Dall'unione tra fascismo e sardismo dovrà derivare
ogni fortuna nell'isola
Lo diciamo senza ironia, figuriamoci! Anzi con un po' di invidia.
Sono passati quasi novant'anni allorché l'ex ufficiale combattente e decorato Avv. Luigi Battista Puggioni scrisse sul giornale sardista "La Voce dei combattenti": «
Lo scopo primo del Partito Sardo di Azione è la formazione salda e compatta di una coscienza isolana illuminata e consapevole che sola ci permetterà di partecipare con frutto alla grande vita nazionale e a quella più grande europea [...]. Per arrivare a tutto questo è necessario spogliarsi di tutte le vuote ideologie d'oltre mare [...] come le democrazie stracciate e camorristiche [...] o come i ladreschi sistemi dei socialisti organizzati».
Appena due anni dopo, i sardisti, su iniziativa di Emilio Lussu, iniziarono le trattative con l'emissario di Mussolini, il generale Gandolfo, trattative che portarono dopo alterne vicende , malgrado la non ancora spiegata marcia indietro di Emilio Lussu, alla confluenza della grande massa dei sardisti nel fascismo, dando luogo a quel singolare movimento chiamato "sardofascismo", assolutamente originale rispetto ai fascismi "squadristici" sorti nel centro-nord e quelli "ministeriali" creati a tavolino dai prefetti, dopo la marcia su Roma, nel sud Italia.
Tant'è che uno storico meridionalista, Giuseppe Barone, nel volume "La Sardegna nel Regime Fascista" afferma: «
L'anomalia o la caratteristica del fascismo sardo è la confluenza del sardismo nel fascismo [...]. A unire combattentismo e fascismo erano certamente la critica alla democrazia parlamentare, una forte vena anti-socialista, antioperaia e antiprotezionista [...]».
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. I sardisti, a partire dal 1944, hanno attraversato innumerevoli peripezie: hanno subito, nel 1948, il teatrale abbandono di Emilio Lussu, hanno conosciuto la "gloria" del potere e assaporato l'amaro delle sconfitte, sperimentato le alleanze più disparate, dalla Dc alla Lega, numerose quanto le scissioni, ultima delle quali quella dei cosiddetti "rosso-mori" accodatisi a Soru.
Eppure sono sopravvissuti a tutte le altre forze politiche nazionali, dalla Dc al Pci, dai liberali ai socialisti, dai missini ai repubblicani. E, in questo 2009, rieccoli, con lo stesso nome e la stessa bandiera dei quattro mori e con lo stesso pallino di novant'anni prima: trovare una forza politica "nazionale" con cui allearsi per poter attuare il loro "progetto" Sardegna. E, come nel 1923, hanno a che fare con un "cavaliere" e con un suo fiduciario che questa volta non è un generale ma un commercialista a nome Capellacci.
L'accordo è presto raggiunto: non si confluisce e soprattutto non si mette in discussione l'autonomia della Sardegna. In compenso appoggeranno il candidato leader del popolo delle libertà. Suggella l'alleanza il regalo a Berlusconi, il dono di una bandiera dei quattro mori. Ovviamente la cosa suscita costernazione e rabbia nello schieramento della sinistra e nello stesso Soru. Si grida allo scandalo, si parla di tradimento, del rivoltarsi nella tomba di Emilio Lussu, dei nuovi sardo-fascisti.
Citare Lussu come fondatore del P.S.d'Az. e come antifascista senza macchia e senza paura significa prendere per i fondelli la storia. Ricordiamo in proposito quanto dice lo storico Luigi Nieddu nel volume "Dal combattentismo al Fascismo in Sardegna": «
Il prossimo congresso regionale (dei combattenti, n.d.r.)
si terrà nell'agosto successivo, ma una nuova presa di posizione di De Lisi e Lussu, a nome della sezione di Cagliari, impedirà non soltanto la fondazione del P.S.d'Az., ma quella di un qualsiasi partito politico»
E ancora, dal discorso di Lussu al consiglio provinciale di Cagliari il 23 gennaio 1923: «
S.E. Gandolfo ha annunciato la fusione tra fascismo e P.S.d'Az.. Il fatto non è ancora compiuto: il certo è che coloro che entreranno nel fascismo vi porteranno la loro intelligenza, la loro passione per la difesa della Sardegna [...], quindi dall'unione tra fascismo e sardismo dovrà derivare ogni fortuna nell'isola»
Quanto a noi ci aspettiamo dai sardisti iniezioni nel centrodestra di dosi massicce di quella cultura sarda che fu al contempo rivoluzionaria e popolare, espressa da quelle grandi figure che hanno il nome di Attilio Deffenu, Camillo Bellieni, Paolo Orano, Giuseppe Biasi, Grazia Deledda, Paolo Pili e tanti altri.