Il quotidiano "L'Unione Sarda" ha in corso di pubblicazione una collana di 20 volumi dedicata a 19 pensatori sardi (a Gramsci sono stati dedicati 2 volumi) dell'800 e del '900.
Attività certamente meritoria, anche se ci sarebbe da discutere sul criterio di scelta dei personaggi, e non tanto per il prevalere degli intellettuali ben connotati ideologicamente e politicamente, con tanto di tessera di partito in tasca, e l'esclusione pressoché totale di tutti quelli che, pur essendo di spessore, furono in qualche modo "collusi" col fascismo. Solo per citarne alcuni: Paolo Orano, Cipriano Efisio Oppo, Edgardo Sulis, Ettore Pais, Stanis Ruinas.
Quanto per avere, nella stessa area, escluso dei "grandi" e privilegiato dei "mediocri".
Poiché è antipatico, nonché soggettivo, fare i nomi dei "mediocri", ci chiediamo: perché sono stati preferiti a un Antonio Pigliaru, a un Camillo Bellieni o a un Carta-Raspi?
Ciò che invece è abbastanza eclatante non è che in un siffatto Pantheon di pensatori sia stato incluso il Prof. Del Piano, quanto che nel profilo biografico, quasi en passant, è stato scritto: «
Ancora studente, dopo l'8 settembre 1943 aderisce alla repubblica di Salò, arruolandosi come ufficiale dell'esercito. Dopo un periodo di prigionia nel campo di concentramento di Coltano, nei pressi di Pisa, creato dagli Alleati per i prigionieri di guerra della Rsi, rientra con la famiglia a Como».
Notizia certo non clamorosa, per quanto storicamente documentata solo nel mio libro sul fascismo clandestino in Sardegna, e da lì presa dal biografo di Del Piano, ma accuratamente taciuta non solo quando il protagonista era in vita ma anche dopo la sua morte.
Se si va a vedere il ponderoso volume del 2012 "La ricerca come passione - studi in onore di Lorenzo Del Piano" a cura di Francesco Atzeni, si nota come la biografia dello studioso sia totalmente carente.
Tutto ciò è perfettamente comprensibile e tipicamente sardo, dove stima, amicizia, affetto, hanno sempre la meglio sull'appartenenza ideologica o partitica. Per cui il dilemma di dover esaltare l'uomo per la sua grande levatura e doverlo condannare per la sua appartenenza ideologica e partitica è risolto tacendo e ignorando il secondo aspetto.
Ciò per certi aspetti è anche encomiabile, ma esecrabile da un punto di vista culturale. Non esiste infatti una dicotomia tra l'agire umano e il suo pensiero. All'atto pratico non si capisce compiutamente un pensiero se non si conosce la vita del pensante.
Non è possibile comprendere il pensiero gramsciano ignorando che Gramsci fu leninista e comunista. Noi di Excalibur, e io in particolare, dobbiamo molto a Del Piano, che ci ha molto onorato in termini di amicizia, di sostegno all'associazione "Vico San Lucifero", di condivisione delle nostre battaglie culturali.
Pertanto è giusto e doveroso tracciare un profilo biografico di colui che orgogliosamente consideriamo l'unico grande storico e intellettuale "d'area" di questo dopoguerra.
Lorenzo Del Piano nacque a Cagliari il 22 marzo del 1922. Il padre Alberto fu tra i fondatori del fascio cagliaritano e fu quello nelle cui braccia cadde il corpo del giovane fascista Battista Porrà, ucciso nel corso della manifestazione di fronte allo studio di Emilio Lussu, dopo l'attentato a Mussolini, nel 1926.
Si trasferì a seguito del padre, che era funzionario della Banca d'Italia, prima a Cuneo e poi, nel 1937, nella città di Firenze. Mentre frequentava il liceo di quella città, in conseguenza di un episodio spiacevole (fu malmenato da un gruppo di fascisti per non aver salutato il gagliardetto nel corso di una sfilata di partito), aderì a un gruppo antifascista che faceva capo a una docente del liceo classico "Michelangelo", la Prof.ssa Porciani.
Dopo l'8 settembre, il reparto della milizia universitaria di cui faceva parte, per un pelo non si scontrò con una formazione tedesca. Ma ciò che indusse Del Piano a schierarsi dalla parte sbagliata, fu il rifiuto di far proprio l'assunto del gruppo antifascista fiorentino (e non solo di quello), che la caduta del fascismo dovesse inevitabilmente passare per la sconfitta dell'Italia.
Aderì quindi alla R.S.I. e, dopo aver frequentato, col fratello Michele, la scuola allievi ufficiali (probabilmente quella di Lucca), fu assegnato al btg. "Pontida" della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana), che combatté in Piemonte contro le formazioni partigiane.
In quel frangente la famiglia Del Piano si traferì a Como, ove il padre ricoprì l'incarico di dirigente della locale federazione fascista.
Dopo il 25 aprile, per fortuna («
mi diedero solo un po' di botte», commentò con me), il suo reparto si arrese a una formazione di partigiani bianchi. Detenuto presso un campo di concentramento a Novara, fu poi consegnato agli Alleati, che lo tennero nel campo di Coltano (Pisa) per tutto il 1945.
Rientrato in Sardegna, per qualche tempo, insieme al fratello Michele, fece parte, a Cagliari, del gruppo fascista clandestino che faceva capo a Mario Pazzaglia. Nel 1947 fu assunto presso la redazione del "Quotidiano Sardo", d'area cattolica, diretto da monsignor Lepori.
Per un periodo non lungo fu funzionario della Regione Autonoma della Sardegna. Su sollecitazione della Prof.ssa Paola Maria Arcari, notissima intellettuale di destra (fece anche parte dell'Inspe, l'istituto cultuale del Msi), preside della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Cagliari, intraprese la carriera universitaria come allievo del Prof. Tagliacozzo, ordinario in storia del Risorgimento.
Successivamente divenne ordinario in storia contemporanea presso la facoltà di lettere.
Della sua vastissima produzione storica incentrata soprattutto sulle grandi questioni che interessarono la Sardegna dell'800 e del 900, vogliamo qui citare quelle opere che, pur nell'assoluto rigore scientifico, riflettono "l'ideologia" di Del Piano: "Attilio Deffenu e la rivista 'Sardegna'", "Signor Mussolini... Umberto Cao tra Sardismo e Fascismo", "L'eresia di Berto Ricci, ovvero il 'fascismo impossibile'", "I discorsi di Mussolini nel suo quarto viaggio in Sardegna (1942)", "La Carta di Macomer e la carta del Carnaro", con F. Atzeni, "Intellettuali e politici tra Sardismo e Fascismo", "Gioacchino Volpe e la Corsica e altri saggi", "La penetrazione Italiana in Tunisia".
Negli ultimi anni della sua vita aveva focalizzato la sua attenzione su uomini e problematiche del Sardo-Fascismo.
Suo grande desiderio era quello di far ripubblicare il volume di Paolo Pili, "Grande Cronaca - minima Storia", del 1946.
Conobbi Del Piano nel 2001 allorchè lo interpellai affinché tenesse una conferenza su Attilio Deffenu presso la nostra associazione di "Vico San Lucifero". Entrammo subito in sintonia e amicizia. Penso di essere stato l'unico a cui abbia raccontato la sua esperienza di Salò. Dal suo canto mi consigliò di approfondire il discorso sulla rivista del Guf cagliaritano "Sud-Est".
Ebbe con me discussioni sulla stesura del libro "I Sardi a Salò", che incoraggiò e che ebbe modo di leggere e apprezzare pochi mesi prima della sua morte, avvenuta nel 2009.