Excalibur rosso

Bilancio di un anno di governo

Con buona pace delle sinistre... spunti positivi sui quali continuare a lavorare

di Angelo Abis
Agosto: è tempo di bilanci dopo un anno di governo della Casa delle libertà. Per il primo governo italiano di questo dopoguerra che, tra i lazzi e le incredulità di mezzo mondo, si presentava ufficialmente con un progetto rivoluzionario di rinnovamento e modernizzazione dello Stato per farne un soggetto capace di esercitare una propria leadership sia a livello europeo che mondiale, non è stato un anno facile.
L'attentato alle due torri che ha avuto effetti catastrofici sull'economia mondiale, il buco di bilancio lasciato dal precedente governo di centrosinistra, no global scatenati a Genova, sinistra giudiziaria all'assalto per incastrare in qualche modo Berlusconi e gli amici suoi hanno reso più che burrascosa la traversata, ma la corazzata "Casa delle libertà" non solo ha doppiato l'anno senza gravi danni, ma ha anche assestato qualche buon colpo al variopinto schieramento nazionale ed europeo degli avversari.
Sul successo della politica estera del governo gia è stato scritto nel precedente numero di Excalibur. C'è da aggiungere (per una certa destra la cui puzza sotto il naso per Berlusconi è direttamente proporzionale alla propria confusione ideologica e alla nostalgia del nulla) che parte della stampa mondiale, a seguito dei successi raccolti dalla destra in numerosi paesi europei, ha parlato di "berlusconizzazione dell'Europa". Ha volentieri, e non solo la stampa nemica, tracciato il parallelo non del tutto peregrino tra Berlusconi e Mussolini, e considera unanimemente il Cavaliere leader della destra (o delle destre) italiana, o meglio, leader nazionalpopolare o populista che dir si voglia.
Ma veniamo alle cose economiche e sociali. Come dicevamo, malgrado le torri e il "buco", il governo, sul piano economico, porta a casa un consistente aumento dell'occupazione (circa 400 mila posti di lavoro in più), un aumento generale delle retribuzioni di un paio di punti in più rispetto al tasso di inflazione, l'elevazione di tutte le pensioni sino al minimo di 516 euro mensili, il rientro nel circuito dell'economia nazionale di oltre 100 mila miliardi di vecchie lire "emigrate" all'estero negli anni scorsi, la rimodulazione del sistema fiscale in funzione del rilancio dell'economia e di una riduzione delle imposte sui ceti medio-bassi.
Ma il clou del suo successo è rappresentato dalla stipula con quasi tutte le forze sociali della Nazione del cosiddetto "Patto per l'Italia", stipula a cui è ben vero che non ha aderito il più forte sindacato italiano, cioè la Cgil, ma è anche vero (e pochi ne parlano) che vi hanno aderito tutte le altre organizzazioni economiche sociali della sinistra (lega delle cooperative, confesercenti, confartigianato, ecc.).
Il successo che ha conseguito il governo col "Patto" ha una triplice valenza: economica, perché coinvolge nel progetto di sviluppo economico-sociale tutte le forze dell'economia e del lavoro (eccetto la Cigl). Politica, perché infrange l'unità sindacale, isolando la Cisl e la Uil dalla Cgil, mettendo così in difficoltà l'opposizione di centrosinistra che per evidenti ragioni non può schierarsi contro Cisl e Uil. Ideologica, perché, come ha strillato il segretario dei Comunisti d'Italia Diliberto in una recente festa dell'Unità, «il patto per l'Italia rappresenta il capovolgimento dei princìpi della costituzione repubblicana per affermare un tipo di stato neocorporativo che trova precedenti in Italia solo negli anni trenta».
Gli amici e i nemici del presunto "tatcherismo" e dello sfrenato liberismo "berlusconiano" sono serviti.