Non è facile la convivenza fra le regioni
all'interno dello Stato
Il recente schema di disegno di legge contenente "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario", fortemente voluto dal Ministro Calderoli, ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica, e in particolare della classe politica, la questione delle autonomie speciali, vale a dire dello status di quelle regioni - tra cui la Sardegna - alle quali la Costituzione ha attribuito forme e condizioni particolari di autonomia, secondo le previsioni contenute nei rispettivi statuti.
Nella sostanza, il disegno di legge Calderoli definisce i princìpi generali per l'attribuzione, alle regioni a statuto ordinario, di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia - in attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione - nonché le modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e le singole regioni.
Non vi è dubbio che discutere di "autonomia differenziata" costituisce oggi argomento potenzialmente divisivo, in quanto si sostiene che, attraverso tale riforma, si creeranno le premesse di gravi sperequazioni tra i cittadini delle aree forti del Paese e quelli delle aree deboli, che saranno destinati a una condizione di "cittadini differenziati", con minori diritti sociali e civili.
Forse si dimentica che, a 162 anni dall'Unità d'Italia, si parla ancora di "questione meridionale", vale a dire della mancata unificazione economica e sociale del Paese, per cui i minori diritti di cui è titolare una parte consistente della popolazione italiana costituiscono già (e da molto tempo) una realtà che prescinde dai programmi e dai proclami del Ministro Calderoli. Minori diritti (e quindi minori opportunità) che si registrano nel campo dell'istruzione, della sicurezza sociale, delle infrastrutture per la mobilità, dell'efficienza della burocrazia, delle opportunità di lavoro e così via.
Quindi, prima di affermare che il progetto di "autonomia differenziata" delle regioni mina l'unità nazionale, dovremmo chiederci se l'unificazione dell'Italia ha trovato compimento, col rischio di concludere che l'unità della nazione, più che essere "salvaguardata", deve ancora essere "realizzata".