Sopra: il comico francese M'bala M'bala Dieudonnè
Sotto: la leader di destra Marine Le Pen
Quando ancora non erano stati localizzati e poi uccisi gli autori (veri o presunti) della strage alla redazione del Charlie Hebdo dello scorso 7 gennaio a Parigi, anche in Italia si è subito levato, corale, l'appello alla mobilitazione contro il presunto attacco all'Europa cristiana e alla libertà di espressione.
Eppure, almeno a destra, anche una conoscenza superficiale del settimanale satirico dell'estrema sinistra francese avrebbe potuto indurre maggior cautela nelle dichiarazioni belliche di commentatori e politici nostrani, evidentemente ansiosi di partecipare alla sceneggiata ecumenica virale del
#jesuischarlie che ha invaso le strade di Parigi e milioni di bacheche di tutto il mondo con post e tweet sui social network.
Non interessa indagare, almeno in questa riflessione, la dinamica dei tragici fatti parigini e le ipotesi - a mio modesto avviso, tutt'altro che infondate - di un'operazione in stile "false flag", ossia ideata, o quanto meno non osteggiata, dagli apparati di sicurezza francesi.
Ma - ammesso e non concesso che gli autori materiali della strage al Charlie siano stati effettivamente i due fratelli Chaouki e che le loro intenzioni fossero proprio quelle di vendicare l'onore dei Mussulmani, offeso dai blasfemi ideatori delle vignette contro Maometto - l'Europa cristiana in quanto tale con l'attacco "islamista" non c'entra evidentemente nulla. E, detto francamente, neppure la tanto sventolata (a sproposito e a intermittenza) libertà di espressione.
Il fogliaccio anarco-trozkista, infatti, era (è) animato da un odio luciferino contro la religione cattolica e i suoi simboli più sacri, come dimostrano le tante vignette ivi pubblicate e sconfinanti ampiamente nel vilipendio osceno e irresponsabile. Dunque, gli alfieri defunti del laicismo sfrenato non si dedicavano affatto a una satira caustica e irriverente senza guardare in faccia a nessuno, volta a suscitare, scandalizzando, un dibattito, ma miravano precisamente a colpire e irridere le due grandi religioni monoteiste dell'Islam e pure del Cristianesimo, escludendo - ça va sans dire - l'Ebraismo.
Quindi, che la Destra e la gran parte del mondo cattolico italiani possano aver scambiato il doveroso rispetto per le vittime e la legittima partecipazione al cordoglio per la strage parigina (a cui, purtroppo, si è aggiunta quella al supermercato kosher) con l'identificazione tout court nella fucina del peggior anticlericalismo europeo, è la manifestazione di un increscioso corto circuito prodotto da almeno due fattori.
Da un lato, il conformismo indotto da un certo modo di vivere la comunicazione dei e nei mass media odierni, che porta a commentare le varie notizie spesso senza il necessario approfondimento e sulla scia dell'emotività e la popolarità dell'hastag di turno; dall'altro, il riflesso condizionato fallaciano (nel senso dello scrittore Oriana Fallaci) che automaticamente porta una certa destra
law & order style a vagheggiare di crociate "cristianiste". Ovvero del cristianesimo senza Cristo, con la ingenua e presunta difesa di crocifissi meramente ornamentali e di chiese opportunamente svuotate dai fedeli grazie al laicismo imperante che, dopo aver fatto arrivare in Europa milioni di immigrati musulmani, ora cerca di farli passare come il nemico pubblico numero uno, la causa principale della decadenza spirituale e culturale del Primo mondo.
Un fondamentalismo laicista quello di Charlie Hebdo, che rispecchia perfettamente l'ideologia dominante in Francia e che si è palesato in tutta la sua ipocrisia e arroganza allorquando, in primo luogo, il presidente della repubblica massonica Hollande ha indetto, all'indomani della liquidazione dei terroristi islamisti, una "grande marcia repubblicana" con la rimarcata esclusione di Marine Le Pen, leader di quel partito contro il quale proprio Charlie Hebdo si era accanito, raccogliendo oltre 173.000 firme
gauchiste per chiederne lo scioglimento.
Non pago il governo socialista francese, fatto ancor più grave, ha fatto arrestare il noto comico Dieudonné per un suo commento di cattivo gusto su Facebook, interpretato in modo draconiano e folle dagli inquirenti repubblicani come "apologia di terrorismo". Vale la pena ricordare che il comico francese passa per essere antisemita: non si può criticare la politica israeliana o fare satira sull'Olocausto, senza incorrere nell'accusa infamante per eccellenza e nel reato di vilipendio dell'ultima religione rimasta in Occidente.
Lo sa bene il disegnatore Siné, licenziato nel 2008 dal settimanale libertario per aver osato ironizzare sulla presunta volontà di conversione all'ebraismo del figlio di Sarkzozy.
In conclusione, la libertà secondo i laicisti alla Charlie Hebdo è quella di manifestare solo e soltanto le idee che essi ritengono conformi a quella Verità di cui pretendono di essere fedeli depositari e vendicativi custodi. Una concezione all'apparenza contradditoria e assurda ma, in realtà, coerente con la radice totalitaria degli Immortali Princìpi della Rivoluzione francese, a cui si deve l'uso pedagogico e di massa della ghigliottina e il primo genocidio in Europa, quello nella cattolica Vandea. È il caso di ricordarlo, specie adesso che in Italia si va restringendo pericolosamente la libertà di espressione, con la probabile aggiunta di nuovi reati di opinione, contenuti dei disegni di legge in discussione in Parlamento, sulla cosiddetta omofobia e sul cosiddetto negazionismo.
Come se la legge Scelba e il decreto Mancino non fossero stati sufficienti a sfregiare la tanto decantata libertà nel nostro martoriato Paese.