Ungheria 1956 - Ucraina 2022: sono
trascorsi 66 anni
Dopo sette anni ciò che appare assurdo e stupefacente nell'intreccio degli interessi tra Ucraina, Russia e il resto del mondo è che non si sia individuata una soluzione soddisfacente per tutte le parti in causa.
Il mondo è pieno di ambasciate, corpi diplomatici, ha decine di organizzazioni internazionali preposte alla salvaguardia della pace, al dialogo tra le nazioni, Onu in testa, eppure dal 24 febbraio scorso i cingoli dei carri armati hanno oltrepassato la frontiera di uno stato per invadere un altro stato. In Europa.
Mesi di diplomazia, anzi anni di prudenza di fronte a segnali inequivocabili, sono crollati in un attimo. Ormai viviamo in un contesto nel quale ogni decisione viene rimandata, sperando se possibile che non debba mai essere presa. Fino a che avviene l'inimmaginabile e si deve cedere di fronte alla logica delle cose e la decisione che si prende è l'unica rimasta in campo. Ci si pone nella situazione che per gli scacchisti è un incubo dal nome ben preciso: Zeitnot.
È quando durante una partita a scacchi il tempo a disposizione del giocatore sta per finire ed egli deve decidere subito una mossa prima che cada la bandierina sopra l'orologio a decretare la sconfitta. I Russi sono dei formidabili giocatori di scacchi.
In questa vicenda si è capito solamente che nessuno vuole morire per Kiev. Dai 27 paesi della Nato nessuna posizione netta.
Aiuti militari a Kiev? Sì certo, ma non aerei né no fly zone: troppo pericolosi. Sanzioni? Certamente, ma con cautela e mille distinguo, perché altrimenti ci fanno troppo male.
Ognuno difende come sempre il proprio orticello, né ha intenzione di sacrificare qualcosa, non dico uomini, ma una piccola fetta del proprio benessere, affinché resti alto il diritto di un popolo all'autodeterminazione e alla scelta di un modo di governo nel quale siano salvaguardati la libertà di pensiero e di parola.
Uno sguardo anche distratto alla cartina posta all'inizio di questo numero - e l'Europa deve avere mille cartine geografiche appese nei suoi mille uffici occupati da migliaia di funzionari ben pasciuti - fa balzare in evidenza come, tra i paesi europei confinanti con la Russia, tralasciando la Bielorussia che è solo un fantoccio di Mosca, l'unica nazione senza alcuna copertura di alleanze - Nato o Unione Europea - è l'Ucraina. Un bel bocconcino indifeso per l'orso russo...
Comunque vada, questa guerra ha messo in evidenza, ma non avevamo bisogno di conferme, l'idiozia e la perdita di ragionevolezza di certe istituzioni. Chiamiamoli "effetti collaterali".
Come definire altrimenti la richiesta, poi ammorbidita, da parte dell'Università Bicocca di Milano di cancellare un seminario su Dostoevskij (o di abbinarlo a qualche autore ucraino) o il gesto del sempre militante sindaco di Milano Beppe Sala che chiede al direttore d'orchestra russo Georgiev di professare solennemente il suo antiputinianesimo: un comizio prima del concerto? O la stessa dichiarazione chiesta alla più grande soprano del mondo, Anna Netrebko, da parte del Met di New York? O il divieto di partecipare alle paralimpiadi degli atleti russi? O la richiesta al numero uno del tennis mondiale, Medvedev, di sconfessare il suo presidente, altrimenti deve dire addio al torneo di Wimbledon? Hanno mai pensato questi censori da tinello che queste persone torneranno nel proprio paese?
In Occidente viviamo in un'epoca nella quale siamo schiacciati dalla difesa di valori etici che riguardano il nostro comportamento: equità sociale, correttezza, inclusione, diritti delle minoranze di qualsiasi genere e specie. Ci sono persone rovinate per aver detto una parola sbagliata o una parola di troppo, che ha leso la dignità di non so quale minoranza. Cortei e barricate se invece di dire "nero" sussurri "negro".
Ma... e gli altri valori? Quelli ontologici per i quali vivere e morire? Non esistono più.
Li vediamo invece vivi nel popolo ucraino disposto a morire per difendere la propria Patria (maiuscolo). E li vediamo, purtroppo, anche nei Russi che hanno invaso l'Ucraina, pronti a morire per la grandezza della Russia. Possono anche essere sbagliati, ma esistono ancora.
L'Europa, ormai un "grande mercato di consumatori", come ci ha definito Macron, sazi di Facebook e di acquisti online, può certo mobilitarsi perché il costo del carburante per il pieno della macchina ha raggiunto cifre astronomiche.
È giusto: è un colpo al petto, ma non dove c'è il cuore, c'è solo il nostro portafoglio.