EXCALIBUR 138 - marzo 2022
nello Speciale...

Ucraina e caos Europa

i protagonisti delle trattative per un accordo tra Ucraina e Russia
Sopra: i protagonisti delle trattative per un
accordo tra Ucraina e Russia
Sotto: l'incubo di ogni scacchista
l'incubo di ogni scacchista
Europa, Stati Uniti, Russia: il gioco delle parti continua.
Riproponiamo un articolo pubblicato sul numero 85 di Excalibur del febbraio 2015, omettendo alcune parti riguardanti la nostra irrilevante presenza nella questione in gioco.

Federica Mogherini, la grande rappresentante della politica estera europea, ha concesso una notevole intervista al quotidiano "La Repubblica": tra le altre cose, si è dichiarata contenta dell'attivismo di Angela Merkel e François Hollande nel negoziato con Vladimir Putin per la ricerca di una soluzione pacifica della crisi ucraina.
Un negoziato serrato e lunghissimo, che ha visto i protagonisti riuniti attorno a un tavolo: Putin, Merkel, Hollande e Petro Poroshenko, presidente dell'Ucraina. Le foto di rito mostrano questo quartetto unitamente ad Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia, che, a Minsk, ospitava questi negoziati.
Assente, ma ben presente con le sue minacce di fornire armi letali all'Ucraina nel caso di fallimento dei negoziati, il presidente degli Stati Uniti Barak Hussein Obama [...].
Quindi a rappresentare l'Europa c'erano la cancelliera tedesca e il presidente francese, per tentare l'ultima carta per scongiurare una guerra in Europa. Segnale dell'importanza di queste due nazioni nel consesso mondiale e segnale di assoluta irrilevanza per l'Italia nostra. Non contiamo più niente [...].
Ma la nostra Federica rispecchia in pieno quest'Europa senza una politica comune, nella quale l'attivismo diplomatico dei Francesi e dei Tedeschi ne mette a nudo l'inconsistenza, una sorta di girovagare senza bussola: un richiamo accondiscendente verso la Russia e un altro ai princìpi sull'intangibilità territoriale dell'Ucraina (sentito omaggio ai desideri di Obama).
L'illusione di una politica europea comune si infrange di fronte alla realpolitik messa in mostra a Minsk.
Ma il paradosso è che i leader di Francia e Germania rappresentano in qualche modo l'Europa (non quella dei princìpi ovviamente, ma quella degli interessi economici) e sono lì per decidere per un altro paese (l'Ucraina) che secondo i loro calcoli potrebbe entrare in Europa tra un paio d'anni.
Europa: nano militare e diplomatico. Questi miseri calcoli, sessantaquattro anni dopo la fondazione della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, mostrano l'inconsistenza di un sogno politico: l'Europa resta un'espressione geografica, allo stesso modo dell'Italia vista da Von Metternich.
Semplice unione monetaria, con il portafoglio al posto degli ideali comuni.
La Mogherini non esclude un inasprimento delle sanzioni europee nei confronti della Russia? Madrid risponde subito che il costo delle sanzioni già messe in atto contro la Russia è di circa 24 miliardi di euro di mancate esportazioni. E che il maggior propugnatore di queste sanzioni è il presidente degli Stati Uniti, paese il cui scambio commerciale con Mosca è pari a circa 35 miliardi di euro, contro gli oltre 400 miliardi di euro dell'Unione Europea.
La verità è che dobbiamo pagare questo scotto in nome della fedeltà verso Washington e poco importa se oltre oceano spingono per ulteriori sanzioni (tanto il costo economico è il nostro) e minacciano l'invio di armi all'Ucraina (tanto la guerra e le bombe scoppiano in Europa).
Ed è ancora più paradossale che a minacciare l'invio di armi a Kiev sia lo stesso Presidente che ha chiesto al Congresso degli Stati Uniti una fumosa autorizzazione per un'eventuale massiccio intervento militare in Iraq. È lo stesso Presidente insignito del Premio Nobel per la Pace.
In un'Europa che si ciba di slogan e frasi fatte ("l'Europa dei popoli", come suona bene!), ciò che traspare è il risorgere di nazionalismi, da Kiev a Mosca, da Washington a Berlino e Parigi.
Capita spesso nelle discussioni su questa vicenda di sentire nette prese di posizione in favore dell'Ucraina e altre (poche) in favore di Putin.
Ma molti tendono a dimenticare che in occasione dei negoziati per la riunificazione delle due Germanie, fu promesso a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe mai affacciata oltre i confini delle Germania dell'Est. Una promessa non scritta, ma presente a tutti, che non è stata mantenuta. Da noi occidentali.
L'Ucraina è per la Russia una sorta di cuscinetto di sicurezza e questa considerazione è stata ripetutamente scritta in tutti i documenti strategici della Nato, ipotizzando anche le probabili reazioni della Russia nel caso in cui il patto non scritto non fosse stato rispettato.
Quindi ciò che sta avvenendo non può aver colto nessuno di sorpresa.
E allora? Cosa ha spinto l'Europa (chiamiamola così) e gli Stati Uniti a provocare questa crisi?
C'è dietro forse l'avversione palpabile di Obama nei confronti di Putin?
C'è forse un mero calcolo economico europeo di annettere un altro mercato per i propri prodotti?
Ci sono i Paesi baltici che soffiano sul fuoco?
È indubbio che in questo marasma provocato dall'Europa e dagli Stati Uniti la Russia si senta minacciata e che quindi cerchi nuovi equilibri e rafforzi legami economici e strategici verso l'oriente (Cina) e verso il Mediterraneo (Egitto e Grecia).
Come risolvere questa crisi, sperando che il cessate il fuoco concordato a partire dal 15 febbraio possa reggere alla prova dei fatti?
L'ex ambasciatore Sergio Romano ha affermato: «Vi sarà una soluzione soltanto quando l'accordo sarà concluso tra la Russia e le democrazie occidentali nello spirito dell'intesa tra George H.W. Bush e Mikhail Gorbaciov nel 1991».
Comunque, dopo 17 ore di trattative, si è raggiunto uno straccio di accordo. Che non soddisfa l'Ucraina, alla quale non è certo stata garantita l'integrità territoriale, né frontiere sicure, né allontanamento di truppe "straniere". Gli interlocutori giocavano su lunghezze d'onda diverse. I nostri "Europei" sono troppo preoccupati del ritorno di immagine che hanno in casa propria o dei sondaggi d'opinione interni e in questa snervante partita a scacchi il loro è un gioco più di apparenza che di sostanza.
Putin ha tutto il tempo che vuole, non è preoccupato di ciò che pensano i Russi e non gli interessano i risultati immediati: il suo sguardo non è rivolto solo alla Crimea o al Donbass, ma a tutti i territori che ricadevano nell'orbita sovietica. Può anche sacrificare una torre o un cavallo, ma alla lunga è in grado di minacciare scacco matto a tutti.
Ungheria 1956 - Ucraina 2022: sono trascorsi 66 anni
Ungheria 1956 - Ucraina 2022: sono
trascorsi 66 anni
Ungheria 1956 - Ucraina 2022: sono trascorsi 66 anni
Dopo sette anni ciò che appare assurdo e stupefacente nell'intreccio degli interessi tra Ucraina, Russia e il resto del mondo è che non si sia individuata una soluzione soddisfacente per tutte le parti in causa.
Il mondo è pieno di ambasciate, corpi diplomatici, ha decine di organizzazioni internazionali preposte alla salvaguardia della pace, al dialogo tra le nazioni, Onu in testa, eppure dal 24 febbraio scorso i cingoli dei carri armati hanno oltrepassato la frontiera di uno stato per invadere un altro stato. In Europa.
Mesi di diplomazia, anzi anni di prudenza di fronte a segnali inequivocabili, sono crollati in un attimo. Ormai viviamo in un contesto nel quale ogni decisione viene rimandata, sperando se possibile che non debba mai essere presa. Fino a che avviene l'inimmaginabile e si deve cedere di fronte alla logica delle cose e la decisione che si prende è l'unica rimasta in campo. Ci si pone nella situazione che per gli scacchisti è un incubo dal nome ben preciso: Zeitnot.
È quando durante una partita a scacchi il tempo a disposizione del giocatore sta per finire ed egli deve decidere subito una mossa prima che cada la bandierina sopra l'orologio a decretare la sconfitta. I Russi sono dei formidabili giocatori di scacchi.
In questa vicenda si è capito solamente che nessuno vuole morire per Kiev. Dai 27 paesi della Nato nessuna posizione netta.
Aiuti militari a Kiev? Sì certo, ma non aerei né no fly zone: troppo pericolosi. Sanzioni? Certamente, ma con cautela e mille distinguo, perché altrimenti ci fanno troppo male.
Ognuno difende come sempre il proprio orticello, né ha intenzione di sacrificare qualcosa, non dico uomini, ma una piccola fetta del proprio benessere, affinché resti alto il diritto di un popolo all'autodeterminazione e alla scelta di un modo di governo nel quale siano salvaguardati la libertà di pensiero e di parola.
Uno sguardo anche distratto alla cartina posta all'inizio di questo numero - e l'Europa deve avere mille cartine geografiche appese nei suoi mille uffici occupati da migliaia di funzionari ben pasciuti - fa balzare in evidenza come, tra i paesi europei confinanti con la Russia, tralasciando la Bielorussia che è solo un fantoccio di Mosca, l'unica nazione senza alcuna copertura di alleanze - Nato o Unione Europea - è l'Ucraina. Un bel bocconcino indifeso per l'orso russo...
Comunque vada, questa guerra ha messo in evidenza, ma non avevamo bisogno di conferme, l'idiozia e la perdita di ragionevolezza di certe istituzioni. Chiamiamoli "effetti collaterali".
Come definire altrimenti la richiesta, poi ammorbidita, da parte dell'Università Bicocca di Milano di cancellare un seminario su Dostoevskij (o di abbinarlo a qualche autore ucraino) o il gesto del sempre militante sindaco di Milano Beppe Sala che chiede al direttore d'orchestra russo Georgiev di professare solennemente il suo antiputinianesimo: un comizio prima del concerto? O la stessa dichiarazione chiesta alla più grande soprano del mondo, Anna Netrebko, da parte del Met di New York? O il divieto di partecipare alle paralimpiadi degli atleti russi? O la richiesta al numero uno del tennis mondiale, Medvedev, di sconfessare il suo presidente, altrimenti deve dire addio al torneo di Wimbledon? Hanno mai pensato questi censori da tinello che queste persone torneranno nel proprio paese?
In Occidente viviamo in un'epoca nella quale siamo schiacciati dalla difesa di valori etici che riguardano il nostro comportamento: equità sociale, correttezza, inclusione, diritti delle minoranze di qualsiasi genere e specie. Ci sono persone rovinate per aver detto una parola sbagliata o una parola di troppo, che ha leso la dignità di non so quale minoranza. Cortei e barricate se invece di dire "nero" sussurri "negro".
Ma... e gli altri valori? Quelli ontologici per i quali vivere e morire? Non esistono più.
Li vediamo invece vivi nel popolo ucraino disposto a morire per difendere la propria Patria (maiuscolo). E li vediamo, purtroppo, anche nei Russi che hanno invaso l'Ucraina, pronti a morire per la grandezza della Russia. Possono anche essere sbagliati, ma esistono ancora.
L'Europa, ormai un "grande mercato di consumatori", come ci ha definito Macron, sazi di Facebook e di acquisti online, può certo mobilitarsi perché il costo del carburante per il pieno della macchina ha raggiunto cifre astronomiche.
È giusto: è un colpo al petto, ma non dove c'è il cuore, c'è solo il nostro portafoglio.
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