Sopra: lo scrittore e giornalista Giampaolo Pansa
(Casale Monferrato, 1935)
Sotto: il frontespizio del suo ultimo libro
In questi giorni primaverili mi sono imbattuto, un po' per curiosità e un po' per noia, nella lettura dell'ultima opera di Giampaolo Pansa: "La Destra siamo noi, una controstoria italiana".
All'uscita del libro tanti militanti destrorsi hanno giubilato acclamando l'ultima fatica del vecchio cronista, quasi il suo volume fosse una lettura imprescindibile, da qui nasce la mia curiosità (anche il mio scetticismo).
Il quasi ottantenne giornalista piemontese, da sempre considerato vicino alla sinistra, viene annoverato ormai come uno dei principali revisionisti della storia italiana, soprattutto per il suo lavoro in diversi romanzi e saggi volti a rendere giustizia alle crudeltà ed efferatezze della guerra civile che sconvolse l'Italia più di settant'anni fa.
Tornando al suo ultimo libro, Pansa parte da un buon presupposto, ossia quello di ripercorrere le varie fasi della destra italiana dal dopoguerra analizzando diversi personaggi caratteristici nel panorama destrorso.
La premessa è doverosa: come già sopraccitato, Pansa proviene da un ambiente che oggi potremmo chiamare socialdemocratico; eppure negli ultimi anni, forse resosi conto dell'illusione di una sinistra in cui nemmeno i comunisti trinariciuti credono più o dei disastri compiuti dai suoi ex compagni, ha compiuto una graduale migrazione che sembra averlo portato nell'emisfero destro. "Sembra", perché Pansa, nonostante la sua onestà e obiettività, di destra pare aver capito poco o nulla.
Veniamo quindi al libro. La lettura è piacevole e molto scorrevole, senza fronzoli né retorica, lo stile di Pansa è asciutto come si addice a un giornalista di lungo corso. L'autore immagina un dialogo con un fantomatico ex poliziotto novantenne che, dopo essere stato un partigiano bianco, ha lavorato per anni nel Viminale occupandosi prettamente di questioni che avevano a che fare con i vari gruppi politici, sia di destra sia di sinistra.
La figura del dottor Morsi, questo il nome del vecchio sbirro, è inventata (come ammette l'autore nella prefazione), c'è quindi da chiedersi se sono realmente autentiche le informazioni che questo personaggio offre allo scrittore o se siano semplicemente una licenza letteraria volta a rendere più gradevole lo scritto.
Come già detto in precedenza, l'idea è ottima, le premesse ci sono tutte, ma qui il giornalista fa una confusione pazzesca dalla quale non riesce a uscire.
Esistono vari tipi di destre, così come a sinistra: c'è la destra popolare, quella sociale, quella liberale, quella reazionaria e così via, e qui il ragionamento di Pansa fila alla perfezione. Il danno è che non cataloga queste varie anime della destra, ma porta avanti il suo discorso seguendo (nemmeno più di tanto) solo un filo cronologico.
Fa, così, un certo effetto vedere annoverati in questo lungo elenco personaggi come i monarchici Achille Lauro e Giorgio Ambrosoli, i democristiani Mariano Rumor e Mario Scelba oppure ancora i massoni Eugenio Cefis e Licio Gelli. Di certi personaggi che ancora non si comprende che ruolo abbiano avuto in concreto, come la misteriosa squillo di origine ebrea ma di fede missina o il travestito che va a letto con un parlamentare
diccì, si poteva anche fare a meno; su altri invece ben più importanti come Pino Rauti o Giorgio Pisanò, si poteva approfondire un tantino di più.
E mancano all'appello personaggi come Fini, Berlusconi, e - perché no? - un grande intellettuale come Marcello Veneziani. Tutte personalità che in un modo o nell'altro, comunque la si pensi, hanno avuto un ruolo da protagonisti nell'agone della destra italiana. Basti pensare che si può trovare un'analisi più lucida di Matteo Salvini piuttosto che di Indro Montanelli...
Insomma il pantheon della destra pansiana non regge. L'idea è buona, la lettura è molto interessante, ma le ovvietà si sprecano.
Pansa non ci dice nulla di nuovo, ci offre qualche aneddoto curioso ma nulla più.
Niente da dire nei confronti dell'autore che si è cimentato nella scrittura di quattrocento pagine che tengono viva l'attenzione verso una parte politica su cui spesso e volentieri si è sputato sopra. Pansa ha probabilmente voluto ridare lustro a un movimento politico e culturale che sta vivendo un periodo di forte crisi, eppure dopo la lettura del libro l'interrogativo da porsi è: «
La Destra, ma siamo veramente noi?»