Sopra: "Ricordati di vivere" di Pierre Hadot
Sotto: Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832)
Per una volta lasciamo la politica al suo destino, dimentichiamo Berlusconi, Casini, Bersani, Di Pietro e via discorrendo e occupiamoci di qualcuno di più importante. Noi stessi.
Mi ha sempre emozionato la nota poesia di Quasimodo, dalla sua raccolta "Acqua e terra":
Ogni uomo sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
È lo struggente tema della solitudine che colpisce ogni uomo, solitudine che l'amore e il tempo possono soltanto affievolire. La felicità - quell'essere trafitti da un raggio di sole - quando arriva, dura solo un attimo, poi è subito sera, tutto è finito.
La parabola della nostra vita è descritta in questi tre semplici versi abbelliti da una sola rima, che ci fanno passare, con una rapidità dolorosa, dalla luce della felicità al buio della morte.
E allora cosa fare di quel breve attimo che è la nostra vita, sospesa tra la luce del sole e l'oscurità della sera?
C'è una brevissima strofa di Goethe che dice:
Vuoi vagare sempre altrove?
Guarda, il bene è lì vicino.
Impara soltanto ad afferrare la felicità,
perché la felicità è sempre dove sei.
È appunto a Goethe che si ispira l'ultimo libro di Pierre Hadot, "Ricordati di vivere. Goethe e la tradizione degli esercizi spirituali" (editore Raffaello Cortina, collana Scienza e Vita, 2009 - 19,50 euro).
Pierre Hadot è un filosofo e scrittore francese: ha diretto "L'école pratique des hautes ètudes" per oltre vent'anni e si è sempre interessato di filosofia antica, soprattutto quella greca. Nel suo precedente volume sullo stesso argomento, "Esercizi spirituali e filosofia antica" (Einaudi, 2005), sosteneva che la filosofia fosse nata nell'antichità greca come "stile di vita", saggezza intesa come "saper vivere".
Come i Greci, anche Goethe era convinto della necessità di vivere nel presente, di cogliere la felicità nell'istante, senza perdersi nella nostalgia del passato o nella speranza (illusione) del futuro.
Faust diceva «
solo il presente è la nostra felicità». Goethe diventa così il legame tra la filosofia antica e quella moderna. Quel "saper vivere nel presente" serve a dimenticare quello che non c'è più e quello che non c'è ancora: solo il presente può darci una felicità reale e non immaginaria.
Seneca diceva in una lettera a Lucilio che «
la vita dello stolto [...] è tutta protesa verso il futuro».
È lo stesso Seneca che nel suo "De brevitate vitae" ci ammonisce che il tempo è il bene più prezioso dell'uomo ed è anche quello che viene più facilmente dissipato. E il mondo è pervaso da masse di uomini affaccendati nell'inseguire brama di potere e di ricchezza, incapaci però di rendere fecondo ogni attimo dell'esistenza e di far sì che ogni giorno che passa si trasformi in una vita.
Il segreto della vita - per Hadot - è vivere ogni attimo della nostra esistenza come fosse l'ultimo ma soprattutto come fosse il primo.
Non meravigliarsi più delle cose è l'inizio della vecchiaia, la malattia che non ha cure.
Governati dal caso e dalla sorte, dall'eros e dalla necessità, come possiamo districarci tra queste forze in conflitto?
Nell'"Elegia di Marienbad" Goethe ci dà un semplice consiglio: «
guarda l'attimo negli occhi», poiché la vita non ci darà altro. Ogni attimo ha un valore infinito, poiché esso è l'eternità nella sua interezza.
Non è solo un
memento mori ma soprattutto un
memento vivere. È la consolazione della filosofia, vestita dalla poesia. Per Goethe la felicità inseguita dai saggi non è un fatto naturale, ma una conquista: ed essa è rappresentata dalla Poesia.
E allora, "guarda l'attimo".
Questo libro è molte cose: è un saggio intorno alle fonti antiche, che Hadot conosce come pochi; è anche uno splendido ritratto di Goethe ed è anche una sorta di breviario personale, nel quale egli descrive le esperienze di cui parlano gli stoici, Epitteto, Seneca, gli epicurei, Lucrezio, Goethe, Spinosa.
È soprattutto una boccata d'aria pura, che ci fa dimenticare i miasmi e le meschinità della nostra politica quotidiana.