Integrazione e conflitto
Quali sono gli strumenti per limitare razionalmente l'accoglienza degli stranieri?
di Toto Sirigu
Non si può affermare genericamente che integrazione e conflitto siano termini tra loro incompatibili. Esistono infatti diversi gradi di integrazione e diversi gradi di conflitto. Ci stiamo ovviamente riferendo ai diversi aggregati umani.
Si può parlare, ad esempio, di integrazione e conflitto anche con riferimento a due sole persone: non è difficile che nasca un conflitto tra due soggetti, basta una scintilla per un futile motivo; allo stesso tempo non è raro che tra i due soggetti, dopo un eventuale chiarimento, si ristabilisca la convivenza (integrazione). Ci sono però anche esempi di soggetti che mai riusciranno a convivere con altri, quando cioè ogni loro possibile incontro diventa sede di conflitto.
Questi due esempi rappresentano un po' la fotografia di ciò che accade nei rapporti intersoggettivi più o meno dappertutto nell'ambito di una stessa Comunità Nazionale, di una regione, di una provincia, di un comune, di un quartiere, di un qualsiasi gruppo, di una famiglia, di un rapporto a due. Possiamo quindi affermare che l'Uomo, e quindi anche quello italico, ama sia il conflitto che la convivenza (integrazione con gli altri). Ancor più semplicemente ciascuna persona nell'arco della propria esistenza in certi momenti ha preferito in conflitto (o lo ha subito), in altri momenti ha preferito la integrazione (o l'ha subita).
Abbiamo così individuato, escludendo i casi patologici di conflitto perenne, un certo grado di conflitto che va di pari passo con un certo grado di integrazione. Diciamo che questo è ciò che accade sicuramente dentro una Comunità Nazionale in cui si condividono molte cose comuni per Storia, Cultura e Tradizioni. Resta il fatto importante che in questo contesto conflitto e integrazione sembrano diventare strumenti di crescita (quasi uno stimolo ad andare avanti). Se ora in questo ambito nazionale inseriamo la figura dello straniero è evidente che il sistema di quasi-equilibrio creatosi (conflitto/integrazione) si arricchisce di nuovi elementi che automaticamente lo alterano.
Se vogliamo specificare meglio, in base alla nostra realtà, si può dire che l'alterazione è causata soprattutto da un certo tipo di straniero: povero in canna e in cerca quindi di fortuna. L'impatto che costui crea è forte; sono necessarie immediate risposte non solo da parte delle singole classi dirigenti nazionali ma da parte delle classi dirigenti nazionali in concerto tra loro (ci stiamo riferendo ovviamente a quelle dei paesi ricchi. Oggi esse possono, anzi devono, limitare razionalmente l'accoglienza e in più possono, anzi devono, cominciare realmente una seria e coordinata politica di aiuti strutturali a vantaggio dei paesi d'origine di questi disperati.
Però, però, però, il problema scottante riguarda il prossimo futuro: la popolazione residente nelle nazioni "ricche" invecchia sempre più, mentre la popolazione residente nei Paesi "poveri" è sempre più giovane. Siamo di fronte a un problema di sopravvivenza di certi popoli e di certe culture (a partire dalla nostra).
Quando uno muore trascina con se un pezzo di Storia, Cultura, Valori, Comportamenti, e ciò è normale; l'aspetto negativo si presenta allorché non c'è nessuno che in qualche modo raccoglie direttamente un po' di quella preziosa eredità. Sia ben inteso, non è una tragedia, infatti le cose preziose, certi valori, le belle cose sono destinate sempre a riemergere nel Tempo: ci sarà sempre qualcuno disposto anche a ripartire da zero.
È altrettanto chiaro che il nostro compito non può essere quello di favorire il suicidio di massa, il suicidio di una intera cultura: "l'assedio al castello dorato" porterà sicuramente al nostro declino. È perciò molto probabile che in un Mondo che diventa sempre più piccolo (grazie soprattutto alle nuove tecnologie) la soluzione sia quella di pensare a un sistema di quasi-equilibrio (conflitto - integrazione) su basi non solo nazionali ma sempre più supernazionali.
Se vogliamo pensare non come classe dirigente ma come gruppo che vuole solo per l'oggi difendere la propria Storia, Cultura e Tradizione accomodiamoci pure nel "castello dorato" (con possibilità di sopravvivenza nel tempo uguale a zero); se invece vogliamo pensare veramente al futuro usciamo allo scoperto e trasferiamo a chiunque il nostro complesso e prezioso bagaglio di Valori, Storia e Tradizioni. È una nuova sfida da affrontare, molto affascinante, e poco importa se le attuali classi dirigenti su questo sono latitanti; noi non possiamo da oggi diventare corresponsabili del nostro possibile futuro declino o genocidio spirituale e culturale.
Scegliere tra il "Castello" e il "Mare Aperto", questo è il dilemma!
Un gruppo politico militante di destra difficilmente non può non scegliere il Mare Aperto: è il suo luogo naturale, è rischio perenne, è rischio di naufragio, ma... con buone scialuppe di salvataggio...