EXCALIBUR 87 - giugno 2015
in questo numero

A lezione dalla perfida Albione

Il coraggio delle politiche di destra, arma vincente per i conservatori inglesi

di Angelo Marongiu
Sopra: il premier inglese David William Donald Cameron,
al governo dal 2010
Sotto: l'Europa divisa tra governi di centrodestra e centrosinistra
Incontriamo la presidente dell'associazione Caravella, Antonella Zedda, infaticabile costruttrice di idee e azioni insieme agli altri iscritti

Le recenti elezioni politiche svoltesi in Gran Bretagna sono una fonte preziosa di lezioni per chi vuole imparare qualcosa dagli altri.
Prima lezione.
La tornata elettorale si è svolta in un solo giorno, giovedì 8 maggio. Un giorno feriale, quindi, e senza chiusura delle scuole per più giorni per allestimenti e rituali vari. In Gran Bretagna si è votato anche nei pub e nei camper e la gente - pur indaffarata nelle sue attività quotidiane di lavoro e di studio - si è recata a votare con una percentuale del 67%.
Seconda lezione.
Il venerdì 9 maggio sono stati resi noti i risultati delle votazioni: vittoria di Cameron, smentendo tutti i sondaggi. Lo stesso giorno Cameron si è recato per una visita di cortesia dalla regina Elisabetta - la conferma dell'incarico era infatti scontata avendo ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi - e lo stesso giorno i leader dei partiti sconfitti hanno rassegnato le dimissioni. Consultazioni del Capo dello Stato con i vari partiti e partitini, con le forze sindacali, con gli ex Presidenti della Repubblica, seguiti da quelle meste cerimonie delle dichiarazioni post-incontro con uno che parla (leggendo da un foglietto, non si sa mai!) e gli altri che lo circondano compiti e ben attenti a farsi inquadrare dalle telecamere e via con banalità e banalità, e simili cose? Niente di tutto ciò: una visita di cortesia e subito al lavoro.
Terza lezione.
Il sistema elettorale britannico è un sistema uninominale secco in un unico turno. Diviso il territorio nei vari collegi, in ciascuno di essi viene proclamato vincitore chi ottiene anche un solo voto in più degli altri candidati. Ripartizioni percentuali, conteggio dei resti in campo nazionale, alchimie sul secondo partito escluso dalle ripartizioni percentuali, soglie di sbarramento per partito o per coalizione e altre insulsaggini varie? Niente. Conteggio dei voti e basta. È un sistema elettorale che in Gran Bretagna funziona - invariato da decenni.
In Italia, nel nostro amato paese, non amiamo le cose semplici. Italicum, Porcellum, Mattarellum e la Corte Costituzionale che addirittura scomunica una legge elettorale e, di colpo, crea un esercito di onorevoli abusivi che occupano un seggio che non spetta loro. In settant'anni circa di Repubblica abbiamo avuto decine di leggi elettorali diverse e ogni volta cerchiamo stabilità e governabilità che altre nazioni - che evidentemente preferiscono le cose semplici - hanno già trovato da tempo.
Ora abbiamo una legge elettorale nuova, cucita su misura dell'attuale partito e leader di governo, che darà forse chiarezza e governabilità, regalando con il premio di maggioranza una stabilità artificiale a discapito dell'equità.
E tutto ciò perché occorre dar voce anche ai piccoli partiti e così tutte le sigle che supereranno lo sbarramento del 3% potranno sedere in Parlamento e non conteranno niente se non ricorrendo a salti mortali e ad alleanze contro natura per poter avere potere, visibilità e poltrone.
Certo, in Gran Bretagna c'erano tre soli partiti e ora se ne sono presentati cinque (ben lontani dai nostri venti o trenta per elezione), ma la loro funzione è puramente decorativa e comunque relegata dal sistema elettorale al ruolo di minoranza. Infatti, se i Conservatori di Cameron hanno ottenuto 331 seggi e i Laburisti 232, gli altri due partiti, i Liberali e i secessionisti dell'Ukip, hanno ottenuto rispettivamente 9 ed 1 seggi, funzione appunto squisitamente decorativa. L'altro partito, lo Scottish Party, ha stravinto in Scozia, ottenendo 56 seggi sui 59 disponibili, a testimonianza che le spinte federaliste non vanno eluse, ma accompagnate con riforme sagge e misurate.
E infine l'ultima lezione, forse la più importante. Perché i Conservatori di Cameron hanno vinto, anzi stravinto le elezioni, rovesciando i pronostici che vedevano un testa a testa con i Laburisti?
Per inciso, gli allibratori - perché in Gran Bretagna si scommette su tutto - senza sondaggi, exit poll o alchimie varie, avevano pronosticato la vittoria di Cameron.
I Conservatori si sono presentati a queste elezioni dopo cinque anni di governo.
Ed hanno promesso di tener fede all'impegno che avevano già assunto nel 2010: «Meno Stato, più libertà, più crescita». È semplicemente un atto di coraggio.
Cinque anni fa Cameron prese un paese in piena crisi economica (non dimentichiamo che Londra è la maggior piazza finanziaria del mondo e la crisi finanziaria che ha sconvolto l'Europa non poteva avere che gravi ripercussioni su Londra). Egli cominciò quindi a mettere in piedi una serie di riforme tendenti a sostituire il pubblico con il privato in tutti i settori dell'economia in cui fosse possibile farlo senza perdere di economicità. Fu naturalmente contestato dai sindacati ai quali stava scardinando strategici centri di potere, insorse l'opposizione tutta, scoppiarono dei tumulti a Londra in diversi quartieri, insorse perfino l'Arcivescovo di Canterbury. Cameron tirò dritto. Riforme e austerity, tagli ai contributi ministeriali, licenziamento di statali, congelamento dei sussidi ai disoccupati: le lacrime e il sangue di vecchia memoria hanno di nuovo colpito la Gran Bretagna. Ma questi miliardi tolti dalle aree improduttive sono serviti a finanziare le nuove imprese soprattutto private, che hanno allargato i loro orizzonti e hanno ripreso ad assumere.
Nonostante questo lustro di sacrifici, gli elettori britannici alla fine lo hanno ripagato, distogliendo i voti anche dai Liberali che pure avevano programmi simili.
Certo, Cameron aveva dalla sua risultati formidabili: la disoccupazione quasi fisiologica al 5,4% e una stima al 5,1% nel 2016, una previsione di crescita del Pil pari al 2,7% nel 2015 e 2016.
Se la confrontiamo con la nostra disoccupazione al 13% e la nostra stitica previsione di crescita pari allo 0,6% nel 2015 e 1,2% nel 2016, ci rendiamo conto di quale abisso culturale e politico ci separi da quel paese.
Nessuna ridistribuzione di ricchezza ai ceti più deboli: per ridistribuire ricchezza bisogna prima produrla (il nostro Renzi ha elargito alle sue sacche elettorali la mancetta di 80 euro aumentando semplicemente le tasse) ed è infatti questo l'obiettivo di Cameron, che ha promesso il congelamento dell'attuale tassazione.
Qualche tempo prima delle elezioni ha infine varato una riforma che per noi suona come un sacrilegio: a 55 anni gli Inglesi potranno scegliere se ritirare i contributi versati al fondo di Previdenza per le pensioni e quindi rinunciare alla stessa, oppure lasciarli e godere della pensione alla fine del lavoro. Ovviamente non è un obbligo ma una semplice possibilità.
E lo ha comunicato a voce, non con un "tweet", tipico atteggiamento ossessivo-compulsivo da adolescente non cresciuto.
Che sacrilegio: Renzi e tutti i cataplasmi della sinistra non lo avrebbero mai permesso. Certo, è vero, i soldi sono dei lavoratori, ma se in Italia si dovesse aver bisogno di qualche "tesoretto" ecco dove andare a prenderlo.
Alla faccia delle promesse e degli impegni assunti dallo Stato nei confronti dei pensionati.
Del resto è colpa loro se sono ancora vivi.
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