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Il toponimo "ucraina" deriva dall'antico slavo orientale e, al di là di radici varie: "u", "okraina" e "krai", il nome significa "al margine" o "sul confine" oppure "in periferia". Nella lingua ucraina il termine "krajina" significa semplicemente "paese, terra". E già questo è un programma.
Dopo la Russia europea è il secondo stato più grande d'Europa con oltre 603 mila kmq di estensione. Se si esclude il territorio della Crimea, occupato e annesso dalla Russia, la sua estensione si riduce a circa 577 mila kmq.
L'Ucraina si estende sul bassopiano sarmatico ed è prevalentemente pianeggiante, terreno ideale per le incursioni armate di mezzi e uomini verso la Federazione Russa, ostacolati solo dal "rialto centrale russo".
La terra ucraina è considerata la più fertile del mondo e - potendo coprire fino a sette volte il fabbisogno alimentare della sua popolazione - è spesso definita "il granaio del mondo". La sua bandiera blu e oro a uguali bande orizzontali simboleggia il blu del cielo (la pace) sull'oro del frumento (la prosperità).
Ha una popolazione di circa 44 milioni di persone e le sue città più importanti, alcune sconosciute fino a poco tempo fa, oltre a Kiev sono Chrkiv, Dnipro, Donec'k, Odessa, Zaporizzja, Leopoli.
Secondo stime elaborate nel 1887 dai geografi del dipartimento militare dell'impero austro-ungarico, nei pressi di Rachiv (tralascio le coordinate) sarebbe situato il centro geografico dell'Europa.
L'attuale Ucraina è abitata dal 32 mila avanti Cristo, ma cominciamo la sua storia qualche anno più tardi.
Durante il Medioevo la regione fu il punto centrale degli Slavi orientali e la federazione tribale dei Rus' di Kiev costituì la base dell'identità ucraina.
La Rus' di Kiev era composta da una serie di principati che ruotavano attorno a Kiev e che si estendevano su un vastissimo territorio che dal Mar Nero arrivava fino alla Finlandia. Non era quindi uno stato secondo l'attuale concezione, ma una serie di entità statuali più piccole e legate tra di loro ma senza un riferimento centrale.
L'eredità storica della Rus' di Kiev è un punto fondamentale per il nazionalismo ucraino, ma lo è anche per quello russo propugnato da Putin: per lui Russia e Ucraina sono la stessa cosa e la Rus' di Kiev è solo un antenato dello stato russo.
Gli Ucraini gli hanno fatto notare che quando la Rus' prosperava Mosca non era ancora stata fondata e che l'impero (zarista o meno) non esisteva.
Yeroslav I Vladimirovic, principe di Kiev (Ucraina) e di Novograd (Russia), detto "il Grande", che convertì l'Ucraina al cristianesimo ortodosso, è reclamato come parte della propria identità nazionale sia dai Russi che dagli Ucraini e utilizzato da entrambi come simbolo nazionale da effigiare anche nelle monete.
Per i Russi ha la barba come gli zar del Cinquecento, per gli Ucraini ha i baffi da cosacco.
Nel XIII secolo l'invasione mongola della Russia causò la frammentazione dell'area in vari principati, l'unità territoriale crollò e da allora l'area fu divisa e governata da varie potenze: la Confederazione polacco-lituana, l'Austria-Ungheria, l'Impero ottomano e il Regno russo.
Durante i secoli XVII e XVIII emerse e prosperò un etmanato cosacco, ma poi il suo territorio fu infine diviso tra la Polonia e l'Impero Russo.
Quando la Confederazione polacco-lituana si disgregò, i territori vennero spartiti tra l'impero zarista (la Volinia) e quello asburgico (la Galizia). Siamo nel 1772.
Con l'ascesa di Caterina di Russia all'area fu tolta ogni residua autonomia e durante il lungo dominio degli zar, l'Ucraina visse una fase di feroce repressione, soprattutto nell'Ottocento.
Gli zar temevano che la cultura e la lingua ucraina minacciassero l'unità dell'impero, quindi vennero proibite le pubblicazioni in ucraino e fu represso lo sviluppo culturale e letterario di quella lingua.
Con la rivoluzione sovietica l'Ucraina diventò una repubblica socialista, inizialmente con larga autonomia secondo i princìpi di Lenin, per il quale l'obiettivo della rivoluzione non era l'egemonia di un paese sull'altro, ma la diffusione della rivoluzione comunista nel mondo.
Stalin fu di un altro parere, diede grande importanza alla lingua e alla cultura russa sostituendola a tutte le altre, Ucraina compresa.
Nella sua folle politica di riorganizzazione agricola e di abolizione di ogni singola proprietà privata, tra il 1932 e il 1934 causò la famosa carestia (l'"Holodomor"), che portò - nella sola Ucraina - alla morte per fame e stenti di circa 4 milioni di persone.
Nessuna meraviglia, quindi, che i Tedeschi che invasero l'Ucraina nel 1941 fossero accolti - salutati con il pane e il sale del benvenuto - come "liberatori".
Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, l'Ucraina riacquistò la propria indipendenza nel 1991: passò quindi da "membro della famiglia delle nazioni sovietiche" a stato sovrano e iniziò il suo lungo e tribolato cammino verso la democrazia.
Al suo interno già si agitavano le due anime: c'era chi vedeva nella Russia un alleato e partner commerciale e chi invece avrebbe voluto una maggior integrazione con
l'occidente e in particolare con l'Unione Europea.
L'Ucraina si dichiarò comunque uno "stato neutrale": firmò una limitata associazione militare con la Russia e altre nazioni della Comunità degli Stati Indipendenti (Csi), stabilendo anche un "Partenariato per la pace" con la Nato nel 1994. Fu firmato anche un accordo di Associazione tra l'Ucraina e l'Unione Europea.
La nazione si muoveva quindi in un'area di equilibrio e di equidistanza tra Occidente e Russia.
Questo equilibrio fu rotto nel 2013, dopo che il governo di Viktor Yanukovich decise di sospendere le trattative per la conclusione dell'accordo con l'Unione Europea e di stringere maggiori relazioni economiche con la Russia.
Cominciarono così una serie di manifestazioni di protesta note come "Euromaidan", dal nome della Piazza Indipendenza (Maidan in ucraino).
Le proteste durarono diversi mesi e videro la partecipazione di migliaia di manifestanti: nella settimana tra il 1º e l'8 dicembre 2013 scesero in piazza tra 400 mila e 800 mila persone, il più grande raduno europeista della storia.
Il 20 febbraio 2014, a Kiev vi furono degli scontri che causarono numerosi morti; 70 tra i manifestanti e 17 tra le forze di polizia. Vi furono dei cecchini che spararono tra la folla e ancora oggi la loro identità è ignota e soggetta a reciproche speculazioni.
Il 22 febbraio Yanucovich lasciò il paese e si rifugiò in Russia, sostituito da Arseniy Yatsenyck, decisamente filoeuropeista.
Putin definì l'operazione «
un colpo di stato incostituzionale e una presa del potere militare» e occupò militarmente la Crimea, ceduta nel 1954 da Kruscev all'Ucraina per festeggiare i «
300 anni di amicizia tra Ucraina e Russia».
Il 16 marzo si tenne un referendum sull'autodeterminazione della penisola, non riconosciuto dalla gran parte della comunità internazionale: i "sì" furono il 95,32% e le autorità della Crimea firmarono l'adesione formale alla Russia.
Intanto le regioni (oblast) di Luhansk e di Donetsk, nell'area orientale del Donbass, uscirono dal controllo dello stato ucraino.
Quella del Donbass era un'area che continuava a gravitare verso la Russia, anche se non esisteva un movimento che ne chiedesse l'annessione. Dall'indipendenza ucraina nel 1991 (per la quale anche il Donbass aveva votato a favore) le condizioni economiche dell'area, a differenza di quelle del resto del paese, non erano migliorate. L'area nel passato era prospera grazie all'industria del carbone, ma come tutte le aree simili aveva visto gradualmente scemare la sua importanza e il suo benessere: la popolazione vedeva quindi nella Russia una prospettiva di sviluppo e miglioramento economico.
All'inizio del 2015 gli accordi di Minsk stabilirono la fine dei combattimenti, il ritorno all'Ucraina delle regioni ribelli in cambio di una maggior autonomia. Gli accordi - firmati dal governo ucraino e da quello russo - non sono mai stati pienamente rispettati, con un rimpallo di responsabilità continuo.
In quell'area, tra il 2014 e il 2015, vi furono oltre 13 mila morti militari e civili; migliaia di famiglie furono costrette a fuggire da città trasformate in trincee o abbandonate perché poste lungo un confine teatro di scontri continui.
Il 27 giugno l'allora presidente dell'Ucraina Petro Poroshenko firmò a Bruxelles l'"Accordo di associazione tra l'Ucraina e l'Unione Europea" (la sospensione del quale fu la causa dello scoppio dell'Euromaidan), ribadendo inoltre l'intenzione di Kiev di entrare nella Nato.
L'analisi della situazione interna del paese di quegli anni mette in evidenza una grande instabilità: il governo di Jaksenjuk fu accusato dal resto della coalizione di ostacolare le inchieste sulla corruzione, un male endemico, e di essere un freno alle riforme.
Dopo alterne vicende governative, le consultazioni presidenziali del marzo 2019 - in un paese sofferente per una situazione economica e politica in continuo peggioramento - hanno visto l'affermazione del comico televisivo Volodymyr Zelenskij, che ha ottenuto il 30,2% dei voti contro il 15,9% del presidente uscente. Ai ballottaggi Zelenskij ha ottenuto il 73,7% dei consensi divenendo così il nuovo presidente.
L'Ucraina è un paese strutturalmente fragile, con un'economia basata in particolare sull'agricoltura (è, tra l'altro, il maggior produttore mondiale di olio di girasole), privo di pregiate risorse minerarie: in questo contesto è naturale che essa veda nell'Europa, pur con i suoi problemi e contraddizioni, un'area più dinamica e certamente più allettante della Russia di Putin.
La richiesta di adesione alla Nato - mai esaminata anche per l'assoluta mancanza dei requisiti per una sua accettazione - ha innescato la reazione di Mosca.
Fallito ogni tentativo di mediazione politica e di risoluzione diplomatica della tensione sempre crescente, si è arrivati al 24 febbraio 2022.
Il resto, purtroppo, è cronaca.