12 settembre 2011, flottiglia Nato nel porto di Cagliari: il cacciamine turco "TCG Hasanpasa" e, sullo sfondo, il cacciamine spagnolo "Duero". Della formazione facevano parte altre unità navali turche e tedesche
La produzione libica di petrolio ammonta a 1,8 milioni di barili al giorno, mentre le sue riserve di greggio sono valutate dall'Opec in ben quarantadue miliardi di barili.
Gheddafi nel 1969 aveva nazionalizzato la produzione di petrolio, affidandone la gestione alla società statale Noc. Ma nel corso degli ultimi anni, aveva permesso che diverse società straniere, soprattutto italiane, francesi e inglesi, collaborassero all'estrazione del petrolio. Un mercato interessante, considerato che la Libia è il quarto produttore africano di petrolio dietro la Nigeria, l'Algeria e l'Angola. La guerra del 2011 ha gravemente rallentato l'estrazione del petrolio, e si prevede che la piena produzione potrà riprendere soltanto fra due anni, nel 2013.
Anche il gas naturale rappresenta per la Libia un'importante risorsa. Sempre l'Opec valuta le riserve di gas libico in ben 1.540 miliardi di metri cubi, una cifra davvero colossale. Prima della guerra esportava 10 miliardi di metri cubi all'anno, oggi l'esportazione è quasi completamente bloccata.
Alle fonti energetiche libiche sono interessati, in diversa misura, molti paesi, che attendono di conoscere gli sviluppi della Libia nel dopo Gheddafi. Naturalmente, la parte più consistente delle riserve naturali libiche sono ormai ipotecate dalla Francia e dalla Gran Bretagna, che getteranno sul tavolo il costo del loro intervento militare "di liberazione" dal tiranno. Questo, in ogni caso, non significa che gli altri Paesi "energivori" non se ne potranno assicurare una parte.
L'Italia, ad esempio, spera ancora di poter tornare a essere un partner privilegiato nell'interscambio libico. La Cina, a sua volta, ha nel Paese più di trentamila tecnici, che lavorano nei settori dell'energia e delle opere pubbliche, e certamente non vorrà assistere inerte allo sviluppo della sua economia post bellica.
Anche la Turchia, che sulla Libia vanta un passato coloniale prima che con la guerra italo-turca l'Italia ne prendesse il posto, non vuole rimanere estranea. Ha partecipato attivamente alle operazioni militari in ambito Nato con squadriglie navali e caccia-bombardieri, e in queste settimane si è assunta l'onere di lanciare, sulle città martoriate dai combattimenti, tonnellate di viveri e materiali sanitari per soccorso umanitario.