L'antisocietà americana
La strage compiuta a scuola da due studenti americani "impazziti": colpa del caso o anche responsabilità di una società priva di valori?
di Andrea Curreli
Si chiamavano Eric Harris e Dylan Klebold, erano Americani e sono morti il 5 aprile 1999, hanno portato con loro quindici vite umane ma ne avrebbero mietuto molte di più se avessero potuto. Non sono, come uno potrebbe pensare a prima vista, due "gloriosi" piloti americani e non sono serbe le loro vittime, essi sono solo due figli dell'America clintoniana e libertaria.
L'America e la sua società mascherata di falso ottimismo si è svegliata attonita con quindici liceali sotto terra e si è chiesta il perché di tutto ciò. Eric e Dylan erano sicuramente dei folli, erano dei ragazzi, come tanti in America, cresciuti a merendine e tv, erano insomma il vuoto. La società che spesso si tira in ballo eccessivamente, stavolta è la maggiore imputata e non perché siano nati al suo interno elementi deviati (beata la società che ne è priva), bensì per il fatto che li ha abbandonati, li ha esclusi e soprattutto non si è neanche degnata di controllarli.
Eric e Dylan odiavano la società in cui erano nati, sentivano vuote le parole di insegnati e genitori, si rivoltavano ai falsi miti che cercavano di imporre loro. Il loro odio è diventato pazzia, i miti di riferimento della loro società sono apparsi loro estranei e per questo li hanno sostituiti con tutto ciò che la loro società maggiormente disprezza e teme.
Mi viene da ridere quando sento i mass media definire nazisti questi due ragazzini e questo perché Hitler era per loro un mito in quanto il maggior nemico della loro società. Forse negli anni ottanta sarebbero stati comunisti, chissà, ma oggi che la società americana continua a far finta che la società multirazziale e multiculturale al suo interno sia perfettamente riuscita, il male diventa Hitler.
«Odiavano i neri e gli sportivi», ci dice la stampa e conferma quello che dico, ossia questi due ragazzini cercavano di attaccare i miti della loro società che li voleva per forza belli come "Beverly Hills" e che si guarda la finale della N.B.A. distruggendo negozi e vetrine. Non sorprende quindi che fossero anche satanisti in una società bigotta e conservatrice nella quale gli antiabortisti sparano in testa ai medici abortisti, nel nome di Dio.
Quando si dice che la società americana non educa e paga amaramente l'assenza totale di una cultura nazionale millenaria che deve necessariamente e continuamente importare dalla cara vecchia Europa, si dice il vero.
La seconda critica che il caso di Eric e Dylan mi fa rivolgere verso gli Americani è rappresentata dalla loro totale incapacità di controllare le tragedie che essi stessi covano accuratamente. Ciò che balza agli occhi di tutti è che quella americana è una società in cui il giusto mezzo non esiste assolutamente. Lo stato permette ai cittadini di armarsi liberamente non perché sia giusto secondo un presunto ideale di una libertà personale, bensì per il fatto che, soprattutto nelle megalopoli, esso sia letteralmente incapace di difendere i diritti della propria comunità e pertanto si trovi costretto a delegare al cittadino questa sua funzione. Ecco perché oggi si parla di un diciassettenne che, esaltato dai film pulp, si arma di pistola e ridendo fa saltare il cervello a un suo coetaneo. Questo è il vero problema: il pazzo nella società americana è un pazzo armato, isolato il tanto che basta per permettergli di fare stragi. Le istituzioni piangono e i genitori e i vicini di casa si domandano com'è possibile che quel caro ragazzino che giurava ogni mattina davanti alla bandiera nel giardino di casa, producesse delle granate in soffitta insieme ai suoi "amichetti".
Qualcuno, lontano dalla spettacolarizzazione della tragedia (americana al 100%), dovrebbe domandarsi come riempire il vuoto di questi ragazzi e non accusare i cantanti e la tv cui essi stessi hanno delegato l'educazione dei propri figli.