle femministe dell'epoca: aveva fatto male i calcoli la senatrice Merlin, socialista, anonimo soggetto politico di cui non si trova più traccia dopo l'emanazione della famosa legge del 1958.
Ha fallito in tutti i suoi intenti: mirava a liberare la donna, permettendogli d'esercitare liberamente e senza vincoli verso terzi la prostituzione ma ha ottenuto solamente che migliaia di giovani ragazze, straniere o italiane, venissero costrette a "battere i marciapiedi" da personaggi senza scrupoli, difficilmente controllabili dalle forze dell'ordine per il muro di omertà che regna tra le prostitute e le lacune proprie della legge. Una prostituta può essere fermata solamente se compie in pubblico atti di libertinaggio o che offendano la morale comune. Può essere trasportata in caserma o in questura solamente se non possiede alcun documento d'identità. Solo da alcuni anni, sindaci e prefetti hanno cercato di frenare l'ondata di prostitute con dei divieti di fermata atti a dissuadere i possibili clienti, in attesa che il ministro Jervolino si decida di dar seguito alle promesse fatte all'epoca dei "fattacci" di Milano, cioè revisionare la "legge Merlin".
Secondo aspetto riguarda la tutela sanitaria delle prostitute e della comunità cittadina in cui vivono: per accentuare il carattere liberale del provvedimento, la Merlin e i suoi collaboratori inserirono dei commi in cui si prevedeva che la prostituta fermata dalle forze dell'ordine non potesse essere controllata senza la sua autorizzazione. Questo per non creare discriminazioni tra la prostituta e il cittadino comune. Solamente dopo qualche anno si è aggiunto che in caso di malattia evidente (cioè, con segni visibili a occhio nudo) la donna possa essere sottoposta a visita sanitaria.
La precedente legge (quando esistevano le case chiuse, quindi) prevedeva, obbligatoriamente controlli sanitari per le prostitute che erano munite di un libretto personale in cui venivano annottati i risultati delle analisi. Senza quel libretto o in presenza di qualche malattia o infezione, la donna non poteva lavorare in nessun bordello d'Italia. Le donne, che erano tutte volontariamente prostitute, accettavano, pena la perdita del lavoro e sanzioni legislative.
La Legge Merlin va cambiata, permettendo alle donne che vogliono di esercitarla nelle proprie mura domestiche. Già questo accade: leggete le inserzioni nei giornali con tanto di nome, indirizzo e numero di telefono e capirete quanto è vasto il fenomeno. Permettiamo alle donne di unirsi in cooperative ed esercitare liberamente, con un numero massimo (tre, quattro) per appartamento. Tutto questo avverrebbe sotto il controllo delle forze dell'ordine per impedire attività criminali, del Fisco per tassare eventuali entrate (è nell'ordine di molti miliardi il giro di denaro in Italia) e dell'autorità sanitaria che controllerebbe periodicamente la salute delle donne.
Questa soluzione permetterebbe a tante ragazze di ritrovare quella libertà che oggi non hanno, di rivedere un futuro pieno di sogni, lontano da quei marciapiedi e personaggi che gli hanno rubato la gioventù.