EXCALIBUR 66 - ottobre 2011
in questo numero

Libia: la rivolta delle tribù: quale futuro?

L'incognita delle divisioni tribali nel futuro della Libia. Una nuova Somalia?

di Angelo Marongiu
Sparito quest'uomo, quale sarà il futuro della Libia?
Uno stato poco abitato, ricchissimo di petrolio, che - grazie ai suoi introiti - ha consentito progressi enormi nell'ultimo mezzo secolo, liberandosi così delle strutture più arretrate. I 6,5 milioni di abitanti della Libia (estesa più di sei volte l'Italia) godono di un reddito medio pari a circa 16 mila euro l'anno, uno dei più alti dell'Africa.
Eppure, al di là delle ricchezze che il petrolio ha portato al paese, ciò che colpisce in questi giorni incerti e confusi, è l'estrema fragilità delle fondamenta sulle quale la Libia ha poggiato la sua esistenza. Non una suddivisione su base territoriale (Cirenaica, Fezzan, Tripolitania unificate sotto il colonialismo italiano e poi sotto la monarchia di Idris), ma una suddivisione su base tribale: Warfala, Zuwayya, Tuareg e poi Abu Liali, Tebu, Al-Awaqir, Masamir, Qadhafah e altre, fino a contarne oltre un centinaio. E, sotto le tribù, i clan.
La tribù (cabila) è infatti l'unica istituzione che da secoli ha governato la società delle popolazioni arabe (retaggio della dominazione turco-ottomana), e questo sistema è stato fortemente incoraggiato da Gheddafi, che in tal modo ha ostacolato la nascita di una società civile e impedito la creazione di istituzioni pluralistiche e democratiche. Dopo aver inizialmente cercato di eliminare la definizione della popolazione nelle tribù di appartenenza e non riuscendo a eliminarle completamente, Gheddafi ridefinì lo Stato in regioni che non corrispondevano all'antica suddivisione tribale. Ma il senso di appartenenza originario ha resistito a questo tentativo di ridefinizione e ha fatto sprofondare il Paese nella corruzione più totale e ora sta pesantemente segnando il futuro della Libia.
Le tribù rappresentano il passato che ritorna: hanno rotto ormai quel patto che era uno dei pilastri fondamentali del potere che Gheddafi deteneva da oltre 40 anni; a queste tribù appartiene l'85% dei Libici, e sono loro a essersi sollevate con un senso di identità squisitamente etnica: non i giovani intellettuali e le masse operaie (soprattutto straniere), ma popolazioni che basano la loro identità in un semplice segno di appartenenza ancestrale, e che stanno assestando l'ultimo colpo al rais. È con loro che occorrerà fare i conti nella futura Libia, sperando che lo Stato non si frantumi e che quindi non nasca una nuova Somalia.
Non a caso la rivolta è partita da Zintan, città a sud di Tripoli, controllata dall'omonimo clan vicino ai Warfala. E anche l'ex braccio destro di Gheddafi, l'ex premier Abdelsalam Jallud appartiene al clan dei Maghariba, affiliati ai Warfala. In questo gioco di ridefinizione delle alleanze, partito dopo l'inizio della sommossa, man mano sempre più estesa, si è manifestata l'adesione di una parte dei Tuareg, i cavalieri del deserto, forti di oltre mezzo milione di appartenenti.
E così, dopo la rivolta dei Warfala, che controllano la parte sud-occidentale del paese lungo il confine con l'Algeria, quella degli Zuwayya, che si trovano nella zona strategica del deserto libico, e infine quella dei Tuareg, che stanziano nel sud desertico del paese, resistono fedeli al rais solo i Qadhafah, insediati a sud di Sirte, sua unica roccaforte, in una fascia centrale stretta tra le altre fazioni ribelli. Destinata quindi, prima o poi, a soccombere.
Intanto, si sono riunite a Parigi oltre sessanta delegazioni a sostegno della Libia. Il principale obiettivo è quello di far ripartire la sua economia e dare sostegno durante l'inevitabile periodo di transizione.
E, in un'intervista alla tv araba al-Jazeera, lo sceicco Ahmed al-Salabi, leader degli islamici libici, ha dichiarato che il premier del C.N.T. (Consiglio nazionale di Transizione), Mahmoud Jibril, vuol realizzare una nuova dittatura in Libia e quindi deve dimettersi. Ha anche aggiunto che Jibril e gli attuali dirigenti del C.N.T. facevano parte del passato regime e che hanno semplicemente cambiato casacca.
Forse è presto per definirla una rottura, ma sicuramente il fronte dei ribelli mostra qualche crepa: segnale inquietante di una guerra che sembrava finita tante volte e che invece - almeno per ora - continua stancamente.
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