Sardegna teatro di reminiscenze "neofasciste"
Una tradizione storica ampiamente consolidata ci ha sempre presentato l'Italia del Sud, dopo la caduta del fascismo, come terra finalmente riconquistata alla libertà: le ali di folla che accolgono gli Americani "liberatori" rappresentano per la storiografia nostrana la prova lampante della adesione di quelle popolazioni al potere degli Alleati e del governo Badoglio e la corrispettiva esecrazione nei confronti dei Tedeschi e dei fascisti ancora operanti con la Repubblica di Salò.
A ciò occorre poi aggiungere che gli Americani, a queste popolazioni ridotte alla fame e alla miseria più nera, portavano pane bianco, cioccolata e sigarette in grande quantità.
Il quadro non fu in realtà così idilliaco come si vuol far credere. Per rimanere in Sardegna ecco cosa scrive agli inizi del 1945 un giornale americano di Boston, il "The Christian Science Monitor":
«le razioni di viveri sono più piccole che nel continente», riferito ai minatori sardi, che pure producevano a pieno ritmo circa 100 mila tonnellate di carbone al mese per gli Alleati;
«l'impressionante miseria dei minatori... il maggior numero si reca al lavoro scalzo e va digiuno a letto». E ancora:
«nel settembre del 1943, moti antifascisti si verificarono in molti luoghi, ma i capi militari filofascisti intervennero immediatamente. Pare che gli elementi fascisti siano stati lasciati indisturbati». Ma questo non è vero.
I fascisti clandestini c'erano eccome. Gruppi spontanei si erano costituiti sin subito dopo il 25 luglio: a Cagliari, Carbonia, Iglesias, Guspini, Sassari e Nuoro, almeno per quanto è dato a sapere da fonti pubbliche (rapporto dei carabinieri) o testimonianze di persone che a tali gruppi appartennero.
Il 18 settembre del 1943 in quel di Sassari si costituisce il Partito Fascista Repubblicano Sardo, con tanto di verbale con le relative firme di 15 aderenti. Il gruppo pubblicò un foglio clandestino, "La voce dei giovani", che faceva sì apologia di fascismo, ma svergognava anche certe giovani signore sassaresi "collaborazioniste" degli Americani.
Disgrazia volle che l'elenco degli aderenti al partito fosse trovato addosso al Console della Milizia Giovanni Martini, il quale, con altre persone, a bordo di Mas partito da Olbia, tentava di raggiungere le coste della R.S.I..
Furono arrestati in 19 fra i quali Gavino Pinna (ex presidente regionale dei G.U.F., parlamentare del M.S.I.), Antonio Pigliaru (futuro intellettuale della sinistra sardista), Martino Offeddu (ex federale di Sassari e Nuoro), gli Ufficiali della Milizia Gustavo Scanu, Francesco Bertolotti, Dario Lay, Emanuele Tola e Gino Matzè.
L'unico che sfuggì alla cattura fu un certo Ugo Mattana, divenuto poi famoso regista comunista con lo pseudonimo di Ugo Pirro.
Il gruppo fu giudicato dal Tribunale militare di Oristano (Pubblico Ministero Francesco Coco, assassinato poi a Genova dalle Brigate Rosse). Le condanne furono relativamente miti, dati i tempi.
Ad aprile del 1944 un altro gruppo di 5 militari venne fermato da una torpediniera mentre a bordo di una imbarcazione rubata a Palau tentava di raggiungere le coste della Toscana. Il Questore di Sassari, in un rapporto del luglio 1944, doveva ammettere:
«I fascisti, ancora fermi nelle loro idee e devoti al cessato regime, ostentano inattività per tema di provvedimenti di polizia a loro carico [...], limitandosi a dare segni di sopravvivenza con opuscoletti stampati alla macchia e scritte murali». Opuscoli e scritti che per inciso fecero la loro comparsa anche a Nuoro e Cagliari.
Nello stesso periodo la Questura di Sassari scopriva e sequestrava due pubblicazioni clandestine. Una, intitolata "Resurgo", circolava soprattutto nell'ambiente militare, un'altra, "Il manganello", era un vero e proprio giornale.
Ma se Sassari piange, certo Cagliari non ride: il Comando Regionale dei Carabinieri relaziona a Badoglio nel luglio del 1944:
«Malgrado l'azione degli organi statali e dei comitati di concentrazione antifascista, ancora affiorano manifestazioni di attaccamento al cessato regime. Iscrizioni murali inneggianti all'ex Duce, tentativi di imbarco per il continente da parte di aderenti al governo repubblicano danno la certezza dell'esistenza nell'isola di focolai fascisti che covano desideri di rivincita».
Il Questore di Cagliari minimizza invece il fenomeno, però, solo a Cagliari, tra aprile e giugno del 1944, nove persone vengono arrestate per scritte inneggianti al Duce e alla Germania, e tutti gli ex squadristi residenti a Carbonia vengono "confinati" a scopo precauzionale in altri centri.
Ben maggior potenza d'animo diede alle autorità un gruppo clandestino costituito da ufficiali della milizia, dei vigili del fuoco e dell'esercito, avente sede nella caserma dei Vigili del Fuoco di Cagliari. Il gruppo utilizzava le ricetrasmittenti dei Vigili del Fuoco per trasmettere e ricevere fonogrammi dalla R.S.I. ed era fornito anche di armi, tra cui un fucile mitragliatore. Il gruppo venne scoperto allorché alla fine di aprile del '44 apprestò un tentativo di fuga con una motobarca con destinazione le Isole Baleari. A tal fine erano stati "rubati" agli alleati 1.600 litri di benzina. Furono arrestati un maggiore e un capitano dei vigili del fuoco, un tenente colonnello di cavalleria, tre ex ufficiali della milizia antiaerea di cui due ex squadristi.
Il 1945, malgrado il crollo finale del fascismo di Salò, vide addirittura una reminiscenza del fascismo clandestino nell'isola. Due i fatti che la determinarono: un crescendo di agitazioni popolari determinate dalla riduzione della razione del pane e dall'aumento esagerato del costo della vita; l'altra il richiamo alle armi dei giovani. In tutta l'isola si registrarono oltre 4 mila renitenti con una serie di manifestazioni di giovani che non volevano assolutamente sentirne di combattere per gli Alleati.
A Cagliari, nel gennaio del '45, nel corso di una dimostrazione ci furono duri scontri con le forze dell'ordine culminati con un morto e un assalto alla sede de "L'Unione Sarda".
In Sardegna quindi il fascismo, anzi, come verrà chiamato a guerra finita, il "neofascismo", se pure clandestino, era vivo e vegeto, tanto che "L'Unione Sarda", per bocca del noto esponente comunista Luigi Pirastu, così, agli inizi del gennaio 1946, tuonava dalle colonne dell'Unione Sarda:
«Contro i neofascisti dovrebbe rivolgersi l'attenzione e la severità dei poteri statali [...], la libertà non deve essere concessa a quelli che vogliono servirsene per distruggerla».
Ma il neofascismo era una realtà troppo grossa per poterla ignorare o reprimere, e infatti il governo di allora, con in testa Togliatti, ne tenne conto tanto che ne scaturì la cosiddetta "amnistia Togliatti", che fece uscire dalla galera migliaia di fascisti, e il riconoscimento del M.S.I..
Ma questa è un'altra storia.