EXCALIBUR 42 - maggio 2003
in questo numero

Una strada per l'assassino, non un liceo per il filosofo

L'ennesimo paradosso causato dall'egemonia culturale di sinistra

di Gianfranco De Turris
Il filosofo Giovanni Gentile
In un "governo ideale" della Repubblica Italiana, i cui componenti sono stati scelti fra gli uomini politici e di cultura degli ultimi centocinquant'anni, il ministro della Cultura sarebbe Benedetto Croce e il ministro dell'Istruzione sarebbe Giovanni Gentile. Una intollerabile provocazione della destra? No, la scelta effettuata da otto storici di diverse tendenze e pubblicata su "Sette", il supplemento del "Corriere della Sera", il 15 maggio scorso. A quanto pare gli storici sanno mettere da parte l'ideologizzazione estrema che condiziona ancora faziosamente i ragionamenti dell'Ulivo e della Sinistra Giovanile, chiusi ancora negli schemi di una guerra civile perpetua e da perpetuare. Giovanni Gentile viene dunque considerato l'artefice della migliore riforma dell'istruzione che abbia mai avuto l'Italia, quella riforma che ha creato una serie infinita non solo di personalità eccezionali, ma soprattutto una classe dirigente e professionale che è stata la spina dorsale di questo paese almeno sino alla catastrofe scolastica iniziata nel 1968. Altro che «minaccia all'istituzione scolastica italiana» come si legge nell'appello del Comitato per l'Ulivo!
Quanto detto potrebbe chiudere ogni e qualsiasi discussione polemica circa la legittimità e la bontà della scelta del Consiglio provinciale di Cagliari d'intitolare al filosofo una nuova scuola: gli aspetti politici del suo pensiero non possono mettere in ombra, o addirittura negare e far considerare secondari, gli aspetti dell'educatore, del riformatore, del pensatore, del filosofo e dell'organizzatore culturale, citato in tutti i manuali scolastici, riconosciuto all'estero, studiato dappertutto. Le "colpe" che la Sinistra Giovanile gli attribuisce in un intervento del 13 maggio sono una cattiva copiatura in pessimo italiano delle tesi esposte su "L'Unità" del 23 aprile (unica lettura, evidentemente, di questi ragazzi) dall'assessore alla cultura del comune di Firenze per giustificare in qualche modo una iniziativa che - questa sì - è veramente un affronto al nostro essere Italiani.
L'Italia è infatti una nazione veramente unica al mondo, io credo. L'unica da quel che mi consta che dedica una strada (a Pontassieve) e una piazza (a Firenze) a un assassino e non all'assassinato. L'assassino non di un tiranno, non di un dittatore, non di un carnefice, non di un boia, ma di un pensatore inerme: Bruno Fanciullacci, cui è stato dato questo onore, fece parte del commando partigiano e probabilmente fu proprio lui ad ammazzare Giovanni Gentile davanti alla sua villa il 15 aprile 1944. Pistola contro filosofia, pallottole contro idee. Penso che sia una vergogna, non giustificabile da alcun artificio dialettico, ma solo dalla volontà della sinistra italiana di rinfocolare gli odi e le tensioni di sessanta anni fa e di ridar vigore all'antifascismo, unico reale collante che la unisce e perenne ricatto nei confronti del centrodestra.
Se si dovessero seguire sino in fondo i ragionamenti che vorrebbero impedire d'intitolare a Giovanni Gentile la nuova scuola, non si dovrebbe nemmeno osare di proporre il nome di Antonio Gramsci: le sue idee, le sue teorizzazioni non sono forse alla base di un certo P.C.I.? Togliatti non si rifaceva a Gramsci? Il comunismo non ha sulla sua coscienza un centinaio di milioni di morti? Eppure in Italia esistono vie e piazze intitolate non solo a Togliatti e Gramsci, ma anche a Marx, a Lenin, a Stalin. Se Gentile è responsabile di quel che di negativo fece il fascismo, Marx non potrebbe essere colpevole di quel che di negativo fece chi applicò concretamente le sue teorie? Che giustificazione c'è, così, di mantenere a luoghi pubblici nomi di carnefici come Lenin e Stalin? E di Togliatti non sono ormai venute sufficientemente alle luce le terribili colpe nella guerra di Spagna e nella eliminazione dei "compagni" che si rifugiarono in Unione Sovietica proprio per fuggire alle persecuzioni fasciste?
Giovanni Gentile fu certamente, come si dice di solito, il "filosofo del fascismo" (non, cari i miei ragazzi, un "fascista filosofo", definizione assolutamente inedita), ma non si macchiò di alcun crimine, non ammazzò ne fece ammazzare nessuno, anzi, come ormai si sa, protesse intellettuali antifascisti e aiutò studiosi ebrei che dovettero fuggire dalla Germania di Hitler. La sua filosofia può essere criticata ma non negata, e la sua riforma scolastica è una pietra miliare della nostra cultura, così come, solo per citare due altre sue iniziative, l'Enciclopedia Italiana e l'Istituto per il Medio ed Estremo Oriente. Perché non gli si può dedicare una scuola mentre al suo killer si possono dedicare strade i piazze? Certo che si può o non si può: basta avere odio e incultura a sufficienza. Nel 2003.
Hanno detto di lui...
Alla Sinistra Giovanile e al Comitato per l'Ulivo rispondono alcuni autorevoli esponenti del pensiero italiano

«L'opera di Gentile è tesa a recuperare, ricostruire e dare un senso alla tradizione filosofica e culturale italiana nei suoi tratti specifici e originali»
Lucio Colletti

«Oggi siamo di fronte al fallimento della filosofia italiana del dopoguerra e in particolare di quel pensiero debole che è il punto d'arrivo della cultura nata nel 1945. Questo impone di riprendere in mano il filo rosso del pensiero forte precedente e quindi del neoidealismo»
Augusto Del Noce

«Gentile non ha nulla da Invidiare a nessuno nell'ambito del pensiero contemporaneo»
Emanuele Severino

«Bisogna riconoscere che Gentile cercò di dare una certa libertà al movimento del pensiero... Dall'alto del proprio idealismo, era fautore di una comunità da crearsi anche attraverso l'apporto dialettico degli oppositori.. Gentile era generoso e protesse molti Ebrei... Lasciò un vuoto profondo nella cultura italiana ed europea quando venne assassinato per l'adesione alla R.S.I.»
Nicola Abbagnano

«Vedo con piacere che anche nell'ambito della cultura di massa e dei giornali si riconosce che Gentile è l'unico filosofo italiano di questo secolo. È una tesi che vado sostenendo da decenni... Nei miei saggi sull'attualismo ho sempre scritto che Gentile è un pensatore con il quale commisurare le grandi filosofie portate in Italia dalla moda... C'è un bisogno urgente di riscoprire Gentile, di avvertirne la forte attualità, in quanto capacità di risposta alle domande più ineludibili del pensare dei nostri giorni»
Antimo Negri

«Gentile ha formato una generazione di intellettuali che hanno svolto un ruolo fondamentale dopo la caduta del fascismo e dopo la fine della guerra, costituendo per certi aspetti la struttura portante dell'intellighenzia italiana del dopo guerra... La cultura odierna è debitrice di quella formulata da Gentile circa sessant'anni fa»
Sergio Romano

«Non vedo alcuna attualità nel discorso di Croce, invece i conti sono ancora aperti con l'opera di Gentile... Se Croce fosse stato al posto di Gentile, l'Enciclopedia Treccani non sarebbe riuscita un'operazione di così alto valore culturale e di così evidente pluralismo... A Gentile va riconosciuta una coerenza "usque ad mortem"... Ha sofferto di giudizi e pregiudizi di tipo politico che hanno penalizzato la sua filosofia»
Massimo Cacciari
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