Alla ricerca dei giovani perduti
Il mondo giovanile di A.N., non sempre sorretto dagli adulti, sembra viaggiare verso mete non consone al suo passato
di Fabio Meloni
Una recente riunione, organizzata dagli iscritti ad Azione Giovani che si riconoscono nella corrente "Destra Sociale", ha disegnato inconsapevolmente una significativa metafora del mondo giovanile schierato a destra. Un'inaspettata figura retorica che può essere considerata un vero e proprio monito, un'epigrafe per l'ambiente giovanile di Alleanza Nazionale. Infatti quella sera il dirigente nazionale, ospite d'onore del "Forum della giovane destra", non riuscì a intervenire all'incontro, avendo perso l'aereo che l'avrebbe sbarcato a Cagliari.
Nulla di più vero. Proprio un'involontaria, e perciò meglio riuscita, fotografia di ciò che è accaduto negli ultimi anni, nel passato prossimo di Azione Giovani. È difficilmente confutabile che recentemente il mondo giovanile di A.N. abbia perso un enorme aereo, quell'occasione che avrebbe potuto farlo decollare verso la conquista del "pianeta giovani".
Si è invece reso protagonista di un immobilismo inspiegabile, proprio in una fase storica, tanto ghiotta quanto difficilmente ripetibile, che rappresentava l'occasione per diventare, come organizzazione giovanile politica, l'interlocutore privilegiato di una generazione non più succube della cultura egemonica, parolaia e ridondante della sinistra. Gioventù che invece si volge affascinata e inebriata verso le sponde dorate e ben vestite di Forza Italia.
All'indomani della catarsi di Fiuggi l'occasione era sotto gli occhi di tutti. Rivendicare e attrezzarsi per diventare il fortino dei valori sacrificati sull'altare del bagno purificatore. Quei valori dimenticati, archiviati frettolosamente e strumentalmente con l'illusoria speranza di conquistare sic et simpliciter il consenso dei moderati.
Nulla di tutto questo. Gli alleanzini si sono lasciati cloroformizzare dagli adulti, emulandoli negli aspetti più deteriori, appiattendosi sul partito, cedendo senza alcuna resistenza la propria indipendenza, ottenendo in cambio seggi parlamentari o appena circoscrizionali.
Una prova recente dell'indifferenza generalizzata - non è facile dire quanto dolosa o colposa, visti i continui vagheggiamenti di partito leggero e/o di partito di programma - che gli adulti hanno manifestato nei confronti del mondo giovanile, la si può riscontrare proprio nella recentissima poco lungimirante scelta di lasciar sguarnito il vertice di A.G. senza prepararne adeguatamente e tempestivamente la successione.
Capaci solamente di trovare una soluzione di compromesso e di comodo (la nomina di un quadrumvirato rappresentativo delle componenti di A.N.) che perpetua verso il basso le infauste divisioni e blinda i giovani sotto la tutela delle correnti. Un'irresponsabilità dei vertici di A.N. nella gestione del mondo giovanile, così tangibile da perpetuarsi ulteriormente nella maldestra spartizione dei pochi giovani, che ancora possiedono pulsioni politiche, nei dannosi rivoli degli improduttivi circoli (scelta, peraltro, risultata nefasta anche per gli adulti, tanto che inevitabilmente si è arrivati a una più accentuata e deteriore personalizzazione della vita interna del partito), ognuno dei quali può organizzare il suo irrisorio spicchietto di mondo giovanile.
Le sezioni di partito, oggi circoli, così come sono concepiti, strutturati, sono risultati inutili. Sono diventate sedi puramente elettorali, luoghi dove avvengono le più varie e non sempre pulite alchimie partitiche e correntizie. Invece nei circoli non circola un'idea. Potrebbero e dovrebbero essere indispensabili ponti proiettati verso la comunità, i suoi problemi, le sue angosce, i suoi slanci, le sue aspettative. Con attività basata sulle idee, sui propositi, sulle iniziative, intendendo la politica come speranza, come creazione, come arte dell'impossibile.
Questa la realtà che vive un disorientato mondo giovanile che, nonostante fosse legittimo erede di un glorioso passato, ha smarrito la via della militanza, la passione per le idee, le capacità di traino e di novità, la trasgressione, la freschezza e l'entusiasmo gentilmente offerti dall'anagrafe. Non si può negare che fare militanza politica dalle sponde governative risulti più arduo, ma proprio in questa situazione di maggiore difficoltà poteva distinguersi e doveva emergere una classe dirigente di qualità, all'altezza della situazione. È preferibile, sempre e comunque, un mondo giovanile con libertà d'azione, di pensiero, di proposta. D'altronde, tradizionalmente, le organizzazioni giovanili che hanno ottenuto maggior successo hanno sempre vissuto in autonomia dai partiti: Giovane Italia e F.U.A.N. per restare tra le mura di casa nostra, Movimento Studentesco, no global e C.L. in casa altrui.
Non può certo bastare l'improvvisazione, l'estemporaneità di alcune interessanti iniziative territoriali, la buona volontà di alcuni dirigenti sparsi sul territorio, la messianica attesa che il partito si ricordi dei giovani. Vedremo cosa saprà elaborare il quadrumvirato per rappresentare ancora l'avanguardia politica del partito, per rilanciare la battaglia culturale quale sano investimento per il futuro della Nazione, per riconciliare un mondo giovanile coi valori della politica e con la sua storia. Sarebbe pia illusione credere che possa bastare una tiepida e formale scuola di partito, che senza l'esercizio quotidiano dell'ars politica resterà un inutile guscio vuoto.
Ancora peggio in un clima dove si sono spente le passioni, in un clima caratterizzato dall'appiattimento, dall'omologazione, dal rendersi tutti sempre più uguali. Situazione che ha comportato rassegnazione, sfiducia, cinismo, anche dentro una comunità che volemmo e credemmo diversa. Finora, però, nessuna reazione, dentro A.N. e dentro A.G. regna l'attesa. Come, e non appaia un irriverente paragone, accadeva nel ventennio all'insegna de «il Duce ha sempre ragione», «lui ha deciso così, dunque seguiamolo», «c'è lui, quindi non possiamo far nulla». Puntuali arrivano sconfitte elettorali, fallimenti politici, sterzate improvvise, e cresce l'impotenza di non sapere come reagire.
Berto Ricci, fascista critico e anticonformista per antonomasia, già nel lontano 1938 diceva: «Per parte mia vi garantisco che sono asfissiato dalla troppa gente che mi dice e che mi scrive d'essere d'accordo con me in troppe cose»; consigliava di «finirla col miracolismo dell'uno che pensa per tutti. Bisogna muoversi, sapere sbagliare, sapere interessare il popolo all'intelligenza», sollecitando a una «libertà da conquistare, da guadagnare, da sudare; libertà come valore eterno, incancellabile, fondamentale». Lo diceva e scriveva negli anni nei quali governava un certo Benito Mussolini.
Berto Ricci, un fulgido esempio di carattere, di coraggio civile contro i pigri, i servi, i carrieristi, gli immobilismi. Un esempio che dovrebbe rappresentare un faro per ogni coscienza giovane. E ancora, Berto Ricci profeta ante litteram di A.N.: «Questo ci preme, questo vogliamo dire: gli eunuchi, i vili pigliaschiaffi disonorano il fascismo, gli adulatori lo avvelenano. Affogare nel ridicolo chi vede nella discussione il diavolo, chi non capisce la funzione dell'eresia, chi confonde unità e uniformità. È necessario che ognuno di noi sappia essere severissimo con sé stesso. È una regola di vita e metodo d'azione che noi ci imponiamo, e che va dalla purezza del nostro vivere pubblico, alla semplicità dello stile, dalla dedizione intera all'Italia, alla infrangibile unità fra noi. È il nostro fascismo; è anzi, più brevemente, il fascismo. Disciplina vera e bella: non rinunziare mai alle idee, ma saper rinunziare sempre al tornaconto personale».
Così Ricci dettava norme di vita e di comportamento. Più modestamente, il mio suggerimento ai giovani di oggi è quello di riporre nel cassonetto inutili e dannose divisioni basate esclusivamente su personalismi che troppo ricordano il mondo degli adulti, incontrandosi e scontrandosi sulle idee. Ai giovani di ieri - proprio perché la nostra comunità politica ha sempre considerato fondamentale la staffetta tra le generazioni - l'invito, almeno nel tempo libero tra caccia al voto e botteghe varie, a realizzare un sincero esame di coscienza con lo sguardo rivolto alle giovani generazioni.
La chiusura spetta proprio a Berto Ricci: «C'è in Italia un po' di gente, gente giovane, che non si sente nata a far da fedelissimo a nessuno; che saggia, sonda, sposta la visuale, rasenta a volte l'eresia, e preferisce lo sbagliarsi al dondolarsi tra gli agevoli schemi; che parla un linguaggio proprio, e ha proprie e ben riconoscibili idee; che considera il presente unicamente in funzione del futuro; che ha buone gambe e una tremenda voglia di camminare».
La mia speranza è che nella comunità politica che guarda a destra ci siano ancora giovani che abbiano questo tipo di gambe.