L'0n. Publio Fiori
Caro Presidente,
ho ricevuto la Tua comunicazione relativa all'imminente convegno che si terrà a Cagliari con il suggestivo titolo "II libro nero del comunismo italiano". Desidero congratularmi con Te e con gli amici de "La Fiaccola" per la qualità dell'iniziativa, avvalorata dal prestigio dei relatori e dall'interesse che un tema del genere inevitabilmente comporta.
In effetti, nel mondo intero e in Italia in particolare, i conti con il problema - storico, politico, etico e culturale - costituito dal comunismo non sono ancora stati fatti, se non in minima parte. Anzi. si può affermare che se esiste una
damnatio memoriƦ su quelle vicende, essa piuttosto colpisce gli oltre cento milioni di vittime che l'ideologia e i regimi marxisti hanno fatto. Recentemente, senza che nessuno abbia avuto da ridire, un noto giornalista progressista ha ironizzato sui «
mucchietti di ossa cambogiane» fatti vedere in televisione da Antonio Socci. Evidentemente, la scelta del conduttore di Excalibur era "politicamente scorretta" e le vittime di Pol Pot meritevoli di essere ridicolizzate. Ma pensate un po' se affermazioni simili fossero state usate per denigrare altri cadaveri di altre vittime di altri totalitarismi!
Esiste, quindi, un problema di coscienza e di consapevolezza rispetto a un fatto epocale e terribile, tuttora in gran parte rimosso. Problema ben presente, come sappiamo, anche (o dovrei dire soprattutto?) da noi in Italia. Ove si trascura il comunismo come fenomeno mondiale e si tiene ben chiuso in cassaforte quel "libro nero del comunismo" nostrano evocato dal titolo di questa manifestazione.
"Libro" che, se debitamente letto e studiato, ci fornirebbe dati, informazioni e retroscena quanto mai stimolanti e in alcuni casi sorprendenti. "Libro" che, in buona parte, è ancora lungi dall'essere completato. Ad esempio, a proposito della "vicenda Gramsci" di cui si accenna nel sottotitolo del convegno, e che certo può innanzitutto appassionare un uditorio di suoi conterranei, si potrebbero approfondire questioni ancora oscure, come ad esempio il ruolo in essa giocato da certi personaggi che Massimo Caprara cita nel suo saggio su "Gramsci e i suoi carcerieri". Si tratta, cioè, di capire le mosse che hanno portato, nel dopoguerra, alla cosiddetta "egemonia gramsciana", determinare i suoi sponsorizzatori, chiarire la funzione esercitata da elementi della cultura oligarchica di stampo azionista quali Sraffa e Mattioli. Operazione storiografica attualissima, dunque, poiché si lega con l'attuale contesto politico e culturale in cui, dietro la regia degli stessi padrini, il comunismo non scompare, ma subisce una metamorfosi in senso nichilista e neopagano. L'indagine del passato, dunque, si congiunge con l'analisi dell'attualità.
Capire e decriptare la storia significa chiarire il tempo presente. Questo, mi pare e mi auguro, è il senso più profondo e pregnante di questo convegno. Per il quale, complimentandomi ancora coi suoi organizzatori, auguro a tutti - relatori e pubblico - un buon lavoro.